6Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». 24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
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Voci e parole
Chi sei? Cosa dici di te stesso?
C’è sempre qualcuno che ha bisogno di identificare, di incasellare, di definire. O, in questo caso, di indagare per rilasciare patentini di santità.
È un sacerdote, ma non frequenta il tempio.
È un profeta, ma non cerca le folle, anzi, fugge nel deserto.
È cercato e amato, ma sembra respingere, infastidito, quanti lo cercano con insistenza.
Giovanni l’evangelista, probabilmente suo discepolo, dice di lui che è un testimone.
Il testimone parla di qualcun altro, di qualcos’altro. Non di sé.
A noi, abituati a cercare visibilità e riconoscimento, incontrare uno che si identifica in funzione di un altro, mette i brividi. Noi che passiamo la vita a cercare titoli e riconoscimenti (scrivente in primis), incontrare uno che ragione per sottrazione manda in crisi.
Eppure Giovanni è così.
Quando parla di sé, dice io non sono.
Perché se non siamo capaci di denudarci davanti a Dio, se non siamo capaci di semplificare il nostro pensiero e il nostro desiderio, e non cercare altrove la nostra identità, di non vivere appesi al giudizio e al riconoscimento altrui, non riusciremo a far nascere e rinascere Cristo in noi.
Chi sei? Cosa dici di te stesso?
Rivolgessero a me questa domanda non avrei dubbi.
Ed elencherei i miei titoli di studio, il mio lavoro, le mie pubblicazioni, le cifre da capogiro degli internauti che mi leggono. E con malcelato orgoglio sottolineerei con garbo i successi, minimizzando i fiaschi. Certamente mi definirei a partire da ciò che faccio, da ciò che so, da ciò che mi viene riconosciuto.
Giovanni Battista no.
Tutti pensano che egli sia il Messia. Glielo si legge sui volti. Migliaia di pellegrini che lasciano la comoda Gerusalemme per scendere nel deserto. Brava gente che nel tempio e nelle sue liturgie sfarzose si sente a disagio. E cerca testimoni. Il testimone.
Se Giovanni dicesse ciò che tutti immaginano, verrebbe portato trionfalmente nella città santa.
Ma non è così.
Non sono il Cristo.
Non si prende per Dio, ci mancherebbe. Lo idolatrano, come facciamo anche noi davanti a persone coinvolgenti, a uomini di Dio affascinanti e credibili. E Giovanni li allontana infastidito.
Per accogliere il re dobbiamo smetterla di crederci re.
Se vogliamo incontrare Dio, dobbiamo smetterla di essere dio di noi stessi.
Piccoli narcisisti che si mettono sempre al centro. O che si lamentano di non essere al centro. O che fanno le vittime per attirare l’attenzione ed essere messi al centro.
Giovanni no, la sua vita è in riferimento ad altro.
Ad un Altro.
Allora cosa sei?
Cominciamo a sottrarre.
A togliere i titoli, i riferimenti agli altri (figlio di, moglie di, parroco di…), a togliere i ruoli, il mestiere. Togliamo per ritrovare l’essenza sotto la crosta. A volte non lo facciamo perché siamo terrorizzati da ciò che potremmo eventualmente incontrare. Un noi impresentabile.
Spoglia, Giovanni. Toglie. Scarta.
È il più grande uomo mai esistito, dirà di lui Gesù, ma non gli importa.
È un cercatore di Dio radicale e coerente. Ma non gli interessa.
Ha radunato attorno a sé migliaia di penitenti. Dettagli.
È un grande profeta, come Israele non ne vedeva da secoli. Irrilevante.
Cosa sei?
Voce, dice.
Voce imprestata ad una Parola.
Mi tremano i polsi mentre leggo. Solo questo? Tutto qui? A questo è giunto il cammino di Giovanni?
Sì, certo. Perché vuole diventare un grande dito che indica la luce.
Voce che grida
Ma è una voce che grida. Che non sussurra, che non blandisce o manipola.
Una voce un po’ rude che scardina e a volte irrita le coscienze beate e beote. Le nostre. Così come devono fare tutti i profeti che se non mettono in discussione, profeti non sono, o hanno smesso di essere.
Una voce che grida quanto ha vissuto, chi ha incontrato, una voce che rilegge la Parola. Una voce dietro cui si svela la Parola. Così che, quando incontriamo un profeta, dopo qualche istante, se disarmiamo il nostro cuore, leggiamo sulle sue labbra ben altre Parole.
Misterioso Dio che ti nascondi dietro i nostri balbettii!
L’avvento scorre, Natale si avvicina.
Sarà banale, o orribile, o commovente, fate voi.
Sarà vero solo se abbiamo, oggi, il coraggio di toglierci le maschere.
Di smetterla di definirci per spogliarci, per andare o tornare all’essenziale.
E di ascoltare la Parola dentro le voci, anche quelle gridate e ruvide.
Di diventare noi voce per la Parola che vuole raggiungere tutti coloro che abbiamo intorno.
Noi voce.
Lui Parola.
Anzi, meglio, un Verbo che si fa uomo.
