Capitolo Due

Cara Giulia,

rieccomi a te per iniziare la riflessione sulla fede.
Sono contento del tenore della tua ultima lettera. Ti prego però di non mettere troppa carne al fuoco sennò non ti sto dietro!

Vorrei, prima di entrare nel merito specifico della fede, riflettere con te su alcuni atteggiamenti che ritengo necessari per parlare di Dio.
Cioè: prima di scalare la montagna, vale la pena di verificare l’equipaggiamento, al fine di non fare gli sprovveduti e farsi del male!
Cercherò, allora, di riflettere con te su come decidiamo di affrontare l’itinerario. Sarebbe oltremodo sconveniente salire all’Hellbronner in calzoncini corti e t-shirt …

Parto da una considerazione: cosa portiamo nello zaino?
Cosa hai dentro?
Cosa ci hai messo?
Ciascuno di noi arriva a porsi il problema della fede con un carico non indifferente di nozioni, di esperienze (belle o brutte che siano), di incontri.

Così, per te, giovane, sicuramente ha pesato il tuo vissuto da bambina: il catechismo, le catechiste, il parroco e il vice, il modo che i tuoi hanno avuto di presentarti la fede e così via.
Un carico che non possiamo ignorare, un insieme di cose che possono rendere il carico troppo pesante e, perciò, bloccare la tua ascensione.
Così come hai dovuto, nella tua tumultuosa adolescenza, passare dall’infanzia all’età adulta rinnegando il tuo passato e riscoprendo i valori che ti erano stati trasmessi, accade per la fede. Solo che per l’affetto, la tua identità, il rapporto con i tuoi, il valore dell’istruzione, sei stata come costretta a fare il salto, obbligata, talvolta con ribellione e sofferenza, a “imparare” ad avere idee tue, a motivarle, a viverle.
Con la fede è stato così?

Mi succede spesso, troppo spesso, di incontrare adulti che non hanno veramente purificato la loro fede, non l’hanno cresciuta.
E’ curioso e inquietante vedere adulti che accalorandosi su temi di fede, non fanno di meglio che riportare quattro nozioni imparate alle elementari! Eppure è la realtà: il momento stesso in cui ti è chiesto di diventare adulto nella fede (quel bistrattato Sacramento della Cresima), cioè di smettere di essere bambino, di tirarti su le braghe da solo, diventa per molti occasione di abbandonare la fede.

Sarò schietto: non sopporto che un diciottenne mi esca fuori con l’affermazione: “sono agnostico, sono ateo”.
Molto spesso dietro questa affermazione non c’é nulla, c’é il vento, la pigrizia, il conformismo.
Ateo a diciotto anni?
Ci sciacquiamo la bocca con questa spaventosa affermazione, cancellando nella nostra supponenza millenni di civiltà e di uomini che hanno cercato il senso ultimo delle cose.
Che vuoi: fa “moda”, fa “giovane” liquidare il tema di Dio con due battute, senza porsi realmente il problema della sua Presenza.

Dove voglio parare?
Semplice: con quale atteggiamento parti?
Cosa porti nello zaino?
Rifletti su queste due domande, con onestà. Forse si tratta di svuotare lo zaino da tutta una serie di cose inutili: idee preconcette, sensazioni (che so, quell’incontro antipatico con gli uomini di fede, ad esempio), fantasmi. Svuota, svuotati.

Se parti alla ricerca di Dio bisogna anzitutto liberarsi dalle idee che ti sei fatta di Lui, per quanto care ti siano. Avere il coraggio del deserto, del rischio, della spogliazione.
Inoltre, e questo è altrettanto importante, forse occorre vedere nel tuo cuore con quali certezze parti. In montagna, lo sai, è estremamente pericolosa la presunzione.
Le buone vecchie guide, quelle vere (ricordi Moussillon?) hanno sempre avuto paura della montagna, l’hanno rispettata e amata. Occorre allora, avere il coraggio dell’umiltà e dell’ascolto.
Ma di questo ne riparleremo …

Ciao.

don Paolo