Amici internauti e voi parrocchiani: avete perfettamente ragione. In settimana ho ricevuto una buona decina di lettere a commento del Vangelo di domenica scorsa; il tenore lo immaginate: è davvero, realisticamente possibile vivere le beatitudini?
Non lo so, fratelli, non lo so. Eppure oggi la Parola insiste: siamo chiamati ad essere sale della terra, ad insaporire con la nostra testimonianza, la vita di chi ci è accanto, siamo chiamati a lasciar brillare la luce che ha acceso la nostra vita. Ma spiegare questa pagina significa infilarsi in un bel vespaio! Alcuni spunti per la mia e vostra riflessione.
Anzitutto una banalità: impossibile far luce se non si è accesi. Quindi la testimonianza del Vangelo nasce dall’essere accesi, cioé dall’essere avvinti dalla presenza del Signore. E’un richiamo forte all’interioritá, alla preghiera-silenzio, alla riflessione pacata. La candela non si accorge neppure di essere accesa, eppure illumina! Quindi – dice il Rabbì – siamo chiamati ad essere sale e a mettere la luce della testimonianza in alto, nella nostra vita. Mi chiedo se la triste profezia di Gesù non si sia realizzata in questi nostri tempi confusi: il sale forse ha davvero perso il suo sapore. Dice ancora qualcosa di significativo il vangelo che ogni domenica ci vede radunati? Ci percuote come un pugno, scuote le nostre coscienze, dà forma alla nostra settimana? Spero di cuore sia così! Ma il dramma del nostro tempo, in occidente, è proprio quello di un cristianesimo senza Cristo, di una religione senza fede, di un culto senza celebrazione. Tempo fa in un colloquio un amico adulto mi diceva: "mai avrei immaginato che la fede cristiana fosse una strada per scoprire Dio!" Vero: siamo talmente attorniati da cristianesimo da renderlo insipido, scontato, tiepido. No: i discepoli del Signore, coloro che restano perlomeno scossi dal discorso delle Beatitudini, sentendone forse l’irrealizzabilità, ma sospirandone la profonda verità, sono chiamati a renderlo presente, a dirlo, a raccontarlo. Luce sotto lo sgabello siamo diventati, timorosi di essere trasparenza di Dio, attenti a proporci con un cristianesimo "politicamente corretto" con tutti i distinguo e le precisazioni. Ci vergognamo, troppo spesso, di essere – se non cristiani – appartenenti ad una Chiesa che troppe volte presta il fianco a facili critiche ed ironie.
Luce e sale; siamo chiamati a rendere testimonianza credibile il Vangelo attraverso le buone opere. E qui iniziano le difficoltà! Il cristiano non è chiamato a fare il "bravo ragazzo", né tantomeno ad ostentare le sue opere o a salvare il mondo! Il mondo è già salvo, mettiamocelo bene in testa, è che non losa. Ciò che io posso fare è il vivere da salvato, essere pubblicità del Regno, rendere presente la salvezza con il mio stile di vita. Stile – mi raccomando – sereno ed evangelico, che sa accettare la propria fragilità e le proprie incoerenze e che preferisce guardare a ciò che Dio fa per me, piuttosto che lamentrami continuamente di ciò che non riesco a fare per lui! Attentii a non acdere nell’eresia del "perfetto" cristiano: Dio ha bisogno di figli, non di giusti…
Ecco allora che la Parola di viene in aiuto; Isaia svela il modo concreto di essere luce e sale: attraverso l’amore, attraverso la carità fattiva e concreta che si piega verso il povero e il sofferente. Per un cristiano il gesto d’amore, lo spezzare il pane diventa gesto teologico, esplicitazione d’amore. Oggi è un compito ineludbile della Chiesa restare con i poveri, trovando modi nuovi di vivere l’immutatoVangelo, proponendo non solo gesti di elemosina, ma stili di vita che contrastino la povertà dilagante, il profitto come metro di vita, l’egoismo e l’edonismo come ammiccanti soluzioni alla vita. Infine Paolo ci ricorda, a partire dalla sua esperienza, che la logica di Dio è diversa dalla logica del mondo: è una logica crocifissa. Il metro del nostro risultato è nel cuore di Dio, non nelle statistiche e nelle percentuali: anche se agli occhi del mondo questa disponibilità, questo amore è perdente, inutile, insignificante, anche se continuamente lo spettro della battaglia infine vinta dalle tenebre ci inquieta, noi – figli della luce – ci fidiamo del Signore e come lui amiamo di un amore totale e talora sofferto, sapendo che la sconfitta apparente di Dio è, in realtà, la salvezza del mondo.
Pronti a brillare della luce del vangelo?

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