Sesta domenica di Pasqua.

At 15,1-2.22-29/Ap 21,10-14.22-23/ Gv 14,23-29

Sapendoci amati

La città di Dio non ha bisogno della luce del sole o della luna perché Dio la illumina. 

Così Giovanni, ormai anziano, dall’isola di Patmos dove è in esilio, immagina la nuova Gerusalemme, quella che scende dal cielo, da Dio, adornata come una sposa pronta ad incontrare il proprio sposo. Una città costruita sulla testimonianza dei dodici basamenti, gli apostoli, con dodici porte (il dodici in Israele è la totalità), tre per ogni lato, in modo che chiunque possa entrare.

E noi ci confrontiamo con le nostre comunità stanche, impaurite, smarrite, e chiediamo allo Spirito di darci una mossa, una scossa, di scuoterci nel profondo.

Lo ha detto chiaramente, il risorto: non dobbiamo temere, né avere paura, né essere turbati.

Dal mondo che implode, dalla violenza di chi uccide nel nome di Dio, dalla violenza di chi uccide nel nome degli antichi dei, il potere e il denaro, dal clima di crescente disumanizzazione, di rissa e di declino che respiriamo ogni giorno. 

No, non abbiamo paura. […]

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