Chi, come me, ha la malsana abitudine di accendere la radio appena sveglio, mentre si alza, fa colazione e sbriga i mestieri prima di iniziare la giornata lavorativa, sa che negli anni il disagio è aumentato.
Nubi fosche si addensano all’orizzonte: le guerre conclamate o ignorate, i toni che si alzano, le manifeste ambizioni espansionistiche dei grandi della terra, l’incapacità della nostra vecchia Europa e trovare una voce comune… Ci sono dei giorni in cui vorrei lasciar perdere e ascoltare della sana musica invece che seguire le cupe litanie dei pericoli che stiamo correndo.
L’uomo, alla fine, è destinato a soccombere travolto dalla propria aggressività?
Abbiamo gettato la maschera anche noi in Occidente? Ci liberiamo dell’ipocrisia, del politicamente corretto, possiamo finalmente sfogare la nostra vera natura finora compressa dentro un bozzolo di buonismo?
Sì, forse.
E mi chiedo, da pensatore, da teologo, da cercatore di Dio: quindi è così che andrà a finire, come sempre? Vincerà il forte, l’aggressivo, il violento, lo spregiudicato?
Come sembra accadere nella quotidianità, come, con disagio sperimento ogni giorno?
Forse è proprio così. Meglio farsene una ragione.
O forse no.
Una voce ci giunge da lontano. Da dentro. Una voce che illumina, scuote, provoca, nutre, giudica, accarezza, spinge, incoraggia. La voce del rabbì.
Commento al Vangelo del 23 Febbraio 2025
Settima domenica durante l’anno, anno di Luca
1Sam 26,2-7-9.12-13.22-23/1Cor 15,45-49/Lc 6,27-38
Se amate
Mette paura, siamo sinceri.
Chi, come me, ha la malsana abitudine di accendere la radio appena sveglio, mentre si alza, fa colazione e sbriga i mestieri prima di iniziare la giornata lavorativa, sa che negli anni il disagio è aumentato.
Nubi fosche si addensano all’orizzonte: le guerre conclamate o ignorate, i toni che si alzano, le manifeste ambizioni espansionistiche dei grandi della terra, l’incapacità della nostra vecchia Europa e trovare una voce comune… Ci sono dei giorni in cui vorrei lasciar perdere e ascoltare della sana musica invece che seguire le cupe litanie dei pericoli che stiamo correndo.
L’uomo, alla fine, è destinato a soccombere travolto dalla propria aggressività?
Abbiamo gettato la maschera anche noi in Occidente? Ci liberiamo dell’ipocrisia, del politicamente corretto, possiamo finalmente sfogare la nostra vera natura finora compressa dentro un bozzolo di buonismo?
Sì, forse.
E mi chiedo, da pensatore, da teologo, da cercatore di Dio: quindi è così che andrà a finire, come sempre? Vincerà il forte, l’aggressivo, il violento, lo spregiudicato?
Come sembra accadere nella quotidianità, come, con disagio sperimento ogni giorno?
Forse è proprio così. Meglio farsene una ragione.
O forse no.
Una voce ci giunge da lontano. Da dentro. Una voce che illumina, scuote, provoca, nutre, giudica, accarezza, spinge, incoraggia. La voce del rabbì.
A voi che ascoltate io dico. […]
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