La guarigione – 1

La prima riflessione, prima di affrontare direttamente il testo, è di capirsi bene su questo Gesù che guarisce. Molto spesso trovo delle persone che sui miracoli del vangelo hanno un duplice atteggiamento. O di scetticismo ipercritico: “ma si, bisogna fare una lettura spirituale” e questi rispondo: Gesù ha guarito fisicamente delle persone! Se vi sembra impossibile chiedete a quel mio conoscente che ha fatto una tesi di laurea sulle guarigioni in medicina non spiegabili: interessantissima, in cui diceva che bisogna riconoscerlo che ci sono dei casi in cui si guarisce, ancora oggi. E quindi nulla di più credibile di una cosa del genere. Certo: noi che abbiamo una mentalità scientifica per cui dobbiamo essere ipercritici e dire a Dio cosa deve fare per esistere… Sapete, ogni anno partecipo ad un ritiro a “La Flatière”, nei pressi di Chamonix. In questo “foyer de charitè” fanno l’unzione degli infermi: su 250 partecipanti ci sono sempre 15/20 persone ammalate o gravemente ammalate e ogni anno ci sono delle guarigioni. E l’anno dopo torna la persona che dice: “l’anno scorso avevo un tumore, adesso non c’è più….” Sono fatti molto seri e documentati. È bellissimo perché il predicatore dice: “Ma di cosa vi spaventate? Diciamo che crediamo e poi non crediamo!”
L’altro eccesso è di ridurre il cristianesimo a sensazionalismo. Questo è un rischio che vedo molto, molto, molto presente. Ci si rivolge a Dio per guarire. Ci si rivolge a Dio per chiedere. Si fanno i ricatti: “Dio, se esisti fà che, guarisci….” Il mistero della sofferenza è enorme (e lo vedremo) ma, qui Gesù guarisce perché è un taumaturgo a servizio del regno. Il fatto che Matteo metta subito dopo il discorso i fatti, è proprio perché Gesù è come l’uomo saggio che costruisce sulla roccia: mette in pratica le sue stesse parole. Quindi, le guarigioni di Gesù, i miracoli di Gesù, sono da vedere in questo contesto: è il regno che avanza. Vi siete mai chiesti perché Gesù non ha risuscitato tutti i morti, non ha guarito tutti i lebbrosi, non ha guarito tutti i ciechi? Non è perché era un maleducato… ma perché non era quello il suo scopo. La guarigione è segno che il regno di Dio avanza. Di più: la guarigione esteriore della malattia è segno di un’altra guarigione, più profonda. Io spero di andare in paradiso, per tutta una serie di motivi. Primo, perché ho sonno e devo riposare; secondo, perché devo incontrare alcuni amici; terzo, perché voglio vedere quelli che sono stati guariti da Gesù e chiedergli: “Ma com’è andata?” Io sono convinto che costoro mi diranno: “Io volevo essere guarito fuori, sono stato anche guarito dentro!” Ricordate l’episodio emblematico dei dieci lebbrosi che vanno da Gesù per essere sanati. Gesù li guarisce, uno solo torna indietro a ringraziare. E Gesù si intristisce e dice: “Dieci li ho guariti ma uno solo si è salvato.” Perché la salute, con tutto rispetto per le persone che sono malate, non è tutto: è la salvezza che è più della salute, e Gesù lo sa. Il segno della guarigione è una guarigione interiore, profonda, tant’è vero che tutte le persone che guarisce vogliono seguirlo, cambiano completamente. Questo è importante.
Ripeto. Affronteremo il problema dalla sofferenza: non sto banalizzando. Sono i sani che dicono che la salute non è importante. La salute è fondamentale, ma non è tutto. Ho incontrato persone molto malate, molto serene e persone sanissime che buttano via la loro vita drogandosi. Quindi vedete che la salute non è tutto.
L’intervento di Gesù che fa miracoli non è un miracolismo: Gesù non è Mandrake! C’è stato un periodo, nell’interpretazione dei vangeli, in cui si spingeva un po’ su questo tasto: Gesù ha guarito, quindi è Dio. Non era quello l’obiettivo di Gesù! L’obiettivo è Gesù stesso che ce lo rivela: “Se vedete questi segni vuol dire che il regno di Dio è in mezzo a voi”, vuol dire che il regno è arrivato. È come un tumore al contrario, in cui, invece di essere le cellule maligne a moltiplicarsi, sono quelle benigne. Così è Gesù. La sua è una presenza che dilaga. La guarigione è segno che ciò che dice non è un pio discorso: è una realtà. Là dove la guarigione è salvezza. Sono quindi i segni della presenza di Gesù: il regno è in mezzo a noi.
Allora sappiate che questi segni, con abbondanza, continuano. Segni di guarigione esteriore e interiore. Questo regno di Dio che avanza, bisogna saperlo riconoscere, ma c’è. È per quello che vi ho letto questa pagina un po’ forte ma straordinaria, dei sette monaci.
