“Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli."

Leggo una delle periodiche indagini demoscopiche che, una volta tanto, non riguardano le tendenze politiche o le abitudini sessuali degli italiani ma la pratica sacramentale nelle nostre comunità. Tenetevi forte, udite udite! In Italia ancora il 90% dei bambini viene battezzato, ancora 2/3 delle coppie fisse si sposano in Chiesa e oltre l’80% degli intervistati si dichiara credente e cristiano, una percentuale tra il 15 e il 30% va a Messa tutte le domeniche o quasi (gulp!che si siano dimenticati di passare in Valle?) Bene, splendido, magnifico. Sono tutto un brivido. Poi mi guardo intorno e mi chiedo: dov’è questa folla di discepoli del Signore? Saranno probabilmente timidi, o nascosti, perché proprio non li vedo. Non li vedo nei palazzi dell’economia, non li vedo presenti negli uffici o nelle scuole, né tantomeno nei luoghi dove i giovani si divertono. Tranquilli: non ho nostalgia da Crociata, né credo nell’adesione obbligatoria al Vangelo ma ad un po’ di testimonianza sì, che diamine! Il problema è semplice: il cristianesimo nostrano si è disciolto, annacquato, c’è ma si confonde, esiste ma non cambia la vita. Cristiani sì, per carità, non si sa mai. Magari si firma anche l’ottopermille alla Chiesa Cattolica, ma la vita è un’altra cosa! Gesù ci spiazza (che novità!). Domenica scorsa ci ha rasserenati con la pagina delle beatitudini, ha accarezzato i suoi discepoli, ci ha svelato il volto di tenerezza di un Dio che ci viene incontro, che ci cerca. Poi continua: siamo beati, siamo amati, che la nostra vita cambi, che il nostro cuore sia trasparenza. Gesù è crudo ma vero, ci ama ma ci spinge al meglio: si vede che sei discepolo? Non per la croce al collo, ma per la croce appesa alle tue scelte famigliari e lavorative. Si vede? Se impresti soldi e li vuoi indietro, se giudichi come tutti, se ami chi ti ama, che fai di così straordinario? Ah, Signore! Che frustata sulla coscienza! Già tutti contenti di essere entrati nel club dei bravi ragazzi, subito ci chiedi di più, troppo. Gesù sogna, esige, perché da’. Ci guarda e ci chiede il coraggio del paradosso, il brivido della santità, il coraggio della logica evangelica: perdona i nemici, ama senza contraccambio, sii trasparenza. Alza il tiro, il Signore, chiede di essere discepoli, come lui, fino in fondo. Gesù per primo ha amato i nemici, lui per primo non ha detto il male, lui per primo si è donato fino al brivido della morte. Gesù chiede testimoni, non cristiani part-time. Chiede incendiari d’amore, non adolescenti cresciuti che si specchiano nei propri limiti. Gesù vuole discepoli che diventino riflesso della vera condizione dell’uomo, che in qualche modo illustrino con la loro vita che è possibile credere, che è possibile amare. Forte, vero? E tutti a deprimerci, a dire: “chi può farlo?” Risposta: nessuno, ovvio. Se la smettessimo di pensare che la fede è uno sforzo e la santità è una conquista! No, Gesù spiega il come: il Padre è misericordioso. Possiamo diventare misericordiosi se ci lasciamo raggiungere dal Padre, se lo lasciamo agire, se ne siamo riempiti. Perciò il Vangelo inizia con un invito pressante: “a voi che ascoltate dico…” Gesù sa bene che l’ascolto precede l’azione, che la morale è conseguenza della fede, che la vita nuova in Cristo è possibile solo perché, appunto, c’è Cristo. Una pagina ad alto profilo, quindi, anche se un po’ indigesta. E un invito, finale, a guardare intorno a noi con lo sguardo interiore. E vedrete il Vangelo di oggi mille volte vissuto, mille volte realizzato. Da anonimi cristiani che sanno pazientare, amare, sperare, ragionare secondo la logica del Vangelo. Penso a quella famiglia che ha aperto la propria casa a un bimbo che nessuno voleva, per dargli un po’ d’amore; penso a quei giovani scouts che dedicano le loro vacanze al volontariato in Africa a far giocare i bambini; a quella ragazzina che ha scelto di far nascere il bambino che aveva in grembo contro il parere di tutti, penso a quel dirigente che contesta (a proprio rischio) una linea di condotta troppo aggressiva e spavalda della propria azienda, penso a quell’infermiera che ha scelto di stare tra i neonati in rianimazione, dove nessuno ha il cuore per stare. Sì amici, se lasciassimo cadere dai nostri occhi e dalla nostra mente pregiudizi e chiacchiere vedremmo uomini e donne fragili compiere prodigi, vedremmo spazi di nuova umanità che cresce sul ceppo invecchiato della nostra fede abitudinaria. Come Gesù, milioni di uomini e donne, ora, stanno vivendo il paradosso del Vangelo. Concludo con il grido di Camus, straordinario e inquieto scrittore del secolo scorso, ateo, che scriveva: “siate realisti: chiedete l’impossibile!”

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