Forse

Che ve ne pare? Chiedeva Gesù alla folla riguardo al racconto dei due figli di domenica scorsa.
Cosa farà il padrone? Chiede, oggi, a coloro che in cuor loro hanno già deciso di uccidere il figlio del padrone della vigna che hanno affittato.
Ci tiene, Dio, al nostro giudizio. Ci coinvolge, vuole il nostro parere.
Spera sempre di condividere la sua prospettiva, il suo giudizio, il suo sentimento profondo.
Spera di convertire i nostri cuori, argomentando, usando metafore e parabole per non essere troppo diretto.
Tenero.

Toni cupi

È una parabola cupa, dolente, sanguinante, quella di oggi.
Quasi insostenibile.
Il cuore del racconto, però, è centrato sul figlio, non sulla punizione dei vignaioli omicidi: Gesù sta dicendo al suo uditorio che se i servi sono la prefigurazione, il figlio è il compimento. E che è lui il figlio inviato da Dio a riscuotere quanto dovuto.
Il finale non è un abbandono, ma un nuovo inizio.
Quella morte che tutto sembra distruggere non è che il trampolino per una nuova vita, per un inatteso riscatto.
È ormai evidente a tutti che il suo destino è segnato: i suoi gesti eccessivi hanno suscitato l’ira dei capi dei sacerdoti. Come tutti gli idealisti, questa testa calda di galileo va fatto tacere ad ogni costo, prima che crei dei disordini e che i romani si riprendano, irritati, la relativa autonomia concessa alla
capitale. Lo sa Gesù, non è un idiota. Sa bene che ha firmato la sua condanna a morte. E vuole andare fino in fondo, per nulla al mondo cambierà la sua idea di Dio.
E sta dicendo ai suoi assassini che la sua morte, la morte del figlio, si pone in continuità con la morte dei profeti, spesso uccisi proprio dagli uomini religiosi del loro tempo (Mt 23,29). Gesù non mette fine alle contraddizioni della storia. Si pone in mezzo.
Le assume. Ne è travolto. Le redime e le riscatta.
Di questo parla la difficile parabola dei vignaioli omicidi.  […]

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