Che cos’è questo? Un bel gesto? Fatevi sgozzare: vedete che bel gesto! Si pensa sovente che il monaco sia una persona fuori dal mondo. Il monaco è una persona come tutti, che ha paura, come tutti, che non vuole mica morire, come tutti. Un conto è morire come eroe, un conto è morire come un maiale, sgozzato… scusate, ma è così! Per di più da gente che pensa di farlo in nome di Dio. Il regno di Dio avanza.
Se avessimo questo sguardo nello Spirito per riconoscere i milioni di segni di questo regno che avanza. Le guarigioni interiori: dovreste essere prete per qualche minuto per vedere tutto questo. Il prete ha la fortuna di avere la confessione e quindi vede le guarigioni interiori.
Anche le guarigioni esteriori. Ci sono dei movimenti suscitati dallo Spirito dentro la chiesa che portano un’attenzione particolare su questo, come il rinnovamento nello Spirito.
Vi racconto di padre Emilien Tardif, canadese. Un padre missionario che ha scritto libri molto semplici, quali: “Gesù è vivo.” Mentre era in missione, padre Emilien si è preso la tubercolosi. Tornato in Canada, agli esami in sanatorio gli viene comunicato che probabilmente perderà un polmone. Per lui un duro colpo: fine del ministero. Un giorno sono andati a trovarlo delle persone che gli dicono: “Siamo dei cristiani e siamo venuti per invocare il dono della guarigione su di lei.” Lui stesso dice che in quel momento ha pensato: .”..ma chi è arrivato?” Anche se imbarazzato, li fa entrare e gli fa chiudere la porta, per evitare che i medici vedessero questi “fuori di testa” che invocavano lo Spirito, e dice: .”..ma Gesù era già entrato….” Questi invocano lo Spirito e se ne vanno. Il giorno dopo gli fanno le lastre, arriva il primario e gli dice: “Padre Emilien, c’è qualcosa di straordinario, mai visto niente del genere: lei non ha più la tubercolosi!” Non solo: ma il pezzo di polmone che era stato intaccato è sano. Allora padre Emilien ha detto: “Ma allora se lo hanno fatto loro, perché non io?” Da allora padre Emilien è uno dei più grandi guaritori della chiesa.

Quali guarigioni in me?
È ovvio che non è la guarigione lo scopo per cui Gesù è venuto, ma è il regno. Allora questo Gesù taumaturgo, che guarisce dentro e fuori, è qui perché vuole guarire anche noi: di quali guarigioni ho bisogno?
Chiedetevelo: “Signore, da che cosa devi guarirmi?” Che cosa io sento come una malattia, come un qualcosa di invalidante nella mia vita? Che cosa, in certi momenti della mia vita, mi fa gridare, come i ciechi che incontreremo: “Signore, figlio di Davide, abbi pietà di me! Non ce la faccio più!”
È un discorso molto delicato, ma so, per certo, che ciascuno di noi ha una zona oscura dentro di se che va guarita. Possiamo aver bisogno di essere guariti da una malattia fisica, magari molto dolorosa; possiamo avere bisogno di essere guariti da quella malattia terribile che sono le ferite del profondo. Non c’è bisogno di scomodare la psicanalisi o la psicologia, scienze volute da Dio, per dire che ciascuno di noi a volte si porta delle ferite dall’infanzia, dalla vita, ferite che possono turbare più o meno profondamente la nostra vita e invalidarla. Sono sempre molto attratto e affascinato da questa riflessione e invito tutti quelli che nella vita vogliono fare psicologia, o qualcosa del genere, di farlo.
Un mia cara amica psicologa e cristiana mi diceva che ci sono molti autori cristiani che sostengono che queste ferite psicologiche provengono da una mancanza di amore. Vedete come il vangelo si ricollega? Il bambino che non è amato resta ferito. Il bambino che è amato male resta ferito. L’adulto ha qualche probabilità in più perché ha la possibilità di difendersi.
Può succedere allora che ci si trovi con delle parti di noi oscure. Con delle parti di noi che sono quelle che ci fanno venire l’ansia, l’angoscia. Sappiate che il Signore vuole guarirci.
La guarigione del Signore non sarà però un ritornare indietro e rifare la vita; impossibile. Le ferite probabilmente resteranno. Ma la guarigione del Signore è accettare le nostre paure e i nostri abbandoni, sapendo che il Signore salva anche quelle. Sapendo che il Signore non ci ama a scomparti, come fanno gli altri, che il Signore non ama di noi le parti migliori, come fanno gli altri (infatti noi tendiamo sempre a mettere in mostra le parti migliori: giustamente), ma il Signore ci ama tutto. E solo nell’amore possiamo essere liberi. Il problema non è avere delle ferite, il problema è essere liberi: che queste ferite non ci infettino, non ci inquinino, non ci rovinino la vita. Nel libro “Il mio testamento”, l’Abbè Pierre ha scritto: se mi si chiedesse di sintetizzare in tre parole tutta la mia vita e tutte le cose che ho conosciuto, potrei dire queste tre verità: nonostante tutto siamo liberi, nonostante tutto Dio ci ama, nonostante tutto vale la pena di vivere.
