Gesù è il pastore bello che ci conduce ai pascoli erbosi, gli stiamo davvero a cuore, non come i pastori a pagamento che appena vedono il pericolo scappano a gambe levate. Dio non mi ama per un tornaconto, mi ama gratis e di questo amore gratis i poveri preti devono essere trasparenza (!). Gesù è l’unico pastore in gamba, buono, capace: morirà in croce per dimostrarcelo.
Non facciamoci fregare, allora: lasciamo perdere i tanti (troppi?) che vogliono insegnarci a vivere senza sapere bene loro stessi da che parte andare, seguiamo Gesù, l’unico capace di condurci alla pienezza.

Innesti
Per vivere in questa pienezza, dice il Maestro risorto, dobbiamo restare innestati alla tenerezza di Dio, come fa il tralcio alla vite. Fuori dalle finestre della mia mansarda vedo le vigne della collina di Introd che cominciano a sbocciare e rinverdire dopo il pesante inverno. Mi viene facile capire l’immagine usata da Gesù: il tralcio deve restare unito al tronco, alla vite, per poter ricevere la linfa. La linfa che alimenta la nostra vita è la presenza del Maestro Gesù che abbiamo scelto come pastore.
La visione di Gesù è di una semplicità disarmante: “Io ti ho svelato il vero volto di Dio, fidati. E’ lui che ti ama, che desidera la tua presenza, che costruisce la tua felicità. Tu, soltanto, dimora in me”. Dimora, non andare ad abitare altrove, resta qui accanto al Maestro.
Dimora: nel più profondo del tuo cuore lascia che il silenzio ti faccia raggiungere dall’immensa tenerezza di Dio.
Senza di me non potete fare nulla, dice Gesù.
Cerchi la gioia? Cercala in Dio, vivila in lui, stagli unito, incollato, come il tralcio alla vite.
La linfa vitale proviene da lui e da lui solo e da questa unione scaturisce l’amore.
I cercatori di Dio che si sono fatti discepoli del Nazareno non hanno il futuro assicurato, né la loro vita è esente da fragilità e peccato, né vengono risparmiati dalle prove che la vita (Non Dio!) ci presenta. I discepoli del Signore hanno capito che la vita è fatta per imparare ad amare e prendono lui, il Nazareno, come modello e fonte dell’amore.

Amare
Giovanni ci invita ad amare nella concretezza, a giocare la nostra vita sull’amore.
Bene. Ma cos’è “amore”? Non è forse ambiguo questo termine usato ed abusato per descrivere molte contrastanti situazioni? Non rischiamo forse di relegarlo esclusivamente nella sfera dell’emotività, della simpatia, della pelle? Cosa significa “amare”?
Giovanni ci dice: renditi conto che sei fatto a immagine di un Dio che è dono, bene, amore, luce. Vivi in un pregiudizio positivo verso di te e verso chi incontri sulla tua strada.
Guarda all’aspetto positivo delle cose, sicuro che esiste un progetto di bene per la tua vita.
In questo consiste l’amore: nel vedere, stupiti, l’iniziativa di Dio nei nostri confronti.

Potature
Gesù ci invita a riflettere su di una scomoda verità conosciuta ad ogni vignaiolo: affinché la vite porti frutto occorre potarla. L’avete mai vista una vite potata? Io sì, provenendo da una famiglia di viticoltori. Fa impressione vedere la “lacrima” della linfa sgorgare dal taglio, come il sangue da una ferita. Eppure quel gesto è davvero necessario e il tralcio, accorciato nel punto giusto, concentra tutte le sue energie nel futuro grappolo d’uva.
La vita ci pota in abbondanza: delusioni, fatiche, malattie, periodi “giù”; è piuttosto inevitabile e lo sappiamo anche se – il più delle volte – ci ribelliamo, ci intristiamo. Curioso l’essere umano: è come se non accettasse la fatica e il fallimento inevitabili nel nostro essere finiti, limitati, segno questo, secondo me, della sua dignità, della sua natura che lo spinge ad andare oltre.
Lo confesso: non mi umilia il fatto di non trovare in me, da solo, la risposta alle grandi domande della vita. Cerco aiuto e – cercandolo – ho trovato risposte convincenti. Come viviamo le potature della vita? Il Signore ci invita a viverle nel positivo, come occasione, come possibilità.
Certo, lo scrivo e ne sono perplesso: quanto amor proprio devo mettere da parte, quanta pazienza esercitare, quanto equilibrio mettere in atto per non scoraggiarmi e deprimermi, per non offendermi e prendermela con Dio.
Eppure è un tragitto obbligato: l’accettazione serena (mai rassegnata!) delle contraddizioni della vita concentra la linfa vitale della mia vita in luoghi e situazioni inattesi e con risultati – credetemi – davvero sorprendenti.
Animo, allora, le potature sono necessarie, così come la grande e dolorosa potatura degli apostoli, ribaltati come guanti, masticati dalla croce, li ha resi davvero apostoli maturi e riflessivi, capaci di annuncio e di martirio e non solo entusiasti e immaturi seguaci di una esperienza nuova.

Frutti
La linfa dell’amore sgorga potente nel cuore di Barnaba, il figlio della consolazione. Figura di spicco della primitiva comunità, manifesta l’amore andando a soccorrere il neoconvertito Saulo. Tutti lo temono (La sofferenza è dura. Ma la sofferenza subita per causa della Chiesa!), non si fidano dell’ex-persecutore convertito.
Paolo è a metà del guado, ha conosciuto il Signore, ma la comunità dei discepoli (fragili, fragili, fragili, quando lo capiremo?) lo evita.
Barnaba lo prende sotto le sue ali, sarà lui a diventare il volto dell’amore di Dio, per Saulo.
E noi, ameremo così in questa settimana?

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