Siamo attesi

Arriva il diluvio, e facciamo finta di niente.

Oppure è già arrivato, l’acqua ci arriva alle ginocchia, e speriamo che smetta di piovere.

O saliamo su un gradino o chiudiamo gli occhi, parlando d’altro.

Arriva il diluvio e pensiamo di non esserne coinvolti, la colpa è degli altri, e poi cosa mai potrei fare? La pandemia, la guerra, il gas, i migranti. Che ansia. 

Meglio trovarsi un rifugio protetto, arrampicarsi su un albero, che so. Sperare che passi.

Arriva il diluvio.

Diluvio di parole grevi, di rabbia, di contrapposizioni, di sospetti, di ignoranza, di frasi gridate, di disinteresse, di disonestà, di narcisismo. 

Arriva il diluvio.

E possiamo continuare a non vedere, a mangiare e bere, a flirtare, a figliare, come ai tempi di Noè, a scrollare lo schermo per vedere i like, a pensare che il mondo sia quella roba lì che ci arriva dai social.

Guardando con commiserazione qualche esaltato che si costruisce una gigantesca arca per galleggiare e cercare una terra nuova. E immaginare che ci sia qualche interesse nascosto. Qualche affare losco e putrescente.

Arriva il diluvio e possiamo fingere. E scomparire.

Oppure.

Oppure fermarci a riflettere. Oppure alzare lo sguardo. Oppure trovare una soluzione.

Oppure dedicarci qualche tempo per fare spazio, per accogliere una Parola che giunge da lontano e porta lontano. Per accogliere un vagito.

Benvenuti in Avvento. […]

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