Seconda Domenica di Natale

Sir 24,1-4.12-16 (NV); Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18

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Siamo a buon punto, sul serio.

Ci siamo preparati, forse come non mai, a questo che è il più anomalo Natale della nostra vita. Siamo riusciti, spero, a non lasciarci intristire dalla situazione, dai morti, dalle incertezza, dall’assenza degli abbracci. E abbiamo salutato il nuovo anno quasi con pudore, senza gli eccessi che hanno caratterizzato gli ultimi anni.

Sarà comunque un anno duro, almeno nel primo semestre e l’incertezza regna sovrana.

E ora, alla fine di questo brevissimo e intenso tempo di Natale, siamo chiamati a fare sintesi, a salire di ottava, ad andare oltre, a capire, infine.

Prima di noi, discepoli e discepole del Signore lo hanno fatto, nell’entusiasmo e nell’euforia della scoperta, dopo la resurrezione del Maestro, rileggendo gli eventi, decriptando il codice, svelando l’enigma nascosto nei secoli.

Dio è qui. Dio è in mezzo a noi. Ha assunto di se l’umanità.

Si è vestito di fragilità, l’unica cosa che non conosceva.

E Giovanni, il mistico, rilegge quanto accaduto e volge lo sguardo all’Eterno, alla logica di Dio.

Dio è ed è da sempre, ed è comunione, relazione, Trinità.

E Dio, nel suo Verbo, è sceso in mezzo a noi per rivelarsi, per raccontarsi, per dirsi.

Questo è ciò che è accaduto.

Solo.

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