La fede è fiducia, dicevamo poco più di un mese fa. La nostra vita è intrisa di gesti di fede, di fiducia: ho fiducia nelle parole del mio sposo che dice di amarmi, mi fido del buon senso e delle capacità dell’ingegnere che ha progettato la soletta che mi sta sulla testa e mi fido della perizia dell’impresa che l’ha costruita.
Ma la fede in Dio, fidarsi di Dio, è qualcosa di molto più articolato e profondo, e le letture di oggi ci tracciano una quasi-mappa di riflessione sull’atteggiamento di fede.
Riflessioni sul credere
Cos’è, dunque la fede? Fede non è credere in qualcosa, ricordare le verità del catechismo, ma è credere in qualcuno, nel Signore Gesù, fede è fidarsi di Lui. Fede è l’opposto dell’evidenza, dello scontato, del palese. Ma – e questo è fondamentale – la fede che il Signore ci chiede poggia su solide basi. L’atteggiamento dell’uomo di fede non è uno sconsiderato atto d’obbedienza, un cieco gesto di abbandono in una incomprensibile divinità che chiede sottomissione. Noi ci fidiamo di qualcuno che ci ha dimostrato il suo amore, che ci ha riempito con la sua Parola.
La conoscenza del Signore precede e accompagna la fede. E questa predicazione giunge fino a noi attraverso delle persone, fragili, di cui cogliamo la fede. A me questo è accaduto quando, giovane e irrequieto studente, sentivo parlare di Gesù da un prete pieno di serena certezza: non stava vendendomi un’enciclopedia, né difendendo le sue convinzioni; la differenza tra me e lui era che, nel mio pseudo-ateismo adolescenziale parlavo di idee lette sui libri.
Lui mi parlava di qualcuno che conosceva bene, Gesù Cristo.
Già Paolo, scrivendo al suo amico e discepolo Timoteo, raccomanda: `Prendi come modello le sane parole che hai udito da me`; nella testimonianza e nella coerenza di Paolo, che ora aspetta incarcerato la sua condanna a morte, Timoteo trova nutrimento per la propria fede.
Fede: credere che il Signore è presente, arrendersi al corteggiamento di Dio, abbandonarsi (ragionevolmente) nelle braccia di un Dio Padre.
Fidarsi, fidarsi, fidarsi.
Fidarsi nella sventura
Fidarsi quando le cose funzionano diversamente da come vorremmo. Abacuc, profeta minore, se la prende con Dio: come fare a credere in Lui se le cose vanno tutte storte (Israele deve affrontare un nuovo nemico, i Caldei)? E Dio risponde. `Tu abbi fede`. Non siamo forse nella situazione di Abacuc? Non vediamo forse anche noi il violento prevalere?
La tensione cresce alta, il terrorismo e l’inopportuna guerra in Iraq scivolano nel caos; i figli della pace, noi, sono messi da parte, derisi, inascoltati.
Fede, occorre fidarsi: Dio conosce la Storia, Dio agisce, anche se non lo vediamo, Dio condivide.
Una fede da coltivare, che cresce
Certo, anche noi, come gli apostoli, ci rendiamo conto che la nostra fede è piccola, come il microscopico seme di senapa. Non importa – dice il Rabbì – basta per spostare le montagne.
Vero, verissimo: ho visto uomini e donne credere e spostare montagne d’odio e di violenza, montagne di depressione e sfiducia. Vero: la storia dei cristiani è lì a ribadire che la fede cambia il corso degli eventi.
Piccoli e dimenticati cristiani hanno cambiato il corso degli eventi. Ricordiamo i presunti grandi della terra, come Erode e Ponzio Pilato, perché hanno ucciso dei marginali sudditi come Giovanni Battista e il Nazareno. Una piccola suora albanese ha infranto con tenacia, a Calcutta e in India, l’intoccabile e iniqua divisione nelle caste, dando dignità ai parìa.
Abacuc non lo sa, ma lo scontro con culture e civiltà diverse dalla propria, porterà Israele alla consapevolezza dell’annuncio del volto di Dio anche ai pagani, Caldei in testa.
Dio piega sempre e usa gli eventi della storia per costruire la grande Storia della salvezza.
Siamo abituati a pensare la storia come un interminabile sgranarsi di un rosario di guerre e sopraffazioni, la Scrittura parla della storia come luogo di Salvezza.
Consigli
Due conclusioni che nascono dalla Parola.
Anzitutto: abbandonati nelle braccia di Dio; ma sul serio, non per finta.
Conosco persone che – con l’acqua alla gola – mettono alla prova Dio.
Si fidano a parole ma non si staccano dalla riva per prendere il largo. Molte volte la nostra vita è irrequieta e piena di dubbi ma non ce ne stacchiamo, invochiamo Dio, senza poi lasciargli la possibilità di agire e di salvarci; invochiamo Dio, sì, spiegandogli, però, cosa deve fare.
Vuoi essere discepolo? Metti la tua vita e la tua volontà nelle mani del Maestro: davvero, sul serio. Occhio però: normalmente Dio ascolta, alle volte in maniera così eclatante che ti viene da sorridere. L’unico serio rischio della preghiera è che Dio ci ascolti, l’unica controindicazione dell’abbandonarsi in Dio è che poi rischi pericolosamente la santità.
Seconda provocazione: siamo servi inutili. Cioè il mondo è già salvo, non dobbiamo salvarlo noi. A noi è chiesto di vivere da salvati, a guardare oltre, al di là e al di dentro. A vivere come uomini di fede, a camminare nel nostro cammino con un cuore compassionevole e gravido di pace, fecondo e accogliente.
Per il resto lasciamo a Dio fare il suo mestiere.