Siamo liberi, la guarigione ci rende liberi. E allora, cari fratelli, dobbiamo amarci molto. Perché l’amore che date a quelli che vi stanno intorno guarisce noi e guarisce loro. La mia visione è un po’ semplicistica? Può darsi: è evangelica.
Che cosa guariva questa gente? Una magia? Che cosa guariva questa gente, se non l’amore di Dio? Che cosa guariva Pietro dal suo peccato, se non lo sguardo di Cristo? Che cosa ha fatto si che i limiti evidentissimi degli apostoli non ostacolassero la diffusione del regno, anzi, l’avvantaggiassero (dice Paolo: “Nella mia debolezza si manifesta pienamente la potenza del Signore), se non l’amore di Cristo?
Quando Paolo scrive, non si sa a cosa si riferisse: probabilmente (e gli esegeti sono d’accordo) ha una sua ferita interiore, un suo difetto, un qualcosa che lo fa stare molto male (i più maligni dicono: il suo cattivo carattere). E Paolo dice: “Ho pregato per tre volte…” credeva nella preghiera Paolo, se si lamenta perché tre volte ha pregato prima di essere esaudito! E continua: .”..chiedendo al Signore che mi liberasse da questa spina, e il Signore mi ha detto: Paolo, ti basta la mia grazia. Nella tua debolezza, infatti, si manifesta pienamente la mia potenza!” E Paolo è stato guarito. Vuol dire che il suo difetto è rimasto, ma lui lo ha visto in maniera diversa. Lo ha accolto, lo ha accettato: perché amato. La guarigione non consiste nel cambiare, ma nell’accettarsi. La guarigione non consiste nel ritornare indietro e ripercorrere la nostra vita, ma capire che nonostante tutto quello che è successo, io sono libero, perché amato.
Gesù guarisce: lui è la vita.
Quale guarigione in me? Bisogna chiederselo: “Da cosa devo essere guarito?” Davanti a lui possiamo essere liberi e sinceri e chiedere la guarigione. Non aspettatevi la lucina, può darsi che non succeda niente e poi, tra vent’anni, vi guarderete indietro e direte: “Ma guarda un po’: come sono cambiato a partire da quella volta…”
Un’altra profonda guarigione di cui ho bisogno è la guarigione dal peccato. Trovo troppi cristiani che mettono il peccato in posti sbagliati della loro vita: o in un angolo che nessuno vede, menchemeno loro, oppure bene in vista in modo tale che occupi tutto lo spazio. Il peccato va messo al suo posto. Il peccato è semplicemente capire che Dio ha un progetto straordinario su di me e io voglio fare di testa mia. Allora quando si vede la discrepanza tra il progetto e la realizzazione, ci si ferma e si dice: “Signore: non va…” E il Signore ci dice: “E già: non va…” E noi: “Cosa facciamo?” “Faccio io… come al solito…”
Immaginate il più grande degli architetti che ha progettato per voi un palazzo straordinario e voi, che siete uno che ha fatto un po’ il muratore, andate da lui, guardate il progetto, e gli dite: “Ma va! Qui ci mettiamo la porta… vie queste scale…” Certo poi vacilla un po’…
Il peccato è questo. È questa discrepanza. È guardare con sofferenza a sé e dire: “Sto giocandomi male la mia libertà. Sono fatto per amare e non riesco ad amare: Signore, guariscimi, liberami!” E la confessione è, per eccellenza, il sacramento della guarigione.
Mi rendo conto che noi alle volte siamo morbosi nei confronti del peccato. Abbiamo una visione del peccato morbosa, invalidante, come se fosse una cosa terrificante…
Premessa: andatevi a leggere la prima lettera di Giovanni, perché poi sembra che certe cose le dica io… “Qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri, abbiamo un avvocato che è Cristo.” Dio è più grande del nostro cuore. Dio è più grande. Dal demone della disperazione, che ci fa credere imperdonabili: libera nos domine. Dio è più grande. Allora bisogna chiedere la guarigione anche dal peccato, che non vuol dire “non fare più peccati.” Dove sta scritto? Sfido chiunque a cercare su tutta la Bibbia e trovare un brano in cui Gesù, Dio o un profeta, vi venga a dire che bisogna essere impeccabili. Salendo sulla montagna, si suda e ci si sporca: che scoperta! Ma l’obiettivo è andare sulla montagna, non è guardarsi e dire: “Mamma mia, come puzzo!”
Bisogna davvero fissare lo sguardo su Dio. Sapete quante volte trovo dei cristiani che andando a confessarsi sono immensamente più preoccupati del loro peccato che non del perdono! Stanno a scervellarsi per andare a trovare il peccato, a pensare a cosa penserà il prete e non si accorgono che c’è Dio che li sta colmando della sua misericordia. Ogni volta che ci confessiamo dovremmo saltare come delle gazzelle e dire: “Ma io sono qui a ricevere il perdono! Sono qui per essere guarito!”
Il più grosso peccato che potete immaginare è come una goccia d’acqua che cade su un fuoco di brace. Sapete cosa fa? Puff! Basta. Perché questo è il cuore di Dio.

(da “Il Gesù di Luca e di Matteo”, appunti, 1997)