Capitolo Sei

Cara Giulia parte seconda,

se riprendi la missiva della scorsa settimana vedrai come il discorso che faccio è ora in mirabile continuità con quanto sopra descritto.

Dunque: ammettiamo che l’uomo Gesù, personaggio storico, sia esistito e che non sia seriamente possibile negare la sua storicità. Ma ciò che di lui è scritto nei Vangeli non è eccessivo?
La sua identificazione con Dio non è folle?

Gesù spesse volte si identifica con Dio: si permette di correggere la legge di Dio (il “ma io vi dico” del discorso della montagna in Matteo ad esempio), usa il nome di Dio, l’impronunziabile, riferito a sé (in Giovanni 6 dice: “Prima che Abramo fosse, Io sono”), rivela una intimità unica con il Padre, afferma di esserne il Rivelatore autentico perché dimora col Padre …

Non è una mitizzazione di un uomo?
Un profeta che ha esercitato un fascino così potente sui suoi discepoli da essere piano piano identificato con Dio?
Una specie di divinizzazione a cui sono soggetti tutti i personaggi carismatici?

Sì, è possibile, ma non in Israele.
Conosciamo così poco di questo popolo!
Dovresti leggere qualche testo che racconti della prodigiosa storia di questo popolo unico al mondo!
Dovresti leggere i resoconti degli storici della religione che ammettono, nello sviluppo storico delle religioni nel primo millennio avanti Cristo, una frattura nella comprensione di Dio proprio con l’arrivo inatteso del monoteismo giudaico!
Ebbene: questo popolo di nomadi che un millennio e qualche prima di Cristo fa un’esperienza di un Dio unico che stringe alleanza con il Popolo è un “unicum” nello sviluppo della storia delle religioni.

I popoli intorno a Israele erano tutti politeisti, perché differenziarsi?
Di più: questa differenza viene custodita, richiamata, palesata.
Usando spesse volte immagini “umane”, le Scritture ci dicono che Dio è “geloso” del popolo, la sua alleanza con Israele è come un patto nuziale, anche nei momenti bui di Israele (la deportazione in Babilonia), Dio continua a vegliare sul popolo, senza abbandonarlo.

Al tempo di Gesù l’attesa del Messia era spasmodica: una interpretazione di una profezia del libro di Daniele poneva in quegli anni il ritorno glorioso del Messia per la restaurazione della teocrazia, in un paese colpito dal dominio straniero.
Ora: per un ebreo era scandaloso anche solo pronunciare il nome di Dio (JHWH) che veniva sostituito con “Signore” durante la lettura pubblica dei testi sacri nelle sinagoghe.
Pronunciare il nome di Dio associandolo ad una bestemmia era un reato colpito con la condanna a morte! I farisei ed altri “movimenti” religiosi dell’epoca avevano scrupolo di osservare i precetti della legge fin nella più piccola sfumatura.
Come pensare seriamente che un gruppo di dodici ebrei ortodossi (e ultraortodossi come Giacomo) si siano messi non solo a pronunciare il nome di Dio, ma a divinizzare un uomo?

E’ quanto di più lontano possiamo immaginare dal vissuto del popolo ebraico.
Infatti questa affermazione (Gesù è risorto, Gesù è il Messia, Gesù è il Figlio di Dio) porterà , intorno agli anni 70, a una dolorosa e insanabile frattura delle primitive comunità che erano nate nel seno della tradizione giudaica e che venivano tacciate di “eresia” a causa della loro fede nel Signore Gesù proclamato come Figlio di Dio.
Il cristianesimo, a partire dagli ultimi decenni del primo secolo, si staccherà dal mondo giudaico per fare un cammino a sé.

Come vedi è perlomeno bizzarro che un gruppo di persone si metta, in questo contesto, a divinizzare una persona!
Figurati che, a causa dell’ostinazione del popolo ebreo, l’Imperatore aveva autorizzato i Giudei a battere moneta senza la sua effigie, cosa che loro consideravano idolatria.
Altro che mitizzare un uomo contemporaneo!
Chiaro, no?

A presto

don Paolo