Luca struttura il suo Vangelo in una maniera del tutto originale: a partire dalla pagina di oggi inizia il cosidetto "inserto lucano", dieci capitoli in cui il discepolo di Paolo parla di un lungo viaggio che Gesù compie verso Gerusalemme. Un artificio letterario, certamente, questo interminabile viaggio verso la Passione morte e Resurrezione, che rivela al lettore di oggi, con disarmante semplicità, che la nostra vita è un viaggio, un percorso, un itinerario, un pellegrinaggio alla sequela d Gesù. Così, sembra dire, chi vuole davvero essere discepolo di Gesù non può che essere in cammino, mai troppo fermo sulle proprie posizioni, mai sclerotizzato intorno alle proprie convinzioni, ma sempre disponibile a seguire il vento dello Spirito. E qui mi fermo e mi guardo dentro. Non viviamo alle volte la fede, la religiosità come sedentari? In poltrona e pantofole? Dicendo: "So già, conosco, duplico, fotocopio, nessuna novità pericolosa per carità, che già faccio fatica a vivere quel po’ di fede che ho". L’immagine di staticità che spesse volte diamo come comunità cristiana (la Chiesa non dà certo l’immagine di eccessivo dinamismo!) non è forse derivata semplicemente dal fatto che temiamo di muoverci per seguire Gesù? Lo so, calco la mano. Attenti, però: non confondiamo cammino con novità a tutti i costi, con l’originalità fine a se stessa. No: qui l’atteggiamento è decisamente più profondo, è l’atteggiamento di Colui che mi chiede di seguirlo, mettendo i miei progetti, le mie sensibilità, le mie prospettive al secondo posto. Abbiamo bisogno di conversione, di freschezza, di autenticità, di novità di vita, questo ci dice Luca. Domenica scorsa Giovanni Battista ci spingeva ad annotare (con tristezza!) di quanta poca profezia caratterizzi oggi le nostre comunità cristiane e dell’urgenza di far uscire il Vangelo dalle chiese per portarlo nella vita quotidiana.
Luca – oggi – aggiunge che Gesù manda avanti dei messaggeri. Notate: dei messaggeri che preparano il suo passaggio, anche se talvolta vengono respinti. Che bella notizia! Non siamo noi a convertire (meno male), a salvare (meno male): nessuno salva nessuno. Vivere (e mi rivolgo a noi poveri preti e a chi si dedica con decisone all’annuncio del Vangelo) come se l’avanzamento del Regno dipendesse da me, è un pochettino eccessivo. Il mondo è già salvo: non dobbiamo salvarlo noi! Il problema consiste nel fatto che il mondo non sa di essere salvo e – talvolta – non sa neppure di avere bisogno di salvezza… Siamo chiamati a preparare le strade al Cristo, a testimoniarlo con serenità e credibilità, con affetto e solidarietà. Il resto farà Lui, il Rabbì. La fede, dono di Dio, passa attraverso l’annuncio di una comunità cristiana che racconta ai fratelli uomini le meraviglie di Dio. Poi sarà Dio a passare nel cuore di chi si è messo alla sua ricerca … Ma, attenzione, per preparagli la strada occorre uno stile tutto particolare, ed è estremamente significativo che Luca ci racconti di questi tre atteggiamenti di sequela che Gesù corregge. Il Signore ha bisogno di gente che non si fissi sulle sue convinzioni, facendosi un piccolo "nido" in cui si sta bene (“io e il mio Dio”), ma che sia continuamente disposta a partire ad annunciare il Signore là dove lo Spirito chiama. Il Signore ha bisogno di gente viva, di uomini pienamente uomini, non richiusi in una religiosità vagamente oscura e tenebrosa (insomma un po’ "cadaveri"), ma disposti ad essere segno di quella fiducia e di quella gioia interiore che anche nella difficoltà emerge su tutto. Il Signore ha bisogno di gente che non si lasci inchiodare dagli sbagli o dalle incoerenze, dalle ferite o dai fallimenti, guardando continuamente indietro, ma che sappia sempre andare avanti arando con l’annuncio i cuori, prima che passi il Signore stesso a seminare la Parola. Il Signore, infine, non ha bisogno di mezzi forti, di segni prodigiosi o, peggio (poveri apostoli che figura!) di vendette esemplificative, ma di uomini e donne costruttori di pace disposti a entrare definitivamente nella logica del Vangelo. Perché non renderci disponibili? (Ah, occhio, però: il rischio è che Dio ci dia retta!)