Fase tre, quella trinitaria.

Bene scrive l’amico don Derio, vescovo di Pinerolo, sopravvissuto al Covid 19, in una lettera aperta alla sua Chiesa che sta facendo il giro del web: quella che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo (anche se molti fanno di tutto per non accorgersene) non è una parentesi.

Non possiamo tornare a celebrare l’eucarestia (peraltro in condizioni limite e spiazzanti), e immaginare di ripartire come se nulla fosse cambiato.

Perché quel modello di Chiesa, tutta e solo imperniata sulla conservazione dell’esistente, non può reggere.

Perché una parrocchia che ha come unica proposta per i discepoli e le discepole la celebrazione dell’eucarestia è come la vetta di un monte… senza niente sotto: diventa una collina.

E don Derio proponeva di interrogarci  e di ripartire dalle relazioni.

Se appartenere ad una comunità cristiana ha davvero un qualche significato per noi.

Altrimenti continueremo ad andare a messa come al cinema: l’essenziale è che il vicino non disturbi.

Sono fra quelli che pensano che la batosta della pandemia sia una grande opportunità.

E che lo Spirito ci spinga ad uscire fuori dai recinti del sacro. Per parlare la lingua degli altri, di quelli che sono fuori, dei forestieri.

Per cambiare linguaggio, capaci di parlare di Dio facendoci finalmente capire.

Ripartire dalle relazioni. Sia.

Ma: come?

Abbiamo chi ci può insegnare: il Dio di Gesù che di relazioni, credetemi, ne capisce.

[…]

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