Vogliamo allora leggere alcune di queste parabole: anzitutto quella del seminatore. Gesù stesso spiegherà questa parabola, dopo aver fatto un ulteriore inciso che spiega perché si metta parlare in parabole. La parabola del seminatore, che giunge a questo punto del vangelo, vuole svelare l’atteggiamento del Signore nei nostri confronti. Leggetela bene: questo seminatore che non sta attento al fatto che i semi cadano anche sull’asfalto, rivela la generosità e la costanza di Dio (mi verrebbe da dire: la testardaggine …). Chi di noi butterebbe del seme sull’asfalto? Eppure il Signore tenta, ci tiene, non si sa mai … Dio continua a gettare senza fermarsi il seme della Parola nel cuore dell’umanità, anche su quella parte dell’umanità che ha il cuore indurito … Che bello questo! Dio non è ottimista: è di più! Là dove tutti dicono: “È impossibile cavarci fuori qualcosa di buono da questa persona”, lui dice: “Tentiamo ancora, non si sa mai.” Ricordate la parabola del fico? Il mezzadro lo vuole tagliare: da due anni non porta frutto. Il padrone lo rimprovera e vuole tentare ancora un anno, concimandolo e curandolo. Che bello questo! Dovete sapere che quando ero a Courmayeur, salendo in passeggiata verso l’Hermitage, appena sopra Plan Gorret, mi veniva in mente questa parabola del seminatore. Lì infatti si trova, in mezzo al bosco, un larice altissimo che è cresciuto sopra una grossa pietra di qualche metro cubo, portata a valle da una frana. Il seme, caduto sul sasso, ha trovato un po’ di terra, ha attecchito, e si è fatto strada nella roccia fino a raggiungere il terreno sottostante. la roccia, ora, è spaccata a metà e la pietra e l’albero convivono insieme … Ogni volta che incontro quell’albero lo ringrazio perché mi rivela ancora una volta che Dio ha ragione! Quando ci viene da dire: “Ma cosa insisti a parlare di Dio con quello lì?”, non abbiate paura: il seminatore ci testimonia che può accadere!
Una parte del seme cade in un luogo sassoso.
Un’altra parte della Parola cadde tra le spine e le spine crebbero e la soffocarono. E Gesù spiega: “Questi è colui che ascolta la Parola, ma le preoccupazioni di questo mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto.” È come chi giunge a dire: “Sono credente, ma non praticante.” Affermazione diffusissima! E io dico sempre: è come se uno dicesse: “Sono innamorato non praticante.” Che cosa vuol dire? Niente!
Le preoccupazioni di questo mondo! Le conoscete bene, vero? Il grosso rischio di vivere nel nostro tempo, da laici, è quello di scivolare inesorabilmente in quella che chiamo “dimenticanza.” Per questo motivo è indispensabile una comunità di riferimento: non importa che sia più o meno sgangherata. L’importante è che ci sia, perché ti richiama all’essenziale.
L’ultima parte – per fortuna! – cadde sulla terra buona e diede il frutto dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. E Gesù conclude: quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la Parola e la comprende. Mi chiedo: chi è colui che porta frutto? Chi di noi può dire: “Sì, modestia a parte, sono io il terreno buono”? Ho letto una risposta che mi è piaciuta moltissimo: credo che terreno buono sia chi, avendo letto questa pagina, si è ritrovato almeno in parte nei primi tre terreni. Perché ciò significa che è disposto a riconoscere i propri limiti, a lasciarsi davvero fecondare dal seme della Parola. Che bello! Che consolazione! In questi giorni dobbiamo pregare con costanza. E dire al Signore: “Maestro, fa’ che il terreno della mia vita porti frutto! Tu sai che il demonio, come gli uccelli della parabola, viene a beccare i semi prima che possano penetrare nel mio cuore d’asfalto ….” Bene amici: rendiamoci conto che questo è l’atteggiamento corretto: di chi si sente in debito, di chi riconosce e prende coscienza dei propri limiti. Il Signore ci può fecondare solo se abbiamo il coraggio della verità con noi stessi.
La zizzania (13,24-30)
Gesù continua con la Parabola della zizzania. Cari amici che vi scoraggiate: attenzione, il Signore parla per voi! Cari fratelli che pensate di non valere nulla, voi che convivete con quel difetto che ritenete insostenibile, animo!
Questa parabola si riferisce al Regno di Dio. Quante volte ci guardiamo intorno e diciamo: “Signore, con tutta la violenza che c’é giro, l’indifferenza, l’odio, come possiamo vedere il Regno? Se tu ci ami, da dove deriva tutta questa tenebra?” È il Nemico che ha fatto questo. Dobbiamo sradicare? Armarci e fare la guerra dei buoni? No: il Signore ci chiede di pazientare, di lasciar fare a lui.
