Parecchie persone mi hanno scritto in questi giorni, dando sfogo al loro stato d’animo per i giorni inquieti che stiamo vivendo… mentre scrivo, ad inizio settimana, ancora non sappiamo com’e quando la risposta americana avverrà, quali conseguenze ne scaturiranno. Nel frattempo – però – desidero che la Parola illumini questo tempo senza che ci passi sulla testa.
Sfogliando gli appunti sul vangelo odierno scritti cinque anni fa, ho visto che allora avevo dato un taglio particolare al commento del Vangelo, che potrei intitolare: il discepolo e la giustizia.
E’ ancora attuale questo tema? Sempre di più, credo. Il nostro vecchio Papa parkinsoniano insiste su questa teoria: la pace è frutto della giustizia. Per quanto gli stati occidentali si sforzino di debellare il terrorismo, migliorerà la situazione solo se cambieranno i rapporti di giustizia tra i popoli. Le polemiche aspre sull’ormai dimenticato G8 di Genova perdevano di vista quest’assioma fondamentale: il terrorismo non avrebbe presa nelle masse povere se riuscissimo veramente a costruire un mondo solidale in cui il benessere dell’umanità prevale sul profitto. Non voglio entrare in temi difficili, in diatribe politiche od economiche, ma è Amos che lo dice. Questo profeta-pastore 700 anni prima di Cristo scuote la coscienza del popolo, tutto preso a rendere onore a Dio nell’attesa di fregare il prossimo, un popolo che rispetta l’apparenza della religione senza tradurla in atteggiamenti onesti e di conversione. Il rischio permane: le leggi di mercato sono influenzate dall’etica, dalla prospettiva cristiana? Non ci sarà vera pace se non si saranno chiariti i rapporti tra economia e politica, tra la volontà di una crescita comune e le conseguenze pratiche sull’economia. Occorre togliere ossigeno al pensiero violento e distruttivo alimentato nelle folle povere dalla visione (a torto?) di un mondo occidentale ricco e spregiudicato che impone le sue leggi economiche a tutti.
L’amministratore delegato della parabola è lodato da Gesù per la sua sagacia (non per la sua disonestà!) e Gesù sospira tristemente: “Se mettessimo la stessa energia nel cercare le cose di Dio!”; se mettessimo almeno la stessa intelligenza, lo stesso tempo, lo stesso entusiasmo che mettiamo nell’investire i nostri risparmi anche per le cose di Dio! La scaltrezza dell’amministratore è l’atteggiamento che manca alle nostre stanche comunità cristiane: pensiero debole che si adagia su quattro devozioni e un po’ di moralismo senza l’audacia della conversione, del dialogo, della riflessione. Riguarda gli altri, tutto ciò? Riguarda le povere vittime americane e le spaesate famiglie afgane che fuggono la vendetta? Saprò, sapremo costruire qualcosa di diverso?
Io, Paolo, posso vivere nella pace, come dicevamo domenica, ma anche nella giustizia: libero dall’ansia del denaro (che può svanire in trenta minuti per opera di un pazzo, New York insegna), libero da mammona, per essere discepolo. Ecco, la sostanza è questa: se sono discepolo di Cristo so quanto valgo, so quanto valgono gli altri e vado all’essenziale nei miei rapporti: dall’onestà nello svolgere il mio lavoro, alla solidarietà, ad uno stile di vita retta e consona al Vangelo. Chi è il padrone dell’umanità? Dio? O mammona? Mammona che oggi ha mille seducenti nuovi volti: mercato, profitto, auto-realizzazione. Gesù non è moralista: il denaro non è sporco, è solo rischioso e il discepolo, il figlio della luce ne usa senza diventarne schiavo.
Concludo unendomi a Paolo, mio patrono e fratello nella fede. Rileggete l’invito fatto a Timoteo, preghiamo con fede, alziamo al cielo mani senza contese, invochiamo il dono della pace per la nostra terra, impegniamoci a trascorrere una vita alma e tranquilla, con tutta pietà e dignità.