1. Lettura del Vangelo secondo Giovanni 12, 35-50
    In quel tempo. Il Signore Gesù disse alla folla: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro.
    Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia:
    «Signore, chi ha creduto alla nostra parola? / E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?». / Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: / «Ha reso ciechi i loro occhi / e duro il loro cuore, / perché non vedano con gli occhi / e non comprendano con il cuore / e non si convertano, e io li guarisca!».
    Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio.
    Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

È luce, il Signore. Le sue parole illuminano le nostre scelte, rischiarano le nostre tenebre. La fede, come più volte abbiamo detto, è la luce che illumina la nostra stanza interiore. è come se vivessimo in un luogo oscuro: impariamo a muoverci, col passare degli anni, a riconoscere gli oggetti che ci stanno attorno, ad avere una vita “normale”. Poi, d’improvviso, qualcuno apre gli scuri e la luce del sole entra nella nostra stanza. Gli oggetti sono gli stessi, la nostra vita è la stessa, ma ora tutto ha un aspetto diverso: ciò che in precedenza non riuscivamo a capire è chiaro, e nulla più ci fa paura. La fede diventa misura dell’essere e dell’agire. Accogliere le parole del Signore, fidarsi di lui, significa fare questa bruciante esperienza di novità che cambia il nostro modo di vedere le cose. La stessa Parola, però, discrimina e giudica. Chi si ostina a non lasciare entrare la luce si condanna a vivere nell’oscurità. La tenebra, quindi, non è “punizione” divina ma conseguenza della nostra libera scelta.

E poi grida Gesù. Ha capito che non sono bastati i discorsi convincenti, né i gesti eclatanti, né la sua autenticità e il suo amore adulto e passionale a convincere il suo popolo e noi. Grida, perché si accorge di quanto possiamo essere tenaci nel conservare la rassicurante e orribile immagine di un Dio severo e giudice, così drammaticamente simile alle nostre piccinerie, che portiamo nel cuore. Grida, Gesù, stanco, stanco come quando era seduto al pozzo di Sicar ad aspettare la samaritana fragile, stanco di cercare l’uomo che lo fugge, che lo ignora. Grida, Gesù, ad alta voce. Cerca di perforare la nostra sordità, di scuotere le nostre intorpidite coscienze, di farci uscire dalla gabbia mentale in cui abbiamo rinchiuso Dio e il suo volto. Grida e dice che lui solo conosce il Padre, che lui solo sa svelare il vero volto di Dio. Grida Gesù, e dice che non vuole condannare nessuno, che non vuole in alcun modo farci restare in una logica di fede legata alla paura e ai sensi di colpa. Grida, Gesù, e spiega che la sua dedizione al Regno, il suo essere tutto orientato al Padre è il modo che lui ha di rendere testimonianza a Dio.

Ha parlato Dio, in Gesù Cristo: non possiamo far finta di non sapere, non possiamo passare il tempo ad aspettare che Dio ci bussi alla porta. Le Parole sono dette, scolpite sulla pietra, sono loro che ci giudicano. Mi immagino la scena quando, il giorno della nostra morte, vedremo la bellezza di Dio e diremo: l’avessi saputo prima, Signore, quanta inutile sofferenza avrei evitato! Cosa ci dirà, allora il Signore? Diciamocelo chiaro, amici: Dio ci ha parlato, in Gesù, non dobbiamo aspettare altre parole. Grida, dopo avere sussurrato. Grida perché è tutto di Dio. Ascolteremo, infine?

Paolo Curtaz