Racconto di Natale 2010

«Mi raccomando: questo è un momento cruciale per il giornalismo mondiale, uno dei momenti di svolta della storia. Se lo gestiamo bene un giorno potremo dire: io c’ero. Ed essere fieri del lavoro svolto».

Il direttore aveva pronunciato questa frase con una certa solennità, ad enfatizzare un clima di tensione e di eccitazione che si respirava nell’affollata sala riunioni del comitato di redazione del quotidiano. La stanchezza per la notte insonne e la frenetica mattinata era superata dall’adrenalina che scorreva a fiumi nelle vene dei giornalisti che affollavano la stanza. Il timore reverenziale che tutti avevano per il direttore, uno dei padri del giornalismo del dopoguerra, era solo superato dalla voglia di farsi apprezzare per il lavoro svolto.

«La pubblicazione dei dossier su Wikileaks può davvero cambiare la storia del giornalismo. Avete avuto tutta la notte e la mattinata per leggere e far leggere centinaia di documenti, adesso tiriamo le fila. Voglio solo notizie davvero clamorose, abbiamo riservato oltre otto pagine a queste rivelazioni per l’edizione di domattina. I nostri concorrenti sono agguerriti ma la gente è assetata di notizie. Se davvero questo è l’11 settembre della diplomazia, noi dobbiamo esserci, difendendo la nostra posizione di mercato e la nostra clientela. Niente sbavature, siamo professionisti e so di poter contare su di voi. Iniziamo dalle cose più importanti… dunque, vediamo, l’America?».

Il direttore guardò un giovane scapigliato alla sua destra, che prese in mano alcuni fogli stampati.

«State a sentire: gli ambasciatori americani inviavano mail confidenziali in cui stroncavano la stragrande maggioranza dei capi di stati amici. Giudizi pesanti sul presidente francese, sulla Merkel, ma anche sui principi sauditi…»

Ci fu un brusio nella stanza.

«… ma la notizia bomba è che la Clinton chiede agli ambasciatori all’ONU di spiare gli ambasciatori degli altri paesi per avere delle informazioni utili!».

Il brusio crebbe sostenuto da un serie di commenti fra lo stupito e il compiaciuto.

«Molto bene, Gianni. Fate un pezzo di mille cento battute, trovatemi una bella foto di Hillary e magari qualcuna degli altri menzionati. Poi qualche box, duecento battute l’uno, magari qualche stralcio dalle mail, le frasi più compromettenti. Mi raccomando: sale, molto sale. E poi cercatemi l’ambasciatore americano per qualche dichiarazione. Ottimo, andiamo avanti: Luciana?».

Tutti guardarono una elegante signora cinquantenne dall’aria decisa.

«Anche con la Cina c’è da ridere. Gli ambasciatori comunicano tutte le malefatte del regime, l’altissimo tasso di corruzione, la sistematica violazione dei diritti umani, la localizzazione di camere di tortura, e il dipartimento di Stato americano risponde di tenere un profilo basso, di non danneggiare l’immagine della Cina che risulta essere il più grande creditore del sistema finanziario americano…»

Ci fu un’altra ondata di commenti e di battutacce, in un clima sempre più goliardico ed euforico.

«Bene, molto bene, questa roba farà sobbalzare sulle poltrone molte teste coronate. Mezza pagina per te, trovami una foto di una fabbrica cinese, no, meglio, di una fucilazione, mi raccomando, carica il tutto ben bene. Andiamo avanti…».

La riunione continuò su questo tenore: la Russia e Putin, l’Inghilterra, Ghedaffi, l’Iran e il nucleare. Tutti prendevano appunti mentre le lancette dell’orologio correvano troppo in fretta. Sarebbe stata un’edizione da un milione di copie, ma la concorrenza era selvaggia, e internet stava bruciando tutti gli scoop cartacei. Tutti si aspettavano la stoccata finale. Il direttore guardò di fronte a sé il suo più valido collaboratore, compagno di mille battaglie e di mille articoli che avevano fatto la storia della cronaca. Il sorriso compiaciuto di Luigi, il veterano della redazione, assieme al direttore, era sintomo di una grande notizia.
«Fammi godere», disse semplicemente il direttore.

