Settima domenica durante l’anno

Lv 19,1-2.17-18/ 1Cor 3,16-23/ Mt 5,38-48

Una storia nuova

Tutto è nostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro.

Papa Francesco, o Papa Benedetto, il movimento che mi ha accompagnato a Cristo, quel maestro di vita spirituale, quella straordinaria esperienza in parrocchia, il mio cammino di fede, diremmo oggi.

Tutto è nostro, ma noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio.

Questo possiamo fare per tornare ad essere credenti credibili.

Discepoli. Cioè seguire gli insegnamenti del Maestro. Senza infingimenti, senza glosse, senza “ma”, senza annacquare, senza ridurre l’incontro a dottrina, a etica, a ragionamento, a politica.

E Cristo, a conclusione dell’immenso discorso delle Beatitudini, dopo avere chiesto a chi cerca la felicità di fidarsi, di crederci, alza il tiro.

Ha ragione, il Signore: se facciamo quello che fanno tutti, se amiamo chi ci ama, se perdoniamo chi poi ci perdona, se prestiamo a chi sappiamo di restituirà, che facciamo di straordinario?

Se il cristianesimo diventa una scipita ricetta per fare i bravi ragazzi, chi mai ne sarà sedotto?

Il mondo è pieno di buon senso. Più o meno.

Il cristiano, quindi, sarebbe solo un brav’uomo più ragionevole degli altri?

In cosa consiste, se esiste, la differenza cristiana?

Non basta il buon senso. Non mi basta il buon senso.

il mondo ha bisogno (urgente) di santità.

Della santità di Dio che si rifletta nel nostro sguardo, nelle nostre parole, nei nostri gesti.

Di diventare santi perché il Signore nostro Dio è il Santo (Lv 19,1).

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