Incontrare Dio è come innamorarsi, partecipare ad una splendida festa.
Per conoscerlo e diventare discepoli del Nazareno, però, dobbiamo fare come Luca: prendere sul serio il vangelo che non è una raccolta di pie esortazioni o un manuale di morale.
Gesù non è smarrito nell’approssimazione della favola è saldamente ancorato alla storia.
E la fede ha a che fare con l’emozione, certo, ma si nutre di verità.
Domenica scorsa avevamo iniziato la settimana con la scena di Gesù che, a casa sua, dopo la lettura del rotolo di Isaia, proclama solennemente l’inizio del tempo di grazia.
La Parola si è compiuta, l’attesa è finita.
In questi fragili tempi è bello poter dire che Dio è il per sempre presente, che ogni promessa si è realizzata.
Finale commovente.
Però.

Rabbia
La reazione dei suoi è feroce, rabbiosa.
Perché?
Ci sono molte interpretazioni. Quella che più mi convince riguarda la scelta che Gesù fa nel leggere Isaia. Tutti conoscevano quel rotolo, ogni sabato, a turno, si leggevano gli stessi passi. Agli esperti di Scrittura non sfugge che Gesù tronca la frase di Isaia a metà. Il periodo conclude così: “e a predicare un giorno di vendetta per il nostro Dio” (Is 61,2).
Gesù non lo legge, lo tronca. Si ferma all’anno di grazia.
Nessuna vendetta, nessun riscatto spettacolare contro gli oppressori politici.
Nessun riscatto del nazionalismo ebraico.
Perdono e conversione. Queste le due cifre dell’annuncio.
La Parola si è chiusa, il libro viene arrotolato. Gesù si è permesso di correggere la Parola.
Questo è troppo.
Chi si crede di essere questo falegname?
Gesù interagisce, cita la Scrittura, spiega come sia difficile fare i profeti in casa propria, che solo degli stranieri, come la vedova di Zarepta e Naaman il Siro, hanno saputo riconoscere profeti grandi come Elia ed Eliseo. E si scatena il putiferio.
All’iniziale sconcerto subentra l’offesa e la permalosità.
Ma come si permette? Ma chi si crede di essere questo giovane presuntuoso? Noi sapremmo riconoscere Elia o Eliseo! Sapremmo accogliere il Messia, se Adonai lo inviasse!

Scomode verità
Oggi parliamo di profeti inascoltati.
Oggi parliamo di come Dio sia venuto a parlare di sé e di come noi ci rifiutiamo di ascoltarlo.
Le ragioni del rifiuto sono evidenti: Gesù è un Messia banale, poco spettacolare, non corrisponde ai criteri minimi di serietà del profeta standard.
Peggio: non cavalca lo sdegno popolare, non invoca vendetta, stravolge la Scrittura.
Accade così anche al nostro mondo disincantato e cinico: siamo talmente impregnati di ciò che pensiamo essere il cristianesimo da non riconoscere il vero volto di Dio.
Cosa c’entra la Chiesa con Dio?
E le tante questioni aperte in ambito etico col vangelo?
E la mia parrocchia con Gesù?
Molti fratelli e sorelle sono scandalizzati dal fatto che la parola grande di Dio è consegnata alle fragili mani di discepoli spesso incoerenti. Ci fermiamo al messaggero ignorando il messaggio.
Come vorrei gridare forte ai fratelli che non credono: andate al Gesù del vangelo! Non al Gesù dell’abitudine o degli stereotipi simil-cattolici!
Andate alla sorgente, non lasciatevi fermare dalla nostra incoerenza! Il tesoro è custodito in fragili vasi di creta, la fontana è arrugginita ma l’acqua che vi sgorga è pura e fresca.
Dio (che mistero!) accetta il rischio di affidare alle nostre balbettanti parole la sua Parola.

Professionisti
Attenti, però, discepoli del Nazareno. Questa pagina non è rivolta anzitutto a chi non crede, ai lontani, ai sé dicenti atei. È anzitutto rivolta  a noi discepoli del Risorto, a noi che frequentiamo la sinagoga, che ci sentiamo figli di Abramo.
Il mondo non è diviso in chi crede e in chi no, ma in chi ha il coraggio di accogliere e chi è sclerotizzato sulle proprie convinzioni, anche su quelle belle e sante.
Se perdiamo il senso della Profezia, se non ci lasciamo scuotere dal Geremia di turno, se non abbiamo il coraggio di ricordarci che, pur discepoli, siamo in continua conversione, rischiamo di allontanare Gesù dalla nostra vita e dalla Chiesa o, peggio, di buttarlo giù dal precipizio perché non la pensa come noi.

Profeti e no
La Chiesa necessita di profezia e di profeti, di posizioni scomode e all’apparenza irriguardose per mantenere vivo il carisma fecondo del vangelo. È bello che ancora oggi ci siano dei cristiani che, sentendo di appartenere alla Chiesa, compiono scelte di pace e di giustizia a volte estreme che richiamano tutti, cristiani in primis, alla coerenza.
Guai a spegnere lo spirito della profezia!
A volte è la Chiesa intera a dover essere segno profetico nel mondo, come quando. finalmente!, assume un netto rifiuto di ogni forma di violenza e di guerra, fosse anche motivata da nobili ragioni (che quasi mai si rivelano del tutto nobili).
Nello stesso tempo bisogna distinguere i profeti dai rompiscatole.
In ogni comunità c’è il polemico che si sente profeta, in ogni presbiterio il prete che assume posizioni forti. Gesù invita a mitigare la severità e la polemica mettendo al centro di ogni relazione, sempre, il bene maggiore dell’amore.
Anche i profeti, insomma, devono stare attenti a non porsi fuori dalla norma assoluta del vangelo come ci ricorda con forza san Paolo.
Amore che esige franchezza e richiamo, certo, ma pur sempre amore.

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