Conferenze di Paolo Curtaz
Rovigo 12/12 ore 21 La Parola un cammino di desiderio e speranza Via Mazzini, San Martino di Venezze
Valdagno 13/12 ore 21 Le periferie di Gesù Massignani, contrada Ambrosini 11
Padova 14/12 ore 21 Perché credere in Gesù Cristo? Centro parrocchiale – Bastia di Rovolon
Bologna 15/12 ore 20,45 Dal tempio alla chiesa, dalla chiesa alla Chiesa Parrocchia san Severino, via Lercaro 3
Bologna 16/12 ore 15 “Molti non vi conoscono e hanno paura” La solidarietà con il povero inizia dalla conoscenza Cinema Tivoli, via Massarenti 418
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Commento al Vangelo del 17 Dicembre 2017 – Voci e parole
III Domenica di Avvento – Anno B
Gv 1, 6-8. 19-28
Dal Vangelo secondo Giovanni
6Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». 24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Fonte: LaSacraBibbia.net
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Voci e parole
Chi sei? Cosa dici di te stesso?
C’è sempre qualcuno che ha bisogno di identificare, di incasellare, di definire. O, in questo caso, di indagare per rilasciare patentini di santità.
È un sacerdote, ma non frequenta il tempio.
È un profeta, ma non cerca le folle, anzi, fugge nel deserto.
È cercato e amato, ma sembra respingere, infastidito, quanti lo cercano con insistenza.
Giovanni l’evangelista, probabilmente suo discepolo, dice di lui che è un testimone.
Il testimone parla di qualcun altro, di qualcos’altro. Non di sé.
A noi, abituati a cercare visibilità e riconoscimento, incontrare uno che si identifica in funzione di un altro, mette i brividi. Noi che passiamo la vita a cercare titoli e riconoscimenti (scrivente in primis), incontrare uno che ragione per sottrazione manda in crisi.
Eppure Giovanni è così.
Quando parla di sé, dice io non sono.
Perché se non siamo capaci di denudarci davanti a Dio, se non siamo capaci di semplificare il nostro pensiero e il nostro desiderio, e non cercare altrove la nostra identità, di non vivere appesi al giudizio e al riconoscimento altrui, non riusciremo a far nascere e rinascere Cristo in noi.
Chi sei? Cosa dici di te stesso?
Rivolgessero a me questa domanda non avrei dubbi.
Ed elencherei i miei titoli di studio, il mio lavoro, le mie pubblicazioni, le cifre da capogiro degli internauti che mi leggono. E con malcelato orgoglio sottolineerei con garbo i successi, minimizzando i fiaschi. Certamente mi definirei a partire da ciò che faccio, da ciò che so, da ciò che mi viene riconosciuto.
Giovanni Battista no.
Tutti pensano che egli sia il Messia. Glielo si legge sui volti. Migliaia di pellegrini che lasciano la comoda Gerusalemme per scendere nel deserto. Brava gente che nel tempio e nelle sue liturgie sfarzose si sente a disagio. E cerca testimoni. Il testimone.
Se Giovanni dicesse ciò che tutti immaginano, verrebbe portato trionfalmente nella città santa.
Ma non è così.
Non sono il Cristo.
Non si prende per Dio, ci mancherebbe. Lo idolatrano, come facciamo anche noi davanti a persone coinvolgenti, a uomini di Dio affascinanti e credibili. E Giovanni li allontana infastidito.
Per accogliere il re dobbiamo smetterla di crederci re.
Se vogliamo incontrare Dio, dobbiamo smetterla di essere dio di noi stessi.
Piccoli narcisisti che si mettono sempre al centro. O che si lamentano di non essere al centro. O che fanno le vittime per attirare l’attenzione ed essere messi al centro.
Giovanni no, la sua vita è in riferimento ad altro.
Ad un Altro.
Allora cosa sei?
Cominciamo a sottrarre.
A togliere i titoli, i riferimenti agli altri (figlio di, moglie di, parroco di…), a togliere i ruoli, il mestiere. Togliamo per ritrovare l’essenza sotto la crosta. A volte non lo facciamo perché siamo terrorizzati da ciò che potremmo eventualmente incontrare. Un noi impresentabile.
Spoglia, Giovanni. Toglie. Scarta.
È il più grande uomo mai esistito, dirà di lui Gesù, ma non gli importa.
È un cercatore di Dio radicale e coerente. Ma non gli interessa.
Ha radunato attorno a sé migliaia di penitenti. Dettagli.
È un grande profeta, come Israele non ne vedeva da secoli. Irrilevante.
Cosa sei?
Voce, dice.
Voce imprestata ad una Parola.
Mi tremano i polsi mentre leggo. Solo questo? Tutto qui? A questo è giunto il cammino di Giovanni?
Sì, certo. Perché vuole diventare un grande dito che indica la luce.
Voce che grida
Ma è una voce che grida. Che non sussurra, che non blandisce o manipola.
Una voce un po’ rude che scardina e a volte irrita le coscienze beate e beote. Le nostre. Così come devono fare tutti i profeti che se non mettono in discussione, profeti non sono, o hanno smesso di essere.
Una voce che grida quanto ha vissuto, chi ha incontrato, una voce che rilegge la Parola. Una voce dietro cui si svela la Parola. Così che, quando incontriamo un profeta, dopo qualche istante, se disarmiamo il nostro cuore, leggiamo sulle sue labbra ben altre Parole.
Misterioso Dio che ti nascondi dietro i nostri balbettii!
L’avvento scorre, Natale si avvicina.
Sarà banale, o orribile, o commovente, fate voi.
Sarà vero solo se abbiamo, oggi, il coraggio di toglierci le maschere.
Di smetterla di definirci per spogliarci, per andare o tornare all’essenziale.
E di ascoltare la Parola dentro le voci, anche quelle gridate e ruvide.
Di diventare noi voce per la Parola che vuole raggiungere tutti coloro che abbiamo intorno.
Noi voce.
Lui Parola.
Anzi, meglio, un Verbo che si fa uomo.
Conferenze di Paolo Curtaz
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