Il Giudizio Universale

L’escatologia è la fede che si apre al futuro. Cosa succederà, cari amici, quando saremo davanti al Signore Gesù? Io non lo so, ma il Signore sì. E lo racconta nell’impressionante parabola del Giudizio Finale; da questo momento nessuno può dire: “non sapevo”: è scritto! Che, dunque? Cosa succederà? Il brano lo conoscete bene: l’appello, la separazione delle pecore dai capri, l’accoglienza di chi avrà riconosciuto il volto del Cristo nell’affamato, nell’assetato, nel carcerato, nel malato e la condanna di chi non lo avrà riconosciuto e aiutato. Eppure noi, nonostante questo vangelo, chiarissimo, corriamo il rischio di adattare quanto il Signore ha detto. Ma, ci chiediamo, il giudizio non ha a che fare con il peccato? Con le Messe e i ritiri che abbiamo frequentato? Leggete! Vedrete se se ne parla! Quando saremo lì, cari amici, il Signore, guardandoci con amore (è l’unico sguardo che conosce), ci chiederà: “mi hai riconosciuto?” Tutto lì! Mi direte: “E il ‘meritarsi’ il Paradiso?” Sarò schietto e teologicamente chiaro: nessuno potrà mai “meritarsi” il Paradiso! È talmente sproporzionata la misericordia di Dio, che nessuno mai potrà “meritarsi” alcunché. Ve lo mettete in testa che la Salvezza è gratis? Che l’iniziativa è di Dio e di Dio solo? Che a noi è solo chiesto di avere il coraggio di accogliere la sua Parola? Abbiamo ridotto il cristianesimo a ragioneria! Tanti meriti addizionati fanno tanta salvezza … che tristezza! Saremo giudicati sull’amore, e solo su quello. Allora, certo, abbiamo bisogno di ascoltare la Parola, di celebrare il giorno del Signore, di accogliere il suo perdono ristrutturante per poter amare.

Il primo lavoro da fare, quando parliamo di immagini, è quello di liberarci dalle immagini che più che dire nascondono la realtà; Matteo usa un linguaggio figurato, apocalittico, quindi non saremo trasformati in pecore o capri. Dobbiamo ricuperare le nostre radici ebree per poter leggere questa pagina, senza “occidentalizzarla.” Cos’è il giudizio nella concezione ebraica? Un ebreo rifiuta l’astrazione tipica del mondo greco e latino. Uomo abituato alla dura vita di un ambiente ostile, vive nella concretezza, nei gesti misurabili, verificabili. Perciò il giudizio è e sarà sempre sul concreto. Leggete questa pagina: non c’è scritto: “Venite benedetti del Padre mio, perché avete fatto tre ritiri, perché appartenete a questa o quella associazione, perché vi siete consacrati alla vita religiosa …”; il nostro fratello nella fede Lutero direbbe: vanità! Saremo giudicati sulla concretezza, sul fatto di avere riconosciuto o meno il Signore Gesù. Questo ci porta a due conseguenze:
la prima, liberante, è che in Paradiso avremo delle sorprese stupende. Quanta bontà ci consuma ogni giorno sulla terra! Quanta generosità, quanto amore, senza saperlo. Il mondo è pieno di gesti di riconoscimento nei confronti di Cristo. Liberiamo il nostro cuore! Guardiamo con lo sguardo della fede! Guardiamo con lo sguardo dello Spirito! Benedetti i gesti d’amore, di stima, di aiuto, gesti banali di cortesia. Viviamo in un mondo avvelenato dalla diffidenza. Rompiamola, questa diffidenza, con piccoli gesti d’amore. Ma che siano gesti fatti con intelligenza. È così difficile aiutare gli altri, oggigiorno … Non basta tirar fuori le 5000 £ che magari vengono date a chi vive di espedienti. Ci vuole intelligenza per riconoscere il volto di Cristo.
La seconda conseguenza è che il nostro sguardo sugli altri cambia. E cambia il giudizio che abbiamo sul mondo. Chiedetelo alle nostre sorelle che, sull’esempio del Cottolengo, passano la vita a riconoscere il volto di Cristo nei fratelli. Non è facile! Vedere un uomo incapace di reagire, incapace di intendere, e circondarlo di affetto, di amore, di tenerezza perché si riconosce Cristo: non è facile … Pensate quando il Signore dice: “ero carcerato.” Attenti: non intende dire: “Ero un innocente messo in carcere.” No: carcerato e basta. Quando diciamo: “bisognerebbe ammazzarli tutti, i carcerati, gli handicappati (a loro si aggiunge: poverini …)!” Ero carcerato, ero ammalato, mi avete riconosciuto?

Come saremo giudicati? Non aspettatevi che il Signore tiri fuori il librone e con sguardo severo vi faccia l’esame. No! Lo dice lui stesso: “Sarete giudicati dalle mie Parole.” Saremo lì e d’improvviso avremo la luce dentro e capiremo. Quella luce che abbiamo rifiutato tutta la vita, ci invaderà, e prenderemo coscienza.

