`Vi do la mia pace, non come la dà il mondo`.
Nel cammino di conversione alla gioia, che volge al termine, la riflessione di Gesù oggi si allarga alla presenza del discepolo nel mondo, alla fatica del dimorare tassellato al Signore malgrado i venti contrari. In questo difficile percorso di conversione alla gioia, abbiamo incontrato la sofferenza di Tommaso, la disillusione di Pietro, la fiducia nel Pastore da tenere stretto per mano e l’amore fra i discepoli, fonte della gioia. E, oggi, la gioia che deriva dalla pace, che Gesù specifica essere diversa dalla pace mondana, e che produce il superamento della paura.
Di pace si parla, in questi catastrofici giorni in cui immagini che mai avremmo voluto vedere, all’interno di una guerra nata sbagliata e continuata peggio, svelano una verità che i discepoli del Risorto ben conoscono: il confine del male e del bene è nel nostro cuore, il nemico è dentro di noi, non fuori, e la prima autentica pacificazione deve avvenire nel nostro intimo con noi stessi e la nostra violenza e la nostra rabbia, la parte oscura che i discepoli chiamano `peccato`.
Parliamo di pace, allora. I cristiani, spesso, quando parlano di pace… pensano al cimitero! Una scorretta e parziale visione di fede, là dove il cristianesimo è fiacca e svogliata appartenenza ad una serie di credenze e di gesti rituali, parla di pace il primo novembre, pensando ai nostri defunti che riposano `in pace` (e che devono fare, ballare la samba?). La pace, secondo la Parola di Gesù, è il primo dono che egli fa, risorto, apparendo agli impauriti discepoli. Un cuore pacificato è un cuore saldo, irremovibile, che ha colto il suo posto nel mondo, che non si spaventa nelle avversità, non si dispera nel dolore, non si scoraggia nella fatica.
La scoperta di Dio, nella propria vita, l’incontro gioioso con lui, la percezione della sua bellezza, la conversione al Signore Gesù riconosciuto come Dio, suscita nel cuore delle persone una gioia profonda, sconosciuta, diversa da ogni altra gioia. E’ la gioia del sapersi conosciuti, amati, preziosi. E la scoperta dell’amore di Dio mi apre a scenari nuovi, inattesi: il mondo ha un destino di bene, un amorevole disegno che, malgrado la fatica della storia e dell’umanità, confluisce verso Dio. E in questo progetto io, se voglio, ho un ruolo determinante. Sono una tessera di un mosaico immenso, grandioso, luminoso, sono parte di un tutto che realizzo amando e lasciandomi amare. Scoprire il proprio destino, la propria chiamata intima, la propria vocazione, mi mette le ali, mi cambia l’umore. Malgrado i miei limiti, le mie fragilità, le mie paure, posso amare e, amando, cambia il mondo intorno a me.
Ecco, questa è la pace: sapersi nel cuore di una volontà benefica e salvifica, scoprirsi dentro il mistero nascosto del mondo. Credere in questo, adesione alla fede quasi sempre tormentata e sofferta, non immediata e leggera, dona la pace del cuore.
Io sono amato, tu, amico lettore, sei amato. Insieme a Dio, se vuoi, possiamo cambiare il mondo. Questa pace è pace profonda, pace salda, pace irremovibile, ben diversa dalla pace del mondo, pace che viene venduta come assenza di guerra o, peggio guerra che viene ritenuta necessaria per imporre la pace. Pace ben diversa dalla pace mondana basata sulla soddisfazione di milioni di bisogni inutili indotti, come ci spinge a credere il mercato. Pace diametralmente opposta alla pace del benessere, dell’avere, dell’apparire, del mettere il proprio immenso ego al centro del palco (Grande Fratello docet).
Pace del sapersi amati che permette di affrontare con serenità anche le paure. Paura del futuro, della malattia, del lavoro precario, del non sapersi amati, paura. La pace del cuore, dono e conquista, fiamma da alimentare continuamente alla fiamma del risorto, aiuta ad affrontare la paura con fiducia, a non avere il cuore turbato. Alla fine di questi splendidi giorni di Pasqua, invochiamo il Consolatore, donato dal Padre, per affrontare la nostra quotidianità con la certezza della presenza del Signore, giorno dopo giorno, passo dopo passo.

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