Luigi prese un foglio e si inforcò gli occhiali. Lesse:

«Questa l’ha scritta Elisabeth Dibble, agente diplomatico di primo rango. Così definisce il nostro amato monarca: è “irresponsabile, vanesio e inefficace, come un leader europeo moderno”…». Tutti scoppiarono a ridere, poi qualcuno cominciò a chiedere il silenzio.

«Continua» intimò il direttore.

«Altro rapporto: è palesemente debole, fisicamente e politicamente, a causa, cito testualmente, della sua “inclinazione per le feste notturne e frequenti significa che non si riposa abbastanza”».

Nella sala ci fu un boato e più di un commento scurrile.

«Grandioso, grandioso» commentò visibilmente soddisfatto il direttore «Doppia pagina, dopo la Clinton, cercatemi una foto del presidente stanco e qualche velina, scegliete voi… Richiamo in prima, poi vedremo i titoli», disse rivolgendosi al caporedattore che annotava.

«Non resta che Israele e chiudiamo. Gianluca?».

Un impacciato cinquantenne sovrappeso e sudaticcio, scorreva i fogli, visibilmente preoccupato.

«Poco, direttore, ben poco. Abbiamo setacciato oltre mille documenti, ma niente di nuovo: la minaccia di usare l’atomica se l’Iran continua il suo programma nucleare, una mail interessante sull’impegno degli USA a controllare con i soldati ONU il Libano meridionale, una relazione sui campi profughi e il dominio di Hammas…».

Il direttore manifestò insofferenza: «Aria fritta, cose che sanno tutti. Cose vere, cose strane, cose incomprensibili?».

«Solo una serie di mail dello scorso anno, che non sono proprio riuscito a decifrare, che magari contengono qualcosa di sconvolgente ma non capisco molto… Se volete le ho fatte tradurre e fotocopiare, così magari mi aiutate».

Il direttore voleva chiudere in fretta e accettò di malavoglia che l’inviato per il Medio Oriente passasse quei fogli.
«Sbrigati».

«Eccomi, scusate. Leggo per tutti:

Da: ambasciata americana, Tel Aviv
A: Dipartimento di stato, Washington
Livello: strettamente confidenziale
Oggetto: richiesta di analisi

Il nostro infiltrato presso la Knesset ci comunica uno strano movimento nell’ufficio del presidente. Pare che siano preoccupati dall’imminente arrivo di un non meglio definito capo religioso, tale Messiah, che potrebbe sollevare dei problemi con la popolazione più ortodossa. L’ufficio per le questioni religiose ha effettivamente segnalato uno stato di agitazione in una parte della popolazione dei kibbutz dell’alta Galilea, affermando che tale movimento potrebbe sorgere nella città palestinese di Betlemme. Un loro agente che lavora sotto copertura fra i beduini comunica che lo scorso mese alcuni di essi hanno parlato di una misteriosa luminescenza durante la notte. Il governo teme che i palestinesi stiano sperimentando armi chimiche per un eventuale attacco. Ma la cosa sconcertante è stata la richiesta, da parte della delegazione degli Emirati Arabi in visita diplomatica a Tel Aviv, di un incontro con esperti di Bibbia con alcuni loro scienziati che vogliono confrontare una teoria desunta da osservazioni astronomiche. Si richiede copertura satellitare e agenti per seguire adeguatamente l’evoluzione della situazione».

Gianluca alzò lo sguardo dalla pagina sperando in una reazione positiva da parte del direttore.
Dopo qualche secondo di imbarazzato silenzio, questi posò il foglio e sentenziò:
«Scemate. Un box in ottava con un missile nucleare e ottanta righe di riassunto sulla minaccia all’Iran. Titolo: Niente da segnalare in Israele».

Paolo Curtaz