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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO – Gv 15, 1-8
V Domenica del Tempo di Pasqua
- Colore liturgico: Bianco
- At 9, 26-31; Sal.21; 1 Gv 3, 18-24; Gv 15, 1-8
Gv 15, 1-8
Dal Vangelo secondo Giovanni1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.- 29 Aprile – 05 Maggio 2018
- Tempo di Pasqua V
- Colore Bianco
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
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Fiorire
Nella Bibbia si parla spesso di vigna, di viti, di vignaioli, di uva, di vino, di festa.
Perché produrre il vino, lo sappiamo bene noi italiani, è qualcosa di complesso, delicato, una vera e proprio arte.
Possedere una vigna, coltivarla, era una delle attività dei contemporanei di Gesù.
E, in diversi racconti bilici, l’immagine della vigna descrive il popolo di Israele.
Israele è la vigna piantata con cura e perizia dal vignaiolo, Dio, che si aspetta, ovviamente, dopo tanta fatica, di poterne ottenere un vino delicato e sincero.
E da questa immagine sono nate molte pagine straordinarie, dolenti, lamenti dei profeti che, per conto e in nome di Dio, si lamentavano con Israele, la vigna, di non portare i frutti sperati.
Ma qui, oggi, Gesù spinge la metafora, vi apporta una novità potente e densa di significato.
Non solo più Dio è descritto come vignaiolo e Israele come la vigna da lui piantata e accudita.
Gesù paragona se stesso ad una vite.
Una vite cui sono legati i tralci, i discepoli, noi, che ricevono dalle radici linfa vitale per portare frutto.
È un salto di qualità nella comprensione di Dio che solo Gesù poteva spiegarci.
Non più un contadino e il frutto della sua fatica.
Ma il contadino che diventa albero. Vite, in questo caso.
Il creatore diventa creatura.
L’immagine non parla più soltanto dello stretto legame fra lavoro e prodotto della fatica e del sudore.
Gesù stesso si identifica nella vite.
Non esiste una vite senza tralci. Non esiste un tralcio senza vite.
Rimanete
Come può un tralcio vivere senza essere intimamente legato al ceppo? Come può nutrirsi se è staccato dalla vite che lo genera? Che lo attraversa con la sua linfa vitale come un sangue che scorre nelle vene?
Ecco allora l’invito che il risorto rivolge a ciascuno di noi: rimanete.
Dimorate.
Restate.
Se in qualche modo siamo stati sedotti dal Vangelo, se abbiamo fatto esperienza di Cristo nella nostra vita, se il risorto è più di un ricordo, di un fantasma, se abbiamo visto e creduto, se la nostra mente si è aperta all’intelligenza delle Scritture, se lo abbiamo riconosciuto nello spezzare del pane, delle ferite condivise, nella voce che ci chiama con amore a autorevolezza, allora sappiamo che senza Cristo non possiamo fare niente.
Non possiamo fare più niente.
Perché la sua Parola ha spalancato il nostro cuore, illuminato la nostra anima. Ora vediamo. Capiamo. Sappiamo. E se restiamo uniti a Lui, se siamo intimamente collegati, connessi, allora da lui riceviamo la linfa che ci fa vivere, non soltanto esiste.
La nostra vita quotidiana, fatta di mille o di poche cose, di lavoro, di attese, di relazioni, di fatica, di luci e di ombre, acquista uno spessore diverso.
E sperimentiamo, davvero, sul serio, nella verità che risuona dentro di noi, che quando ci allontaniamo da Cristo inaridiamo, sopravviviamo, ma non portiamo nessun frutto. Nessuno.
Non potete fare nulla
Non è una minaccia, ma una descrizione della realtà più semplice ed ovvia: senza Cristo non possiamo fare nulla.
Sì certo: ci affatichiamo, otteniamo successi lavorativi, forse, realizziamo i nostri desideri.
Ma tutto è nulla.
Perché sfugge alla logica dell’anima, della nostra missione.
Perché appartiene alle cose fuori. Belle, dignitose, importanti, gratificanti.
Ma fuori.
Entrare nel pensiero di Cristo, nella logica dell’amore e dell’amare, entrare nella logica del discernimento del sapere, del vedere con lo sguardo dello Spirito, restare intimamente uniti, lasciar scorrere la sua linfa in noi, ci aiuta a portare frutto.
Frutto che non è il risultato di uno sforzo, ma la fioritura di una vita.
Le parole che rimangono
Bene sì, bello, affasciante, poetico.
Ma come questo avviene?
È Gesù che ce lo dice: custodendo, meditando, pregando la Parola.
Molti sono i modi per restare innestati a lui: la vita interiore, la comunità, i segni della sua presenza che sono i sacramenti.
Ma qui, in questo Vangelo, Gesù parla della sua Parola.
Accolta ogni giorno, ogni domenica, come si accoglie una linfa vitale.
Una Parola che ci svela una verità inattesa: il Padre è felice quando portiamo molto frutto, quando siamo discepoli. Dio è glorificato quando siamo felici, quando la nostra vita cambia e lascia spazio all’inaudito d Dio.
Ecco, amici.
Dimoriamo.
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Un’offerta: Associazione Zaccheo, fraz, Viseran 59, 11020 Gressan, iban: IT49O0858736440000020112195, BCC valdostana – Conto corrente postale 97359103
Conferenze di Paolo Curtaz, ingresso libero:
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- Verona 26/05 Libreria Paroline
- Vicenza 27/05 ore 12 I dubbi dello Spirito guardando al futuro Loggia del Capitanato piazza dei Signori
Buongiorno,
Vorrei ricevere il commento al vangelo domenicale e se fosse possibile anche quello feriale. Grazie!