Capitolo Tre

Hallo Giulia!

allora ti è piaciuta l’immagine dell’ascensione!
Bene: passo alla seconda puntata sull’attrezzatura, riprendendo le immagini e tenendo in caldo le mille domande che mi hai posto nella precedente lettera.

Parlavamo dell’atteggiamento con cui avviarsi, che è quello determinante per raggiungere la vetta.
Non so cosa ne pensi tu, ma quando si è trattato di raggiungere il rifugio Borelli, al Peuteurey, ho avuto bisogno dell’esperienza di un appassionato di montagna che mi ci ha accompagnato, per arrivarci.
Certo: sapevo la strada, avevo l’imbragatura, c’era la corda fissa; ma ti posso assicurare che nel passaggio più esposto, le sue istruzioni mi hanno fatto coraggio! Abbiamo bisogno di una guida per raggiungere la vetta. Anzi: più è impegnativa l’ascensione e più è necessaria la guida.
Perché consideriamo questa cosa come umiliante?
Come fuorviante?
Come sospetta?

Consideriamo i millenni di riflessione che ci hanno preceduto come spazzatura o, peggio, errore.
Abbiamo capito tutto, questa è la folle presunzione del nostro tempo.
Il resto è sorpassato, vetusto, inutile. Come a dire che, essendo cambiati i materiali, ora più evoluti, non abbiamo più bisogno di una guida per raggiungere la vetta …

Liberi di pensarlo, ma il cuore dell’uomo e le domande di senso sono forse cambiate nell’ultimo millennio?
No, sarà congenita in me la prudenza del montanaro, ma preferisco percorrere sentieri conosciuti, strade segnate, piuttosto che avventurarmi su itinerari rischiosi.
Ecco allora che la testimonianza di chi ci ha preceduto può diventare un punto di riferimento straordinario.
Perché non fidarsi?
Perché non credere che la guida conosce meglio di me la montagna e che non ha nessuna intenzione di ingannarmi?

Vedi, Giulia, mi sono avvicinato alla fede quando nella mia vita ho conosciuto dei cristiani di cui fidarmi. Semplicemente mi sono fidato, ho loro creduto, li ho seguiti. E ho scalato la montagna.
Credo che su questo dobbiamo realmente confrontarci: siamo disposti a fidarci?
A seguire, a provare?
Oppure, dall’alto della nostra supponenza, pensiamo sia necessario fare tutto da soli, anche rischiare?
Attenta, però: nessuna guida mai ci porterà sulle spalle. Nessuno mai farà il cammino al posto tuo.
In questo senso l’esperienza di chi ci ha preceduto non è comunque sufficiente per noi: dobbiamo camminare con le nostre gambe.
Conosco sedicenti cristiani che credono di essere tali perché hanno stretto la mano alla guida dicendo: “So che esiste la vetta, mi mandi una foto”.
No, Giulia: mettiti in gioco, parti!

Un’ultima considerazione prima di affrontare le tue domande: la Verità.
Ti dicevo nella prima lettera che non mi preoccupo: non ho da convertirti. Vero. La fede non è qualcosa di cui convincerti. Ti potrò indicare la strada, il sentiero, ma alla vetta ci arriverai tu.
Se non ti stancherai, se sarai onesta con te stessa, se avrai costanza. In questo senso è bellissima la testimonianza di molti che, raggiunto Cristo, mi dicono: “E’ come se avessi già tutto nel cuore, come un velo che si alza, la Verità che si impone”.
Già: la verità.
Esiste?
Oppure, come ci vuole far credere una certa riflessione, tutto è relativo?
Bhé, scimmiottando il tuo amato Aristotele: non esiste verità; se non una: che non esiste verità. In questo senso credo che il tunnel oscuro dell’ipercritica, che ha portato il nostro tempo a negare la stessa realtà (e se fosse tutto proiezione?), sia stato ormai ampiamente superato dalla prospettiva della filosofia di questo secolo.
Ma su questo chiedi al tuo prof, ché io, come mi rimprovera sempre il mio prof, durante l’ora di filosofia dormivo!
Sì: esiste la Verità, e si manifesta, è palese, ci si adegua.

La Verità più vera di noi stessi, che non necessita di raffinati ragionamenti, basta scoprirla.
Esisti, ami, cerchi, soffri, ti nutri. Questo è innegabile. Sarebbe come negare che la montagna è davanti a te, che esiste solo in un sogno. E’ davvero così?

A presto

don Paolo