Via Crucis

La crisi di fede

Ci sono dei momenti nel nostro itinerario di fede in cui il Signore ci dice: coraggio, marciare! Vai all’altra riva! Gesù ci lascia volontariamente sulla barca che è la Chiesa, ci lascia raggiungere l’altra riva da soli, ci considera degli adulti.
Leggiamo:
“Congedata la folla, Gesù salì sul monte, solo, a pregare.”
Questo Signore che prega, questo Gesù completamente immerso nella preghiera ha scosso gli apostoli, scuote anche noi. Gesù che prega? Ma non era Dio? Che bisogno aveva? Certo, se per noi la preghiera significa chiedere qualcosa, non ha senso che Gesù preghi! Ma se la preghiera è il respiro di Dio che riempie i nostri polmoni, allora Gesù è l’uomo della preghiera perché vive in intimità con il Padre. E il motivo principale per cui noi preghiamo è perché Gesù ha pregato.

La preghiera è, nel silenzio o nel tumulto del nostro cuore, l’incontro intimo con la presenza di Dio. E se l’incontro non avviene, la preghiera è comunque gravida di gioia, perché anche il silenzio e l’attesa sono abitati da Dio. Chi ha incontrato Cristo non può fare a meno di pregare. E questo desiderio nasce anzitutto dal fascino che esercita questo Gesù che prega. Perché pregare? Perché imitiamo Gesù che attinge nella notte al Mistero del Padre. Lasciamoci affascinare da una preghiera che è intimo colloquio con Dio, incontro silenzioso e pacato con la grazia di Dio. Questo e solo questo è la preghiera. Il resto è di più, se viene, se serve. E vedete, in questa pagina, che non c’è nessun riferimento al fatto di distrarci o meno … l’essenziale è l’atteggiamento interiore del desiderio della preghiera.

“La barca intanto distava già qualche miglia da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.”
A chi non è mai successo di essere in un momento in cui ha l’impressione di essere in mezzo al mare in tempesta e di remare controvento? Qualcuno penserà: “è tutta la vita che remo controvento!” é possibile, mi dispiace. Una lettura di fede, però, ci suggerisce che, bene o male, questo è un momento che tutti dobbiamo attraversare. Il momento della fatica, del remare contro, della stanchezza interiore, del lutto, dell’aridità: insomma il momento in cui si ha la netta percezione che il Signore non ci sia! Gesù stesso – e questo è un immenso mistero – ha sperimentato questa aridità, questo senso di abbandono. Che mistero sconvolgente! Gesù nell’orto degli Ulivi che si sente abbandonato! Ci fermiamo alle soglie del Mistero, veramente, intuendo che la percezione di Gesù di abbandono è autentica, drammatica, vissuta per essere in comunione con noi.

“Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sulle acque.”
Qualcuno penserà: “Buon Dio, quand’è la fine della notte!” Ebbene: quel mare minaccioso, quelle onde che travolgono, quei flutti che spaventano, si trasformano nel tappeto regale che ci porta a Gesù. é un’immagine bellissima questa di Gesù che cammina sull’aspetto minaccioso del lago. Tra l’altro: sapete che il lago di Galilea è molto grande, e che, a causa dell’escursione termica e delle correnti fredde del Giordano che lo alimenta, davvero può provocare delle tempeste come in mare. A questo proposito sappiate che gli Ebrei avevano un terrore puro dell’acqua! Non sono certo i Fenici, anzi … Il mare, l’acqua primordiale, è abitata da strani esseri (il Leviathan) e la paura è sempre presente. é una cosa normale per un popolo che non aveva grandi esperienze di navigazione, né tantomeno delle tecniche per poter affrontare il Mediterraneo. Insomma: il lago in tempesta, l’acqua che ti sommerge è il segno della peggior disgrazia che ti può succedere. Pensate alla vostra, alle vostre paure più recondite. Ebbene: il Signore viene sul mare, vi cammina sopra. Sopra le tue difficoltà più insormontabili, il Signore cammina.

“I discepoli, al vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: “é un fantasma! E si misero a gridare della paura.”
Alle volte la paura del mare è così grande, alle volte la disperazione è così profonda che non riconosciamo neppure la presenza di Cristo e lo prendiamo per un fantasma. Siamo talmente turbati che non riconosciamo neppure la presenza del Signore. E Gesù dice a noi come ha detto agli apostoli: “Coraggio sono io, non abbiate paura!” Che bella questa affermazione di Gesù! Trovo che l’infondere coraggio sia, da parte di Gesù, una delicatezza estrema. Così, ricordate, l’angelo infonde coraggio a Maria e a Zaccaria nelle rispettive annunciazioni. Così Gesù Risorto infonde coraggio agli apostoli quando appare. Così, che bello, quando Giovanni Paolo II è stato chiamato a diventare Vescovo di Roma, ha seguito queste orme dicendo come primissima cosa: “Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo!” Non avere paura, amico: il Signore non desidera che il tuo bene. più che abbracciarti, cosa vuoi che ti faccia? più che amarti cosa vuoi che succeda? “Coraggio, sono io, non abbiate paura.”

