1. Lettura del Vangelo secondo Giovanni 16, 12-22

    In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

    Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».

    Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

    La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia». 

Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera. Esiste una consapevolezza splendida nell’esperienza della Chiesa: quella di possedere la pienezza della verità (Gesù ha detto e dato tutto) ma di non essere in grado di coglierla nella sua interezza. In questi duemila anni di storia la Chiesa, sostenuta dallo Spirito Santo, ha cercato di capire la pienezza della verità su Dio, su Gesù, sull’uomo, sul destino del cosmo. Non sempre c’è riuscita, non sempre è stato semplice, ma il Signore, davvero, l’ha sostenuta.

Gesù annuncia ai suoi discepoli della sua probabile morte, egli sente che le cose stanno precipitando ed ha scelto di assecondare l’evolversi degli eventi perché gli uomini credano alla serietà dell’amore di Dio. L’animo degli apostoli lontani anni luce anche solo dal capire di cosa Gesù stia parlando, si incupisce improvvisamente: dove deve andare Gesù? Gesù rassicura e rasserena i suoi, se anche vi sarà una sofferenza, e vi sarà, sarà una sofferenza limitata nel tempo, che si trasformerà in una gioia immensa.
Anche a me succede così: di soffrire di una perniciosa miopia spirituale. Quando vivo periodi di sofferenza non riesco mai ad andare lontano, non riesco a sollevare lo sguardo e resto inchiodato alla mia sensazione sgradevole. Quando viviamo una situazione di sofferenza, il desiderio più pressante che abbiamo è che questa finisca.
Amici, ai discepoli la sofferenza non viene evitata e non siamo preservati dal dolore.
Spesso incontro persone che hanno vissuto sulla propria pelle esperienze di dolore e non se ne capacitano. La sofferenza, il più delle volte, resta senza senso e Dio, il più delle volte, resta muto di fronte alla nostra sofferenza.
Non spaventiamoci, amici, ma dimoriamo fiduciosi: una gioia grande ci aspetta, una gioia nata dalla consapevolezza di essere amati dal Signore, una gioia che niente e nessuno ci potrà mai togliere.

L’immagine delle doglie del parto conclude la splendida riflessione sulla sofferenza.

Ai discepoli la sofferenza non è tolta, ma trasformata, non evitata, ma riempita di speranza.

Riflettete: non è vero che l’uomo non sopporta la sofferenza, ciò che proprio non riusciamo ad accettare – e giustamente – è la sofferenza inutile.
Capisco che se voglio fare una bella ascensione in montagna devo mettere in programma uno sforzo fisico notevole, capisco che per dare alla luce un bambino devo sopportare i dolori del travaglio.
Non capisco e non accetto invece le tante, troppe sofferenze, che non portano da nessuna parte: litigi, incomprensioni, giri di testa, paranoie, muri che mi separano dagli altri.
Siamo onesti: la stragrande maggioranza della sofferenza che viviamo deriva dalla nostra errata prospettiva di vita, da ciò che non riusciamo a vedere, dal fatto di non accogliere la presenza del Signore.
Se viviamo momenti di dolore sentiamoci come la donna che partorisce, certi che la nostra sofferenza darà alla luce qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. La gioia che viene dal vedere il Signore, la gioia che viene dal sentirsi amati sarà una gioia che nessuno mai ci potrà togliere.

Aiutaci a vivere la sofferenza come le doglie di un parto, Signore, un parto che dia alla luce una vita nuova, una vita diversa; fa’ che dimoriamo nella gioia senza fine che solo tu ci puoi dare, Dio benedetto nei secoli!

Paolo Curtaz

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