Sopravvivere al Natale, dicevamo.
Facile a dirsi, meno a farsi, travolti come siamo dalle cose che incombono, dalle scadenze, dal tempo che non è mai sufficiente per vivere; ma ci è urgente, necessario, vitale provare a vivere questo Natale con verità, disfarci o rendere innocuo il natale tarocco per far diventare la nostra vita una piccola Betlemme, non per giocare al bambinello che nasce nella grotta, ma per accendere la luce disarmante di Dio nel nostro cuore.
Dicevamo di come lo zucchero e la melassa che hanno reso Natale insopportabile siano, in realtà, un modo per fuggire l’orribile senso di colpa che ha colpito l’umanità dopo avere rifiutato Dio.
Non è andata molto bene, la prima volta, con questo Dio che è venuto in mezzo a noi e noi distratti a lamentarci della sua assenza… Non c’è molto da festeggiare, facendo memoria di quell’evento, ma di cogliere l’ammonimento a non perderci Dio, di nuovo.

Il vero volto di Dio
Natale svela in modo definitivo il vero volto di Dio, così diverso dal volto corrucciato che ci raffiguriamo, così diverso dal Dio dell’abitudine che riempie le nostre lente comunità.
Natale è Dio che, stanco di essere male interpretato, decide di avere uno sguardo e un volto per potersi spiegare, raccontare e ci pone dinnanzi all’evidenza disarmante di Dio.
Dio non è come ce lo immaginavamo, né distante, né severo, né manipolabile, né folle.
Dio si fa povero per amarci.
Isaia, il profeta dell’Avvento, parla al popolo in esilio in Babilonia, da decenni. Si rivolge ad un popolo scoraggiato, molto simile al popolo di discepoli che incontro attraverso la rete, un popolo che non ha più fiducia, che constata come le promesse di Dio non si sono realizzate, che nulla è cambiato nella Storia, malgrado la presenza del Dio di Israele.
E Isaia profetizza, consola, invita a disegnare una strada che scavalchi i burroni dell’indifferenza, che spiani le alture dell’arroganza.
Dio viene, lui prende l’iniziativa, a noi di accorgercene, di esserci, di lasciarci consolare.
Natale è la consolazione degli uomini, la nascita della speranza che Dio, almeno Lui, non si dimentica. Non si dimentica, ribadisce il rude Pietro, ed esercita pazienza, ci dona del tempo perché abbiamo la possibilità di capire e di cambiare. Capire e cambiare perché Dio ci lascia immensamente liberi nella scelta, sempre.
Il vero volto di Dio è un Dio che interviene con discrezione, che ci chiede di accoglierlo, di cambiare idea su di Lui e su di noi, con calma, diventando, noi discepoli, la consolazione di Dio agli uomini.

Consolatori
Molti hanno reagito alla mia (vera) provocazione della scorsa riflessione: quante persone vivono Natale con insostenibile disagio! Isaia ci sprona: noi cercatori di Dio, noi che abbiamo accolto il vero volto di Dio, siamo chiamati, a nostra volta, a diventare consolatori dei nostri fratelli. Diciamolo ai tanti che vivranno la fatica del Natale, che Dio fa nuove tutte le cose perché si mette dalla parte degli sconfitti e dei perdenti.
Il vero volto di Dio è Gesù Cristo, incontrare Lui è un nuovo inizio, una nuova creazione, una nuova genesi.
Marco, discepolo di Pietro, inizia così il suo vangelo: `Inizio della buona notizia che è Gesù Cristo`.
Pensare che Dio possa essere diverso dall’immagine noiosa che ce ne siamo fatta, dice Marco, è già l’inizio di un cambiamento radicale, di una nuova creazione. Prepararsi al Natale vero significa, allora, riprendere in mano la buona notizia che è Gesù, farla diventare concretezza nelle nostre scelte, danza per la nostra vita.

Profeti
Come Giovanni il battezzatore possiamo diventare profeti di Dio, aiutarci ed aiutare i fratelli a preparare la strada a Dio. I profeti non sono coloro che indovinano il futuro, ma coloro che interpretano il presente, che ci aiutano a leggere la nostra vita in una luce di fede, a indovinarne la novità, a capirne il senso.
Non è difficile vivere, è impossibile se non capiamo per quale strana ragione siamo stati messi al mondo. Superata la tentazione dei sempre presenti idoli della nostra vita (immagine di sé, carriera, denaro) che falsamente pretendono di riempire il senso di infinito che ci abita, ci resta questo vuoto immenso di senso da colmare, il bisogno assoluto di capire.
Molti, ahimè, vi hanno rinunciato, hanno abdicato a pensare, a vivere, travolti dalla quotidianità.
Dio non si scoraggia e li/ci raggiunge proprio nella quotidianità, diventando uno di noi.
Abbiamo urgenza di profetiamo, abbiamo bisogno di persone che ci scuotano come un pugno nello stomaco. Buon Dio, di persone che ci blandiscono non sappiamo che farcene. Ciò di cui abbiamo bisogno è di una Parola che spezzi la crosta che si è formato intorno al nostro cuore.
Accogliamo la profezia del battezzatore e dei tanti che camminano – mascherati da uomini comuni – in mezzo alle nostre fetide città. Non lasciamo che la profezia abbandoni la Chiesa, comunità dei cercatori di Dio, ma che sia sempre presente, anche quando è scomoda.

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