XVII Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA        Gn 18, 20-21. 23-32
SECONDA LETTURA  Col 2, 12-14
VANGELO                  Lc 11, 1-13

Marta e Maria ci hanno fatto riflettere su Betania, sul volto di un Dio che cerca compagnia alla fine di una giornata faticosa, e sul doppio binario della vita del cristiano: la preghiera e l’azione.Oggi la Parola ci porta ad approfondire il tema spinoso della preghiera, a riflettere – cioè – sull’atteggiamento di Maria.
La preghiera è uno dei tanti pilastri del cristianesimo messo in crisi dalla nostra contemporaneità.
Il nostro mondo prega poco e male ed ha della preghiera una visione che rasenta la pura superstizione. Mi spiego: nel linguaggio corrente la parola stessa “pregare” indica l’insistere, l’elemosinare, il convincere qualcuno che può portarmi un vantaggio; devo convincere l’altro a cambiare atteggiamento, a concedere, elargire. Pregare equivale a chiedere; quindi Dio è uno molto potente che devo convincere attraverso una serie di devozioni che hanno come fonalità far cambiare idea a questo Dio bislacco e lunatico che pare non accorgersi di me.
Leggendo però le riflessioni che Gesù fa della preghiera ci accorgiamo di quanto la sua prospettiva sia diversa da questo ragionamento: è a un Padre che chiediamo, a un Padre buono, non a un despota capriccioso. La prima lettura, a questo proposito, è illuminante: Dio si chiede se far parte o no dei suoi progetti ad Abramo e – alla fine – gli comunica la volontà di abbandonare Sodoma al suo destino. E qui comincia una divertente contrattazione tra Abramo e Dio come fa un cliente con un ambulante che vende un tappeto! Dio è un Padre buono, che dona il pesce al figlio che gliene chiede, che costruisce il suo Regno, che cambia idea, quando necessario, che fa parte dei suoi progetti ad Abramo.
Ricordo un aneddoto simpatico: nel mese di maggio, alla chiesa di St.Martin dove prestavo servizio, una piccola folla di studenti di inginocchiava in fondo alla chiesa prima di prendere il pulmann. Mi avvicinavo e dicevo loro “Santo scrutinio martire, prega per noi”. Poi continuavo a riflettere: “Spero che oggi Dio abbia di meglio da fare che non farvi il compito di algebra!” Non è così anche per noi adulti? Abbiamo un progetto, un’urgenza, e scuotiamo Dio, lo investiamo con promesse e voti, salvo poi restare a bocca asciutta. Perchè, dunque, ci capita di restare inascoltati? Bisogna anzitutto dire che la prospettiva in cui ci mettiamo è quella del figlio che parla con il Padre, dell’amico che sveglia l’amico e non dell’assicuratore con l’assicurato. Mi spiego: spesse volte trovo persone che ragionano in questo modo: io mi faccio la mia vita, so cos’è la mia felicità (sicurezza, affetto, lavoro, posizione sociale, soldi …) e mi dicono che Dio, potente e immortale, mi potrebbe dare una mano. Inizio allora a contrattare la raccomandazione, fino a giungere all’eccesso del ricatto: "Dio, se esisti fa’ che io …". No, guardate, fuori tiro completo. Dio non è il potente amico che devo lisciare per farmi sganciare qualche privilegio! Una logica di questo tipo "usa" Dio, senza che di Lui veramente m’importi qualcosa. Esagero? Magari! In questa prospettiva, un po’ caricaturata, sono io al centro del Regno, del Cosmo, e Dio è al mio servizio. So io dove sta la mia felicità, il mio “qui e subito”, il mio desiderio appagato. Troppo spesso le nostre preghiere guardano l’immediato, senza mettersi in discussione, senza guardare veramente lo sguardo di Colui che sa in cosa consista la mia felicità. Molto spesso le nostre preghiere non vengono esaudite perchè non sono il nostro bene, non vengono ascoltate perché restano nel limitato orizzonte di ciò che io considero essenziale alla mia felicità, senza ascoltare il Padre che da’ cose buone a colui che gliele chiede. Diverso, certo, è il discorso di chi, con umiltà, drammaticità, travolto spesse volte dalle fatiche della vita, implora un aiuto. Così il malato terminale, l’incidentato, la famiglia scossa dalla sofferenza. Che dire? Paolo, con timidezza, accenna ad una risposta e indica, con un’immagine fortissima, l’icona di Gesù inchiodato alla croce. La risposta che Dio dà alla sofferenza è la sua stessa sofferenza condivisa con noi, lo stesso dolore portato insieme. Infine, e lascia un po’ sbigottiti, Luca, a differenza dei suoi amici Marco e Matteo, conclude questa riflessione in maniera a dir poco originale. Dice: chiedete tutto e vi sarà dato lo Spirito Santo. Incredibile! Fosse per noi diremmo: " tientelo pure lo Spirito, a me serve invece …" Macché: lo Spirito è colui che dobbiamo continuamente invocare, chiedere, pregare, colui che ci fa vedere la realtà con gli occhi di Dio. Al figlio che chiede aiuto, Dio risponde inviando il suo Spirito che ci aiuta a vedere da dentro, sul serio, la nostra vita.

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