Wow! Alle volte mi faccio i giri di testa sull’eccessiva schiettezza della mia predicazione. Leggete Gesù, se vi lamentate di me! Gesù è venuto a portare il fuoco, sentite? Gesù si rende conto che la sua avventura umana volge al termine: stanno tutti tramando per sbarazzarsi di lui, per farlo fuori, come Geremia nella prima lettura. Che strano l’uomo, piuttosto di accettare la verità, anche se scomoda, preferisce tapparsi gli orecchi e ammazzare i profeti. Luca, mentre scrive, descrive una realtà che ha sotto gli occhi: le prime persecuzioni hanno bussato alla porta dei seguaci di Gesù e tutti vivono sotto la tensione di un mondo che stenta ad accogliere il messaggio evangelico. Eppure molti preferiscono subire l’avversione della propria famiglia piuttosto che rinnegare l’appartenenza al Rabbì.
Il Vangelo nasce sotto il segno della contraddizione e sotto il segno della contraddizione cresce e si diffonde. Potremmo quasi dire che il dramma dell’alleanza fra Dio e il popolo continua nella storia: Dio si racconta, si svela, sorride all’uomo e l’uomo dice “no, grazie”. E’ come se l’uomo necessitasse di tempo per imparare ad essere uomo fino in fondo, per mettere in gioco la propria libertà verso la pienezza e la verità. Gesù liberatore dell’uomo viene rifiutato, spazzato via. E a lui va bene così. Gesù spinge l’acceleratore fino in fondo: la croce sarà l’ultimo segno della sconfitta di Dio. Il paradosso della morte di Dio segna il crinale della conversione dell’umanità: dunque Dio si lascia uccidere? Il suo amore è così folle? La lettera agli ebrei tentenna davanti a tanta esplosiva forza e ci invita a fissare lo sguardo su Cristo che si lascia crocifiggere, radicale testimone di pace e di amore .
Siamo discepoli di un Dio che crea divisione, di un Dio che non ci lascia seduti nelle nostre certezze, assiepati dietro le nostre tiepide devozioni, ma che ci scuote e ci spinge, che brucia, brucia dentro. Stiamo riflettendo sul destino della nostra fede, vero? Bene, allora diciamolo con franchezza: se è dal fuoco che si misura il discepolato, i pompieri della fede possono stare tranquilli. Riprendendo l’immagine di domenica scorsa, la nostra Chiesa italiana stenta a vegliare nella notte, anzi, l’impressione è che si faccia un gran bel sonno.
Conosco ancora persone (troppe) convinte che in Italia la massa di pecoroni segue improbabili proclami di una gerarchia ottusa (Gesù Cristo? Che c’entra?) e che pochi illuminati laicisti difendono i valori della libertà. Sarò schietto: dove abitano questi tali? Dall’alto delle mie montagne forse la vista mi si è affievolita. Io vedo – al contrario – una maggioranza di persone con un vago senso di appartenenza al cristianesimo, ancorati ad una visione tendente al superstizioso della vita, ben contenti di essere lasciati stare nelle loro piccole sicurezze e un gruppo di persone – in minoranza assoluta – che hanno preso coscienza della sequela del Vangelo e con semplicità vivono la presenza del Rabbì Gesù. Quante cose devono cambiare nella nostra appartenenza alla fede! Linguaggio, testimonianza, stile di vita, responsabilità nelle comunità: è il tempo della notte (come, non riusciamo a leggere i segni dei tempi?) che il piccolo resto di Israele, noi, è chiamato ad attraversare. Allora mi chiedo e vi chiedo: vi brucia dentro Cristo? Vi brucia da non poter fare a meno di pensare a lui? Vi è successo di desiderare profondamente di raccontarlo (senza fanatismi o semplificazioni)a chi vi sta accanto? Vi è successo di difenderlo in una discussione? E di essere presi in giro per le vostre convinzioni? No? Brutto segno: o vivete in un monastero o proprio non si vede che siete cristiani…
Giudicare il tempo in cui viviamo è nostro compito, discernere i segni tempi è ciò che il Signore ci chiede per crescere nella fede. Quando sant’ Ignazio, fondatore dei Gesuiti, uomo di Dio, innamorato di Dio inviò i suoi dodici compagni ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini dei mondo allora conosciuti, disse, il giorno della loro partenza: "Andate, e incendiate il mondo".
Incendiari sì, ma d’amore.

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