Pasqua: cinquanta giorni per accorgerci della resurrezione del Maestro. Tranquilli: anche per gli apostoli è stata dura; siamo così abituati a fermarci al venerdì santo (ricordate i discepoli di Emmaus?) da avere bisogno di tempo per accorgerci che il Signore è vivo. Anche noi rischiamo di andare al sepolcro per imbalsamare Dio, e abbiamo bisogno di molta fede per riconoscerlo nello spezzare il pane. Alla luce della Pasqua gli apostoli rileggono le parole del Maestro, che ora hanno un significato inatteso e luminoso.: il Signore si presenta come un buon Pastore, che conosce e ama le sue pecore, le chiama ad una ad una e le pecore lo riconoscono e lo seguono. Non un pastore qualunque, né un imprenditore agricolo che tiene gli animali chiusi in stalla in allevamento intensivo o cose del genere, no: un pastore buono, cioé efficace. Gesù insiste: egli vuole dare la vita in abbondanza. Gli altri pastori, in realtà, non vengono riconosciuti, le pecore diffidano della loro voce. I discepoli, sul momento, non capiscono: Gesù dice di essere una porta d’ingresso, attraverso di lui si arriva alla felicità.
Che bello, amici! Prendiamo sul serio questa Parola. Cominciamo dalle note dolenti: chi o che cosa è pastore della mia vita? Chi la conduce e dove mi conduce? Non scherziamo su questo – please – si tratta della nostra felicità! Subito, credo, viene da rispondere: "io non ho pastori, me la cavo da solo, sono libero e adulto…" Andiamo! Pastore può essere la mia carriera professionale, il giudizio degli altri, i miei appetiti, i miei sentimenti… se guardiamo bene scopriamo che dietro ogni nostra azione esiste qualcosa o qualcuno che ci ispira. Spesso, troppo spesso, siamo condotti dai bisogni suscitati dal mercato: cerco di apparire più piacevole, di essere più alla moda, di farmi accettare. E’ normale, in parte giusto. Ma ai discepoli, a coloro che sulla loro strada hanno incontrato il Risorto, a coloro che hanno superato la tristezza (ricordate? La gioia cristiana è una tristezza superata!), il Signore chiede di non seguire i falsi profeti, di saper distinguere le voci suadenti di chi la felicità la vende, di chi ti chiede adesione ad un sogno improbabile da chi la vita vera – in abbondanza – te la dona. Scherzo con i miei giovani (e ve l’ho già scritto): viviamo in un mondo in cui per essere felici basta poco, e sembra che tutti ne conoscano la via: bellezza, fisicità, intelligenza, salute, lavoro, soldi tanti soldi. Pensate che c’è gente che addirittura ci crede! Gente che passa la vita a dire che la ragione della propria infelicità è di non essere sufficientemente magro o alto o modesto nei guadagni. Sicuri? Gesù pretende di proporre una vita vera, di essere la porta attraverso cui passare per raggiungere la felicità vera. Vi annuncio solennemente: io ho scelto. Voglio che sia solo il Maestro, che mi conosce per nome e di cui ormai riconosco la voce, a guidarmi nelle strade della vita. Oggi, poi, celebriamo la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Vocazione: rispondere ad una chiamata, capire quale progetto di vita il Signore ha su di me, quale tassello nel mosaico della creazione io rappresento. Una delle cose più belle del diventare cristiani è proprio la percezione di essere parte essenziale di un grande sogno d’amore, e di poter contribuire a realizzarlo! Avete mai pensato la ragione per cui esistete? Quale missione dovete compiere negli anni della vostra vita? Oggi la grande assemblea dei cristiani sparsi nel mondo prega perché ognuno scopra il suo sogno d’amore. Altro è volersi bene e costruire una famiglia, altro percepire questo gesto come chiamata e vocazione: abbiamo urgente bisogno di fratelli e sorelle che nella semplicità, sostenuti dal Maestro e dalla comunità, si amino come Cristo ama la Chiesa. Buona cosa è aiutare gli altri, diverso è lasciare tutto e partire a condividere con i più poveri, in nome di Cristo, speranze e sogni. Infine abbiamo bisogno di pastori secondo il cuore di Dio: uomini che dedichino la loro vita a servizio dell’annuncio e della costruzione di comunità, come gli apostoli. Mancano preti? No: manca la fede, manca il coraggio di capire a cosa "serve" un prete oggi, mancano comunità vive e dinamiche che spingano un giovane a dedicare le proprie forze e le proprie povertà a quel pezzo di regno in mezzo alla gente che è la parrocchia. Qualcuno è in ascolto?
Da parte mia, se continua così finirà che mi farò prete!

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