Ancora due parole sui capri. Non contraddice la bontà di Cristo questo inferno preparato per il diavolo e i suoi angeli? Esiste, certo. Ma non banalizziamolo. Troppo spesso incontro cristiani che usano l’inferno per le loro vendette personali: questo mi ha fatto un torto, quindi lo mettiamo all’inferno. Ma non cerchiamo immagini. Gesù parla della “geenna”, che era la valle laterale opposta a quella di Cedron, a Gerusalemme; nella Geenna veniva bruciata l’immondizia. Quindi, ad essere precisi, l’inferno è una pattumiera … Ma se Dio è buono, perché esiste l’inferno? Proprio perché è buono! Nell’assoluta libertà che abbiamo possiamo ostinarci a non restituire l’amore che ci viene dato e scegliere drammaticamente le tenebre … L’inferno, quindi, non è il luogo in cui uno viene mandato in punizione, ma il luogo che uno si sceglie per stare il più lontano possibile da Dio. Il problema è: l’inferno esiste; ma c’è qualcuno dentro? Spero di no! E con me lo spera tutta la Chiesa. Certo che per dannarti ce la devi mettere tutta! Il Signore ci bombarda tutta la vita di gesti amore e di bontà. Il Signore talmente ci ama che gli basta vedere uno spiraglio di volontà per riempire il nostro cuore di eternità. Ma la libertà è ciò che ci contraddistingue; se vedessimo Dio non potremmo fare a meno di amarlo. Ma non saremmo più liberi!
Sull’inferno vi voglio dire ancora due cose. La prima la cito ad ogni ritiro, ma è troppo bella. Riguarda Paul Claudel, uno degli “Immortel” dell’Académie, che si è convertito la notte di Natale, d’improvviso. È lui che ci racconta, trent’anni dopo, di quel momento. E ci dice: in quell’istante capii che Dio mi amava e che mi lasciava la scelta di accogliere questo amore o di drammaticamente rifiutarlo e, se l’avessi rifiutato, sarei finito all’inferno; e continua: non c’era bisogno che mi si spiegasse cos’era l’inferno: ci avevo vissuto fino a quel momento; l’inferno è ovunque non c’è Cristo. Che bella definizione di inferno! L’inferno è ovunque non c’è Cristo.

Un secondo aspetto pieno di luce: la Chiesa fa i santi, non i dannati. L’avete notato? Non esiste il “processo di dannazione”, solo quello di canonizzazione. E Giuda? Che mistero! Neppure di Giuda possiamo dire nulla. Come ci ricorda l’arcivescovo Marsiglia, il buon Etchegaray, ce n’è di tempo prima che si tenda la corda! L’unica differenza tra Pietro e Giuda è proprio nella reazione al perdono di Cristo. Lo vedremo nel racconto della Passione.

Vorrei ricordarvi che l’eternità è già cominciata. Molto spesso contrapponiamo il Paradiso, anche se preferisco chiamarlo più evangelicamente “Regno”, al nostro mondo. Contrapponiamo “l’al di là” con “l’al di qua.” No! Il Regno è in mezzo a noi, l’eternità è già cominciata. La Chiesa vorrebbe rappresentare questo inizio di Regno, fino alla pienezza, là dove saremo diversi, senza confusione, uniti nell’Unico. La continuazione del nostro essere: questo è il Regno. Ma sono fiducioso! Se noi uomini siamo capaci di gesti di bontà, quanto più Dio! Se nella nostra vita, fatto il peso delle nostre fragilità, delle nostre incongruenze, dei nostri limiti, abbiamo cercato Dio, lo troveremo. Se con tutte le forze avremo chiuso gli occhi alla luce, con ostinazione, resteremo nel buio.

Quindi, la sintesi di Mt 25 è questa: saremo giudicati sulla concretezza dell’amore. E la Chiesa ama nella concretezza. E qui mi scaldo in difesa della Chiesa e della sua concretezza. Non parlo della Chiesa che abita i nostri pregiudizi, ma la Chiesa del Signore Gesù! Io ho fatto questa esperienza: che malgrado i limiti, le fragilità, i peccati, ho sempre incontrato un cristiano dove c’è sofferenza. Molti criticano la Chiesa. Da seduti. Molti stanno zitti e, come Chiesa, si mettono a servizio degli ultimi. Quando qualcuno comincia a parlare male della Chiesa, sto male. E dico: “Mi spiace che tu abbia conosciuto questa Chiesa. Non è la mia.” Ho visto uomini e donne, in nome di Cristo, stare in situazioni in cui non avrei resistito un quarto d’ora. Ho visto cristiani amare persone non amabili, servire persone abbandonate, mettersi al servizio di povertà insostenibili. Questa è la Chiesa che ha capito Matteo 25! E allora: perché vergognarsi di essere cristiani? Perché vergognarsi della Chiesa! Io ne vado fiero! Di cosa dovremmo vergognarci? Che là dove c’è una sofferenza c’è un cristiano ad alleviarla? Di cosa dovremmo vergognarci, delle migliaia di uomini e donne che, mentre i grandi discutono, vivono nelle zone di guerra e di fame? Di un Papa che, in età di pensione, attraversa il mondo predicando il vangelo, la pace, la solidarietà? Dando voce a chi non ha voce? No: noi siamo lì a contare quanto è costato il palco per accoglierlo … farisei! E devo dirlo con orgoglio: anche la Chiesa italiana, nei suoi limiti, ha saputo accogliere questa pagina di vangelo. Il 90% delle Comunità Terapeutiche in Italia sono fondate da preti. Mentre ci si sciacqua la bocca con i dibattiti politici sulla liberalizzazione, migliaia di ragazzi escono dalla droga grazie ai cristiani … Ma, attenti: il mondo ha capito questa cosa e vuole ridurre la Chiesa a una gigantesca Croce Rossa che intervenga là dove lo Stato non arriva. Comodo, no? Diventare infermieri della Storia a gratis! Ma noi lo facciamo perché riconosciamo il Signore Gesù nel volto sfatto di un tossico! Quando mi occupo dei ragazzi tossici passo per essere un prete all’avanguardia. Se prendo i ragazzi e annuncio loro il vangelo per trovare senso alla vita e non bucarsi, li sto manipolando …

(da “Il Gesù di Luca e di Matteo”, appunti, 1997)