Pietro disse: “Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque.”
Pietro chiede di superare la sua difficoltà, di affrontare la sua paura, di camminare anche lui sulle acque. Ma noi lo facciamo a mo’ di ricatto! diciamo: “Signore se esisti fa’ che succeda così e così!”, siamo noi che diciamo a Dio cosa deve fare! Terribile! é Dio che deve fare la nostra volontà, non noi la sua. Ma cos’è la volontà di Dio? Occorre capirci: bisogna dire anzitutto che “fare la volontà di Dio” significa prendere consapevolezza che la sua volontà è più lungimirante della mia, più autentica, più orientata alla mia felicità più vera, e io mi ci adeguo, mi fido. Noi invece diciamo: “Signore sia fatta la tua volontà, soprattutto se assomiglia alla mia!” Quando parliamo di volontà di Dio non intendiamo il piegare la testa davanti a un Moloc vendicativo che mi chiede di rispettare i suoi capricci. Se mi muore un figlio non posso inchinarmi dicendo: “è la volontà di Dio!”Vi voglio narrare un episodio successomi in Parrocchia. Una coppia che ha perso, qualche anno fa, il figlio unico, a vent’anni, in montagna. Sono piombati nel dolore più insaziabile, facendosi anche accalappiare da persone che proponevano esperienze esoteriche (pericolosissime). Una tristezza senza fine, una morte senza scampo. D’improvviso un’amica della mamma gli propone di fare un servizio in Parrocchia. Accetta, comincia a sciogliersi. Dopo due anni decide di confessarsi. Era alla fine di una confessione comunitaria. Io sapevo la durezza che abitava nel cuore di questa persona. Si avvicina, io ero in imbarazzo, non sapevo che dire, invoco mentalmente lo Spirito. Lei esordisce dicendo: “Devo chiedere scusa a Dio. é dalla morte di mio figlio, dieci anni fa, che non mi confesso.” Io le ho risposto: “No, aspetta, è Dio che ti chiede scusa.” Questa affermazione le ha spalancato il cuore alla misericordia…
Attenti, amici, con le parole. Attenti quando diciamo: è volontà di Dio questa morte. No! é un mistero a cui dobbiamo accostarci con rispetto, quello della sofferenza. Perché Dio permette la sofferenza? Non lo so, giuro. So solo che Dio ha sofferto, e questo mi basta.
Volontà di Dio. Che mistero! La nostra preghiera, allora, va nella direzione di capire il disegno che Dio ha su di me, non chiedere a Dio di facilitarmi il progetto che mi sono fatto. Intorno al mese di maggio la presenza dei giovani alla Messa feriale ha un improvviso innalzamento. Santa fifa degli scrutini ora pro nobis! Pagani! Perché chiedete a Dio che il vostro compito di matematica vada bene? Il Signore non vi considera dei minorati: vi ha dato tutti gli strumenti affinché il compito vada benissimo! Questo intendo con “sfida”: quando banalizziamo il rapporto con Dio. Quando diciamo “se esisti fa’ che ….”

Torniamo al testo:
“Ed egli – Gesù – disse: Vieni.”
Il Signore accetta la sfida e Pietro crede. Qualche passo soltanto, ma crede. Noi lo avremmo fatto? Ci saremmo buttati in acqua? Lui sì: è un impulsivo, un ingenuo, ma si butta.

“Scendendo dalla barca si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.”
All’uomo che crede è concesso di camminare sul mare della propria inquietudine, della propria sofferenza, della propria tenebra. Sì: è concesso, almeno un po’. Ma :
“per la violenza del vento s’impaurì e cominciando ad affondare gridò: ‘Signore, salvami!’. E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e disse: ‘Uomo di poca fede, perché hai dubitato?’.”
Stavi andando bene, Pietro! Perché hai dubitato? Ricordate sicuramente il parallelo di Marco: Gesù è presente sulla barca, ma dorme. E ancora rimprovera i discepoli dicendo: “Perché avete dubitato?” Perché dubitiamo? Il Signore è sulla barca con noi! Perché spaventarci, egli è presente! Tutto ce lo testimonia, non dubitiamo.
Matteo scrive questo episodio apposta per noi, per infonderci coraggio, per dirci che anche loro, gli apostoli, hanno faticato, hanno dubitato, ma hanno creduto.
Infine voglio spendere due parole su Pietro. Perché mai Pietro è stato scelto come garante della nostra fede? Perché crede. é l’unico che si è buttato, impulsivo come sempre. Leggete il vangelo e sottolineate le brutte figure di Pietro l’irruente! é spettacolare! Eppure è stato scelto, perché sincero, perché capace di riconoscere i propri errori. Perciò è stato scelto. Allora, amici, quando parliamo dell’attuale Papa, per cortesia, andiamo all’essenziale. Non si tratta di idolatrare un uomo o di denigrarlo. Si tratta di vedere una funzione: Pietro è lì a dirci: “La fede in cui credete è la stessa che da duemila anni ci tramandiamo.” Perciò preghiamo per Pietro durante ogni eucarestia: perché lo Spirito lo accompagni in questo cammino così impegnativo! Vi testimonio, perciò, ciò che la Chiesa crede da sempre: che non importa se il Papa sia simpatico o meno, polacco o bulgaro, l’importante è che custodisca la fede. Ciò detto non posso che sottolineare il fatto che nell’ultimo secolo abbiamo avuto una sfilza di Papi santi: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, tutti Papi di cui è iniziata la causa di beatificazione … Andiamo all’essenziale: Pietro si getta perché si fida, l’unico. Pietro con le sue fragilità, il suo entusiasmo, la sua poca fede, ci assomiglia tanto. Perciò è stato scelto a garantire la nostra piccola fede: perché, come noi, ha paura. Perciò è grande: perché, più di noi, si é buttato …

(da “Il Gesù di Luca e di Matteo”, appunti, 1997)