Cristo Risorto è il pastore bello che veglia sul nostro cuore: come una porta, sta attento che nessun ladro e menzognero entri nella nostra vita interiore.
È la via che ci conduce al Padre, la verità che ci rende liberi, la vita che ci riempie di gioia.
E, in questo percorso di scoperta della profonda identità di Cristo, oggi la liturgia ci propone un bellissimo brano del ungo discorso che Gesù, secondo l’evangelista Giovanni, ha tenuto dopo l’ultima cena.
Gesù è preoccupato per i suoi discepoli, li vuole salvare dal mondo, cioè dalla logica mondana che rischia di contagiare il nostro modo di vedere le cose e di pensare. Viviamo in questo mondo, ne siamo influenzati ma non gli apparteniamo.
Ma, lo sappiamo bene, da soli fatichiamo, e tanto.
Come distinguere cosa proviene da Dio e cosa dalla nostra ombra interiore? Come trovare la forza per affrontare le inevitabili difficoltà che, come tutti, dobbiamo affrontare?
Gesù ci incoraggia: ci dona lo Spirito Santo.
La forza del Padre, il dono del risorto ai credenti.
E, in questo caso, ne definisce due delle peculiarità: lo Spirito è il Consolatore/Paracleto ed è colui che ci conduce alla pienezza della verità (di nuovo!).
cade.

Colui che si mette accanto
Il termine usato da Gesù in greco, la lingua con cui sono scritti i vangeli, è paracleto, che abbiamo tradotto, non senza qualche approssimazione, consolatore.
In realtà il paracleto, letteralmente colui che è chiamato accanto è una figura preziosa e concreta nel mondo antico in cui non esistevano gli avvocati. Una persona chiamata in giudizio doveva difendersi da solo ma, in assenza di prove sufficienti a comprovare la propria innocenza, poteva sperare che fra il pubblico vi fosse un paracleto, cioè un cittadino di fama specchiata, rispettato da tutti, che, convinto della sua innocenza, poteva alzarsi dal pubblico e mettersi a fianco dell’accusato, senza dire nulla.
Il suo intervento, spesso, finiva col convincere i giudici dell’innocenza dell’accusato o, perlomeno, del fatto che in lui prevalevano le virtù.
Gesù ci invia un altro paracleto: il primo è lui stesso.
Che ci difende non dalle accuse di Dio (non diciamo scempiaggini!) ma dal peccato e dall’ombra.
Spesso siamo noi stessi ad accusarci, rodendoci di sensi colpa, oppure il mondo aggressivo e rissoso.
A volte ci accusa il nostro passato o i nostri errori.
Nulla ci separa da Dio perché abbiamo il paracleto che ci dona una nuova possibilità.
Vi sembra poco?

Spirito della verità
Non solo: lo Spirito della verità, che il mondo non vuole ricevere perché è menzognero, ci conduce alla verità tutta intera: su Dio, sul mondo, su noi stessi. La verità, dicevamo, non è un insieme di dottrine da imparare ma una persona, il Cristo, che ci svela chi siamo e chi è Dio.
La verità ci rende liberi, la consapevolezza di ciò che siamo, senza nascondere i nostri limiti giustificando i nostri errori, senza farcene travolgere e schiacciare, ci porta alla libertà. Liberi dal peccato, liberi dalle ombre, liberi dai limiti per poter amare.
Verità e libertà sono compagne di viaggio.
Non la libertà che oggi ci viene proposta, un’assurda anarchia egoistica e narcisista: mi disinteresso di tutto mettendo il mio piccolo ego al centro dell’Universo. Mi credo libero ma divento schiavo dei miei appetiti!
Invochiamo lo Spirito, sempre, che ci permette di giungere alla pienezza della verità.

Filippo
Se è davvero così, allora, la difficoltà diventa straordinaria opportunità, occasione di annuncio, ragione di conversione.
Ne sa qualcosa Filippo che, a causa della persecuzione che si è scatenata contro la primitiva comunità, è fuggito e si ritrova in Samaria, la terra abbandonata, la terra eretica, la sposa infedele che Gesù stesso ha cercato di sedurre e di riconquistare.
La fuga diventa luogo per l’annuncio e conversione di nuovi discepoli.
Se la Chiesa in occidente, nell’attuale complessa situazione storica, la smettesse di lamentarsi, e ricominciasse semplicemente a fare la Chiesa, cioè ad annunciare nella gioia Gesù Cristo, semplificando il proprio linguaggio, limando le proprie incoerenze, alleggerendo le proprie elefantiache strutture, forse potrebbe fare la stessa esperienza che ha fatto Filippo.

Rendere ragione
Dimorare nell’amore, non scoraggiarsi e approfondire la fede, come suggerisce Pietro.
Il nostro cristianesimo occidentale oscilla fra due eccessi ugualmente pericolosi: il ritorno ad un clima di chiusura e di contrapposizione col mondo innalzando inutili barriere nei confronti degli altri ed il rischio di cedere ad un cristianesimo emotivo e populista, che segue le apparizioni e dimentica il deposito della fede. Davanti alla chiusura e al misticismo semplificato e superstizioso la Chiesa propone un’alleanza fra intelligenza e fede, fra conoscenza e spiritualità.
Solo con la fatica dello studio, della comprensione dei testi, della preghiera feconda e motivata, della ricerca umile della verità possiamo incrociare le attese dell’uomo contemporaneo alla ricerca di senso.
Così, diverremo capaci di rendere ragione della speranza che è in noi.

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