Continua l’itinerario di Luca di riflessione sul discepolato. Faccio un breve riassunto delle puntate precedenti: da quasi due mesi, ripresa la lettura di Luca, ci stiamo chiedendo: è possibile essere discepoli oggi? Cioè non annoiati cristiani della domenica e del dovere, della fede come una disgrazia necessaria ma insostenibile eccetera? Ci stiamo accorgendo che viviamo in un mondo pluralista in cui si confonde troppo spesso il cristianesimo con una specie di apparato sociale che si trascina nei secoli? E Luca – al solito – ci ha dato la sveglia: il discorso sull’annuncio del Vangelo, il samaritano, Marta e Maria, la preghiera. E oggi –ahimé – il tema del denaro. Sì, avete capito bene: nel Vangelo di parla di soldi. Due imbarazzi prima di scrivere; imbarazzo numero uno: non ho mai incontrato (né mai incontrerò, ne sono certo) qualcuno che mi dica: “io vivo per i soldi”. Eppure il motore del mondo è l’economia e il sogno segreto di molta gente è – anzitutto – avere molto e facili soldi. Secondo imbarazzo: non sempre la Chiesa ha avuto un atteggiamento libero rispetto a questo tema. Se è vero – ed è vero – che milioni di uomini e donne in nome di Cristo si schierano a difesa dei poveri e “spendono” la loro vita per il Vangelo, alle volte la facciata, il fuori, è soggetto a critiche. Bhé, a parte la demagogia facile e populista (ma ‘sto Vaticano ce li avrà davvero i soldi nascosti? Bho?), occorre che le comunità siano libere ed evangeliche nella gestione dei soldi: o servono a diffondere il Regno o marciscono in tasca (e nelle banche). Non l’ho detto io, l’ha detto Gesù.
A noi, ora. Mi piace del vangelo odierno la duplice prospettiva. Anzitutto: un litigio tra fratelli per questione di eredità (ma no? Mai sentito!) e Gesù che defila: non vuole entrare nel merito della discussione. Grandioso! Ancora una volta – se ce ne fosse ancora bisogno – Gesù svela il volto di un Dio adulto che ci tratta da adulti. Mi spiego: troppe volte abbiamo una brutta idea di Dio e lo invochiamo nella preghiera (ricordate?) per intervenire: perché Dio non ferma le guerre? Perché Dio lascia morire di fame i bambini? Semplicemente perché le guerre le dobbiamo fermare noi e i bambini muoiono di fame per tutta una serie di responsabilità, non ultima il fatto che mangiamo tre volte al giorno. Molta gente vorrebbe un Dio preside che entra nella classe indisciplinata di adolescenti per punire i cattivi (guarda caso quasi sempre gli altri) e premiare i buoni (guarda caso quasi sempre noi). Macché: Dio sa che possiamo benissimo da soli, da adulti affrontare questa ed altre questioni. Gesù si dissocia dall’entrare nella disputa dell’eredità per richiamare al confronto adulto questi due fratelli, per richiamarli alla loro intelligenza…
La parabola del ricco che si preoccupa di come fare a mettere a posto il grano si riallaccia alla riflessione acida del Qoelet che annota (già allora) come chi si affatica e lavora tutta la vita vede spesso la sua eredità mangiata in un lampo da eredi grati e per nulla in soggezzione rispetto alla memoria del caro estinto.
Gesù invita al realismo: la sua non è una minaccia (“ricorda che devi morire”) quanto una considerazione: “dove stai giocando la tua vita?” Il denaro si pone a servizio dei bisogni essenziali e non può diventare la ragione della nostra vita. Facile a dirsi, difficile da vivere: il lavoro ci travolge, modelli e stili di comportamenti sempre più costosi ci vengono proposti come essenziali, ci si fa credere che la nostra felicità consiste nel possedere e nell’apparire. D’altronde, siamo seri, non è facile vivere ai nostri giorni? Tutti sanno benissimo in cosa consista la felicità: essere bellocci e palestrati, avere un lavoro che ti gratifica e ti fa guadagnare tanti soldi, una moglie splendida, e intelligente e dei figli (due, per carità!) usciti pari pari da Oxford. Ecco: se vivi così sei felice! Siete propri convinti? Gesù richiama al “dentro”, al “vero” di noi, alle cose grandi, non ai piccoli progetti.
Concludo: l’atteggiamento del cristiano verso il denaro è funzionale, non primario, il cristiano sa che il denaro è un ottimo servo e un pessimo padrone. Infine permettetemi un richiamo da parroco: prendiamo a cuore le nostre comunità e le esigenze della vita comunitaria. Dopo l’87 le comunità sono diventate degli enti con loro bilanci e priorità: la colletta domenicale non è più il luogo dove mettere le ingombranti monetine ma il segno che teniamo al mantenimento della comunità e delle sue strutture. Mi pare un segno concr