Terza domenica di Avvento, anno di Marco 

Is 61,1-2.10-11/ Ts 5,16-24/ Gv 1, 6-8.19-28

Il mio vero io e il vero Dio

Nessuno ci porterà via il Natale.

Niente ci può impedire di attendere, di accogliere il Dio che, venuto nella Storia, ora chiede di venire nella mia vita. In questa vita, in questo tempo spaventato e incerto, in questo oggi in cui Dio fa nuove tutte le cose.

Un nuovo inizio, una nuova Creazione, anche se abbiamo alle spalle molti Natali, forse troppi.

Anche se non ci saranno lucine e pile di regali e raduni fra parenti che vengono da lontano.

Anzi: questo Natale potrò diventare il Natale.

Potrebbe, finalmente, tornare il festeggiato, dopo tante feste di compleanno in cui, semplicemente, non lo si era invitato. Dipende da me. Dipende da te.

Perciò dobbiamo stare svegli, reagire, non lasciarci travolgere, non addormentarci. Sarebbe un bel guaio, una catastrofe, per dirla tutta.

Persone come Giovanni ci scuotono, come un pugno in pieno volto.

Anche lui è una sorpresa, una delle tante che Dio ci riserva, un modo inatteso e diretto per scuoterci dalle nostre mille abitudini, dal nostro cristianesimo che rischia di irrancidire. In un mondo che vacilla in ansia per la pandemia, per il futuro incerto.

Questo ci è chiesto: destarci dal sonno. Ritrovare l’anima. Osare.

Osare.

Osare.

Per farlo, però, ci è chiesta una cosa sola: non confidare nei progetti degli uomini, lasciare spazio (anche come scelta, se necessario) alla gioia. E, soprattutto, essere autentici.  […]

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