Sì, penso di avere ancora alcune cose da condividere. Intuizioni, riflessioni, pensieri che nascono dall’intelligenza dell’anima quando medito la Parola di Dio. Una sorta di lectio divina ininterrotta che ormai mi accompagna da decenni e che, di fatto, è diventata la fune stesa cui appendo tutti i panni della mia vita.
Il mio splendido lavoro. Una lettura orante della Scrittura che cerca di inserirsi nel grande solco della tradizione cristiana. Perché anch’io, come molti, forse come te, amico lettore, ho sperimentato la forza dirompente e consolante, urticante e meravigliosa della Parola che, come spada, ti penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore (Eb 4,12), fino a dissezionarti l’anima. La Parola che illumina la mente, che indica la direzione verso cui volgere lo sguardo, la Parola che forgia i santi o, nel mio caso, che istruisce e accompagna gli assetati e i mendicanti.
Penso a queste cose dopo avere letto le prime pagine della storia di Abramo, nel libro della Genesi, il poderoso incipit del capitolo dodici, testo che ben conosco e che amo.
E mi soffermo sui dettagli, comincio ad annotare mentalmente le incongruenze e le connessioni, mi riaffiorano alla mente letture datate un ventennio fa (quanto amo il mio angelo suggeritore!), appunti che già avevo steso in occasione di qualche ritiro, mi si aprono continuamente dei rimandi scritturistici, dei pop-up spirituali. Avverto in me un’incontenibile curiosità, uno scoppiettare di idee e di suggestioni. Mi travolge un’emozione gravida, impellente, inebriante. Forse un po’ folle. Conosciuta. Mi fermo, chiudo gli occhi. Abbozzo una preghiera (o una presa di coscienza). Sorrido. La mia anima sorride. Tutto, in me, si illumina. Abramo è seduto accanto a me ora, sta per raccontarmi la sua storia.