Tommaso, al solito. E’ puntuale, come ogni anno: esattamente otto giorni dopo la splendida notte di Pasqua. Lo stesso Vangelo, sempre. Chissà: forse la comunità cristiana, nella sua fragilità e saggezza vuole insistere con quest’uomo così simile a noi proponendolo come modello da imitare. Sarà questa evidente somiglianza a soprannominarlo “Didimo” (cioè: gemello)? Tommaso è assente dal gruppo spaventato degli undici. Tutti faticano, un po’ stravolti da quanto accaduto: troppe emozioni tutte insieme: dalla gloria dell’entrata trionfale a Gerusalemme alla tragedia e alla vergogna in pochi giorni. Rabbì Gesù è morto, spazzato via dal potere del Sinedrio. I poveri discepoli sentono tutta la loro fragilità: nessuno è rimasto sotto la croce, sono tutti sbandati, pecore senza pastore. A questo punto arrivano le donne a parlare di uno strano episodio (vaneggiano?) e poi i due amici di Emmaus. Ma che succede? Parlano di angeli, di apparizioni. Che succede? E finalmente accade, la notte stessa di Pasqua, le porte sbarrate. Succede, capite? Gesù appare, risorto. Sorride, mostra le piaghe, dona la pace, perdona i loro peccati e li riempie di luce. Accade, capite? Manca Tommaso, quando torna riceve la testimonianza confusa ed eccitata dei suoi compagni. Ma Tommaso resta gelido. Il Vangelo non lo dice, ma intuiamo le parole di Tommaso: “Tu Pietro? Tu Andrea? Voi mi venite a dire che Gesù è vivo? Voi che siete fuggiti? Voi incoerenti e scostanti? Voi? No, non vi credo”. Lasciatemi spezzare una lancia a favore di Tommaso, dipinto superficialmente come incredulo. Pensate davvero sia incredulo? Non sentite, al contrario, troppa fede dietro le sue amare parole? Tommaso ha creduto troppo al Rabbì, Tommaso era disposto a farsi ammazzare per lui. Tommaso sapeva che Gesù era la via e lo avrebbe seguito. Poi la delusione, lo scandalo. Tutto va storto e la gioia della sequela, l’emozione dell’accoglienza diventano paura, vigliaccheria, pianto. No: Tommaso ha investito troppo nel sogno infranto per rimettersi in pista. Lo capisco, povero amico mio. Lo capisco e mi ci ritrovo. E ritrovo le tante persone che ho conosciuto: grandi sogni, grandi ideali e poi la vita, il compromesso, le delusioni. Penso al sorriso di Sandra diventato duro quando suo marito se n’è andato svelando le sue fragili intenzioni; penso all’amarezza di Luigi ogni volta che uno dei ragazzi che cerca di tirare fuori dalla droga scappa dalla comunità; penso ai sogni infranti di Cristina che una malattia inchioda al letto, lei che voleva salvare il mondo. Tommaso è il patrono degli sconfitti, dei sognatori, dei delusi. Tommaso non crede, non ha più il coraggio di farlo. E Gesù (ancora!) il paziente, il compassionevole lo attende, insiste. Questa volta, otto giorno dopo, Tommaso c’è e Gesù, amorevolmente, lo rimprovera: gli mostra le piaghe quasi a dirgli: “Tommaso, anch’io ho sofferto, tocca qui, non sei stati il solo a soffrire…”. Le piaghe, le ferite, spalancano la diga di commozione di Tommaso che piange e ride, e non gli importa più nulla della sua fragilità e della sua durezza. Tommaso piange e grida il suo stupore, manifesta la sua fede: credo, credo, credo, credo… Tommaso, patrono degli sconfitti, prega per noi. Quando ci scandalizziamo dell’incoerenza della Chiesa, quando ci sembrano troppe grosse le sue fragilità, quando non ci sembra possibile che tanta gloria sia affidata a tanta povertà, prega per noi. Facci capire che uno dei modi per riconoscere la presenza del risorto, misterioso ospite delle nostre vite, ora, è anche la sofferenza. Facci comprendere che anche una vita sconfitta può incontrare la gloria del risorto, che il grande popolo dei perdenti ha un patrono e un Signore. Tommaso, nostro gemello, aiutaci ad osare anche quando sembra inutile, a fissare lo sguardo altrove quando la pesantezza della vita e del peccato ci schiantano a terra, a lavorare per la costruzione del Regno sapendo che il mondo è già salvo, ma non lo sa.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *