La samaritana dalla vita affettiva frammentata è corteggiata dall’unico che davvero la ama e la rispetta ed è dissetata da quell’amore che, invano, ha cercato di trovare tra le braccia di un compagno.
La sete infinita, sete di infinito, che inquieta il suo cuore ha bisogno della sorgente di acqua viva, l’unica che può spegnere (colmare?) ogni desiderio. Così Gesù la cerca, cerca lei e noi, per farla diventare sposa e testimone.
Giudicata e malvista, pubblica peccatrice costretta ad andare al pozzo nell’ora più calda del giorno, pur di non incontrare i benpensanti di allora e di oggi, ora torna tra la sua gente ignara di sé, consapevole solo di ciò che ha trovato.
Dio folle, Dio inquietante, Dio in ingiusto, che prende annunciatori tra la feccia, che raccoglie per strada i reietti e li innalza alla dignità di discepoli!
Ma non basta, cercatori in ascolto, oggi incontriamo un altro debole, un altro ferito, un altro rifiuto umano: il cieco nato.
Sapete già come andrà a finire, vero?
Veleno
Gianna ha le lacrime agli occhi, mentre mi parla. Una vita segnata dal dolore sordo e cupo, insormontabile e reiterato, la sua. Quindici anni fa ha conosciuto Raffaele, sul lavoro, si sono innamorati e hanno vissuto una tormentatissima storia d’amore. Lui era sposato infelicemente, lei stava alla porta. Poi, qualche tempo dopo, la difficile scelta di una separazione e, poco dopo, la scelta di rifarsi una vita insieme. Anni difficili, di rottura con gli amici, di giudizi impetuosi da parte dei famigliari di entrambi. Infine la scelta di superare tutto, di voltare pagina: nasce Luisa. Ma Luisa nasce ammalata, irrimediabilmente segnata del corpo e nella mente. Al dolore immenso di un figlio ammalato si aggiunge il veleno, il fiele dei benpensanti che, lentamente, corrode l’anima di Gianna. «Vorrei non pensarlo – sussurra la madre – ma credo che mia figlia sia una punizione per ciò che ho contribuito a fare…». Sorrido, le tengo la mano, cerco di parlarle del Dio di Gesù che è mille volte migliore dei nostri moralismi, mille volte lontano dalle nostre paure.
Eppure il dubbio le resta, nato dall’inconscio, nutrito ogni mattina da qualcuno che pensa al posto di Dio.
Così era al tempo di Gesù (e, malgrado lui e la sua croce, così è ancora): se qualcuno nasceva ammalato, era la punizione che Dio infliggeva al peccato dei suoi genitori. Discorso crudelissimo, ma ineccepibile.
Il cieco nato del racconto di oggi è senza luce e senza speranza, gli hanno detto di essere un maledetto da Dio, un punito. È tollerato dalla comunità, certamente non ha speranze, né diritti, né opportunità.
Finchè non incontra il Dio che, in teoria, l’aveva punito.
Ah, ah.
Luci
E i piani si ribaltano, si capovolgono: il cieco riacquista la vista, chi pensa di vederci ci accorge di essere sprofondato nelle tenebre più caliginose e oscure.
Il maledetto, che i genitori stessi (leggete!) misconoscono per paura del giudizio della gente (senso di colpa duro a morire!), diviene profeta, testimone: discute alla pari con i dottori della legge, li contraddice, svela le loro meschinità, li irride.
Il debole diventa forte, il cieco recupera una vista interiore da aquila, l’ignorante sconfessa l’arroganza dei saccenti.
Dio è così, amici: un bell’applauso.
Noi
Ecco la Chiesa secondo il cuore di Dio, ecco manifesta la sua logica, evidente il suo progetto, indicata la strada maestra.
Siamo entrati nel deserto per scegliere, per scoprire nel profondo la nostra identità, come il Maestro Gesù ha scelto che tipo di Messia essere, che percorso interiore fare.
E se, durante il deserto, scopriamo di essere fragili o ciechi o incapaci, se ci accorgiamo di non essere soddisfatti della nostra vita, ecco che il Signore sorride e ci dice: malgrado i tuoi limiti, attraverso la tua povertà io ti rendo libero e testimone, discepolo e maestro delle cose di Dio.
Così come Dio sceglie il piccolo Davide, il minore dei figli di Iesse relegato a fare il pastorello, perché Dio guarda il cuore, non i nostri muscoli esteriori ed interiori, anche noi siamo scelti, dentro i nostri limiti, per dare gloria a Dio.
L’uomo è cieco, ma Dio ci vede benissimo. L’inizio del brano ci mostra Gesù che vede, che si accorge del mendicante cieco. Quante volte abbiamo l’impressione che Dio sia cieco? Che non veda la sofferenza degli uomini, che non si chini a vedere le mie difficoltà? Dio ci vede benissimo, noi, spesso, no.
La nostra miopia interiore, la nostra cecità, ci fanno esprimere giudizi affrettati, ingiusti nei confronti di Dio. Gesù ci svela il volto di un Dio misericordioso, attento, delicato, rispettoso, che conosce e guarisce le nostre miserie interiori.
Illuminati
Il miracolo conduce il cieco ad un’altra luce, ben più profonda. Le domande che Gesù gli rivolge, portano ad una conclusione: sì ora può vedere chiaramente che Gesù è il Messia, il Figlio dell’uomo. Paolo, nella seconda lettura, ci raccomanda di vivere come “figli della luce, perché ora siete luce nel Signore”.
Non chiudiamoci nei pregiudizi e nella vergogna della nostra fede: sappiamo che tutta la luce che abita nel nostro cuore è dono della tenerezza di Dio.
Accogliamo la sfida, fratelli, non opponiamo resistenza alla luce, lasciamo le dita di Gesù toccare i nostri occhi e guarirli.
Che la nostra vita diventi testimonianza di quest’illuminazione!