Ahi, Giulia!
O come tu stai? Apprendo dalla tua ultima che cominci a sentire puzza di interrogazioni e varie e che quindi la tua fase mistica è stata momentaneamente messa in un cantuccio.
Pas de problèmes! Il buon Dio è abituato ad aspettare, anche quando hai i periodi Stand-by … Permettimi però di tallonarti, in modo che le cose su cui riflettiamo assieme piano piano crescano dentro di te.
Mi pare che le premesse su Gesù ci siano tutte. Mi dici che sei andata a cercare sul Vangelo di Matteo il brano di cui ti parlavo, al capitolo 16. Ottimo! Che te ne è parso?
Mi piace molto quando dici: “E’ inquietante quella domanda di Gesù. Non l’avevo mai notata. Prima chiede che cosa pensa la gente di lui, poi – zac! – la provocazione tagliente: voi chi dite che io sia? Mi ha messo in crisi”. Bene Giulia! Lasciati pure mettere in crisi da questa Parola.
Due annotazioni vorrei farti.
La prima riguarda proprio il brano che hai letto. Non è vero che succede così anche a noi? Cioè di “discutere” su Gesù? Di fare una specie di ragionamento su di lui? Tutti, credo, abbiamo una qualche idea su Gesù. Ma da dove ci viene? Dall’esperienza di Lui? O non, piuttosto, da quello che la gente dice (oggi come allora). Esiste uno ‘standard’ di credente giovane oggi. E’ il mondo intorno che ce lo cuce addosso, che ci piaccia o no.
Fa tendenza un certo modo di vivere la fede e, occhio! Bisogna stare attenti a non discostarsi da quel modello. Quindi: è ragionevole che oggi ogni giovane si dichiari agnostico, ma che una qualche idea di Dio se la sia fatta, che abbia dei momenti di “preghiera” (“prego quando mi sento, davanti a un bel tramonto”) tendenzialmente emotivi e rarefatti, che non accetti la chiesa (Là dove “chiesa” è qualcosa di estremamente generico), che si sia fatto una sua personale morale rispetto agli aspetti del concreto quotidiano. Magnifico.
Gesù sorride sentendoci parlare cosi e, nel bel mezzo della nostra seriosa disquisizione, ci dice: “Frena, quelle che dici sono cose che pensi, ma che non vivi. Dimmi: ti sei mai posto realmente il problema della mia presenza?”. E qui capottiamo. Perché, mi darai atto, un conto è parlare dell’amore. Un conto è innamorarsi …
La seconda considerazione è proprio a partire dalla tua impressione sulla Parola. Vedi: noi cristiani siamo convinti che quella non sia una parola qualsiasi. Cioè non una raccolta di aforismi di un saggio vissuto duemila anni fa e neppure un racconto epico di un Profeta e dei suoi seguaci. Che tu ci creda o no, l’esperienza che hanno fatto i cristiani è che quella sia una Parola viva.
Viva come siamo vivi io e te.
Viva perché riempita dallo Spirito Santo.
Viva al punto che può raggiungere l’intimo di ciascuno e spalancare la diga della fede.
Mi viene in mente una bella scena di “Mission” (ricordi? Lo avevamo visto insieme in terza media, a scuola, parlando delle Missioni). Dopo che De Niro ha scontato l’omicidio di suo fratello e vive con gli Indios che un tempo uccideva, il missionario gli porge la lettera di Paolo ai Romani e gli dice: “Qui ho trovato la vita”. Lui la legge e, alla fine, chiede di entrare anche lui nei Gesuiti. Così è la Parola: capace di illuminare la tenebra, in grado di perforare il nostro intimo. Ma, attenta, la Parola va accompagnata da qualcuno che già ne abbia fatto esperienza e che sia in grado di aiutarti a penetrarla. Hai perfettamente ragione quando dici che quella domanda “Voi chi dite che io sia?” ti arriva dritto al cuore. Lasciala pure girare dentro te questa Parola, vedrai che qualcosa accadrà… Non ti consumare troppo sui libri perché (immaginati il mio volto che si fa saggio): “La vera cultura è la saggezza della vita”. Dixi.
In bocca la lupo per Storia!
Don Paolo