Quali discepoli, allora? Discepoli adulti, motivati, pacificati, protesi al futuro, che mettono la conoscenza del Maestro al di sopra di ogni affetto, di ogni gioia, che non si rifugiano in Lui dimenticando il mondo…
Così dicevamo domenica scorsa, dopo esserci chiesti: chi è il Signore per noi, chiediamoci chi è il discepolo per lui. E oggi una nuova riflessione, intensa, solida, urticante.
Parliamo di missione, del ruolo dei discepoli, del loro compito, l’annuncio della Buona Notizia della presenza di un Dio immensamente diverso da quello spaventevole del nostro inconscio. La missione, però, riguarda tutti i discepoli, non una cerchia stabilita. Smettiamola di pensare all’annuncio del Vangelo come a qualcosa che riguarda alcune persone prescelte che varcano gli oceani alla ricerca di qualche sperduto popolo sperduto nella foresta.
L’oceano c’è, ed è qui. Divide la gente, crea degli abissi d’incomprensione e di solitudine. La foresta c’è, ed ha il volto all’apparenza rassicurante delle nostre periferie. A queste nuove condizioni, ci è chiesto un nuovo atteggiamento, un farsi carico, un assumere la gioia dell’annuncio là dove viviamo. Gli anni del cristianesimo trionfante e capillarmente diffuso sono alle nostre spalle (sono mai esistiti?), gli anni della diffusa e condivisa cultura cristiana ampiamente tramontati. E’ il tempo del dire il Vangelo in modo nuovo, non a persone che mai hanno sentito parlare del Rabbì, ma – ahimé – a persone che credono di credere, infradiciate di pregiudizi e di catechismo mal digerito, di immagini abitudinarie dell’essere Chiesa e dell’essere fedeli.
Questa è la sfida: far uscire Dio dalle chiese, riportarlo là dove aveva deciso di vivere, tra la gente. Strapparlo dagli angusti abiti del sacro in cui l’abbiamo relegarlo per farlo infine tornare in quella umanità che aveva deciso di assumere. L’annuncio del Vangelo è il contagio della tenerezza di Dio, il dire con la vita, nelle scelte il nostro essere diventati cercatori di Dio.
E Gesù ci indica con precisione lo stile e la modalità.
I discepoli vengono mandati a due a due, precedendo il Signore. Non dobbiamo convertire nessuno: è Dio che converte, è lui che abita i cuori. A noi, solo, di preparargli la strada. Non dobbiamo salvare il mondo: il mondo è già salvo, è che non sa di esserlo. In coppia veniamo mandati: l’annuncio non è atteggiamento carismatico di qualche guru, ma dimensione di comunità che si costruisce, di fatica dello stare insieme.
L’annuncio è fecondato dalla preghiera: perché non diventare silenziosi terroristi di bene, seminando benedizioni e preghiere segrete là dove lavoriamo? Affidando al Signore, invece di giudicare? Il Signore chiede di pregare per avere operai per la messe, perché Dio vuole essere aiutato, vuole condividere l’opera di salvezza, così come ampiamente manifestato nella storia del popolo di Israele.
Il Signore ci chiede di andare senza troppi mezzi, usando gli strumenti sempre e solo come strumenti, andando all’essenziale. Lo so, amiche catechiste: il corso di nuoto o la settimana bianca sono mille volte più attraenti della vostra stentata ora di catechismo. Ma voi avete una cosa che a nessun allenatore è chiesta: l’amore verso i vostri ragazzi.
Il Signore ci chiede di portare la pace, di essere persone tolleranti (ricordate san Giovanni e il santo zelo di domenica scorsa?), pacificate. Nessuno può portare Dio con la supponenza e la forza, l’arroganza dell’annuncio ci taglia da Dio in maniera definitiva.
Infine il Signore ci chiede di restare, di dimorare, di condividere con autenticità. Noi non siamo diversi, non siamo a parte: la fatica, l’ansia, i dubbi, le gioie e le speranze dei nostri fratelli uomini sono proprio le nostre, esattamente le nostre. Condividiamo la ricerca, portando nel cuore il Vangelo, senza facili verità da sbattere in faccia agli altri, ma nella serena certezza che il Signore ci conduce per mano.
Animo, brothers! Provare per credere, uscire dalla timidezza (vergogna?) che ci impedisce di dire Cristo con la vita, di raccontare la nostra ansia di verità e di bene, e vedrete davvero schiudersi il mondo a una dimensione nuova. Gioiamo amici, i nostri nomi sono scritti nei cieli, il Signore chiede collaboratori per l’annuncio del vero volto di Dio.
Eccomi di nuovo a voi, dall’alto delle mie montagne.
Come sapete, stiamo costruendo una cosa nuova: cinque parrocchie (Les
Paroisses du Paradis) che vivono momenti comuni, guidate da tre preti (tra
cui io). Questo sforzo richiede preghiera e sostegno. A Introd abbiamo
costruito un Oratorio e un Centro Pastorale.
Molti di voi mi chiedono come aiutarmi, anche economicamente. Da buon
valdostano timido non amo chiedere soldi, e così alcuni amici turisti si
sono inventati una sottoscrizione a premi per tirar su dei soldi per ciò che
stiamo facendo e mi hanno invitato a sensibilizzare anche gli internauti.
Se volete darci una mano, potete collaborare a questa iniziativa: il costo
per ogni biglietto è di Euro 1,00. Anche se il tuo contributo sarà piccolo è
comunque prezioso: non dimenticare "ogni piccola goccia aiuta ad alimentare
l’oceano".
Puoi mandare il tuo contributo con vaglia postale al seguente indirizzo:
CURTAZ Don Paolo
Frazione Degioz
11010 VALSAVARENCHE (AO)
Grazie di cuore!
Don Paolo
N.B.: nella causale metti l’indirizzo della tua posta elettronica: sarà mia
premura comunicarti i numeri di serie a te assegnati ( in base al tuo
contributo) e se sarai fortunato ti spediremo anche il premio.