Possiamo però leggere questa parabola a un livello più personale. Lo hanno fatto i Padri della Chiesa perciò siamo in buona compagnia! È un ammonimento, un’esortazione, per non dividere il mondo in buoni (che quasi sempre coincidono con noi) e i cattivi (che, sempre casualmente, coincidono con chi ci ha fatto del male) … No! Il grano buono e la zizzania convivono dentro di noi. Siamo schietti: cosa faremmo noi al posto di Dio? Non ci verrebbe da strappare via i difetti che abbiamo dentro? Non vorremmo forse illuminare, in tutta sincerità, le parti tenebrose che ci abitano? No: il Signore ci chiede di pazientare, di aspettare, di fidarci di Lui. Signore, che ascesi ci chiedi! Non sto dicendo, attenti bene, di disinteressarci del campo. No: dobbiamo vigilare a che la zizzania non soffochi il buon grano! Ci è chiesto, però, di guardare il campo con lo sguardo del padrone che ha pazienza. Pensate alle conseguenze di ciò che vi sto proponendo! Ci rendiamo conto che siamo un campo seminato a buon grano? Siamo convinti della nostra assoluta positività di nascita? Non siamo tentati di dire che non valiamo nulla o, peggio, di gonfiare gli aspetti positivi che abbiamo mascherandoci agli altri?
Il lievito (13,31-33)
La penultima parabola che vediamo assieme è quella del granellino di senapa e del lievito. Il Regno è una piccola cosa, non fa rumore, non alza gli stendardi, non schiera gli eserciti. Solo Berlicche li vede e ne ha paura … Il Regno avanza piano piano, nascostamente. State tranquilli che la cronaca bianca non appare sui quotidiani. Non provate anche voi un senso di depressione e scoraggiamento alla fine di un telegiornale? Il Maligno gode a farvi credere che tutto è negativo, che nulla funziona, che niente mai cambierà. Lui ci tiene a farvelo credere perché così vi distoglie la realtà. E la realtà è molto semplice: il Regno di Dio avanza inesorabilmente. Non sapete vedere i gesti di amore e di bontà che il Signore semina a piene mani? Perché nessuno parla dei milioni di gesti di bontà, di solidarietà, di amore che ogni giorno si consumano nel mondo? L’uomo è buono: questo ci dice la nostra fede. L’uomo è immagine di Dio, questo crediamo. Certo: la nostra libertà è messa a dura prova, il Signore forse ha sopravvalutato questa creatura, riempendola di una dignità ineguagliabile. Ma è così che Lui vuole. L’uomo è redento, salvo, positivo, questo annuncia il cristianesimo. Di questo talora si dubita, è vero. Ma noi lo crediamo. Crediamo che anche il peggiore tra gli uomini, circondato d’amore, può far uscire da sé il meglio. Non ci credete? Sentite cosa vi dice Olivero, o Ciotti, delle decine di brigatisti che si sono avvicinati alla fede, hanno incontrato Cristo. Leggete la vita di Jacques Fesh, questo giovane viziato, convivente, che decide di uccidere il socio di suo padre negli anni ‘50 in Francia per rubargli i soldi necessari all’acquisto di una barca per fare il giro del mondo! Durante quella rapina Jacques, in trappola, ucciderà un poliziotto. Arrestato verrà condannato alla ghigliottina. Nel carcere terrà sempre un atteggiamento cinico, spavaldo, un Pietro Maso d’oltralpe. Ma una notte Dio lo aspetta e, nel cuore della notte, una notte tumultuosa, resa tormentata dalla fede del suo avvocato difensore, Jacques si converte. Una conversione totale, repentina, che solo la Grazia può operare. Vivrà i suoi ultimi mesi di vita completamente cambiato e dal profondo degli Inferi è risalito alla luce della fede. Crediamo davvero che il Signore può far lievitare la negatività di questo mondo? Credete davvero che le nostre piccolezze, le nostre miserie, le nostre fragilità possano fermare la Grazia di Dio? Davvero? L’uomo ha bisogno di sentirsi amato per rendersi conto che il suo egoismo è una gabbia che lo uccide, che solo l’amore lo rende libero. Noi, in fondo in fondo, pensiamo che sia libero chi può fare quello che vuole. Sbagliato! È libero solo chi sa amare.
Il tesoro e la perla (13,44-46)
Un ultimo accenno a questa piccola parabola. Matteo parla di sé in questa parabola. Ci dice: è valsa la pena! Sono passati tre anni dalla sua chiamata, forse trenta nel momento in cui scrive… Ora Matteo ci dice che sì, ha trovato il tesoro, ha venduto tutto per la perla e ha fatto bene. Fidatevi di Matteo! Vale la pena investire tutto per il Regno. Dateci sotto!
(da “Il Gesù di Luca e di Matteo”, appunti, 1997)