La sconcertante pagina dell’incontro con la Cananea di domenica scorsa ci ha svelato un Gesù che sa parlare duramente per rivelarci a noi stessi. La preghiera superstiziosa e disperata della donna che le ha provate tutte per guarire la figlia, ci insegna a rivolgerci al Dio di Gesù non come ad un despota da convincere, ma come ad un padre che sa di cosa hanno bisogno i propri figli.
In questa scoperta progressiva del volto del Dio di Gesù, guidati dalla forte esperienza di Levi, il pubblicano diventato discepolo, arriviamo oggi ad un momento cruciale di conoscenza di se stessi: Gesù si mostra per ciò che è, Simone scopre di essere un roccia su cui si può fare affidamento.
Esami
Ogni anno, verso la fine dell’estate, ritroviamo nel nostro itinerario interiore la pagina di Cafarnao, il momento più importante dell’esperienza degli apostoli, il momento in cui il Signore li invita a fare il punto della sequela, a riscoprire le ragioni delle loro scelte.
Così, anche per noi, giunge puntuale la domanda: perché seguiamo Gesù? Chi è Gesù per noi?
Non diamo nulla per scontato: il Signore insiste perché, nel silenzio della preghiera, ricollochiamo nella nostra vita la sua presenza.
Gesù inizia la serata facendo un sondaggio d’opinione tra i suoi, vuole avere notizie sulla sua fama, sul risultato della sua predicazione. Dopo avere ascoltato, pone, inattesa, la domanda ai suoi: “Per voi, invece, cosa rappresento?”
Come domenica scorsa con la Cananea, Gesù chiede di passare dalle discussioni teoriche sulla “religione” alla messa in discussione di noi stessi.
La Cananea contestava la divinità che, a suo parere, doveva esaudirla. Gesù, duramente, la portava ad interrogarsi sulla sua (limitata) visione di Dio.
Che idea ha la gente di Gesù? Se ne parla, spesso, forse mai nessun personaggio della storia ha suscitato tante discussioni, ma il rischio è quello di restare al piano della chiacchiera.
Noi, discepoli, non restiamo nel vago, non facciamo salotto, schieriamoci, isoliamoci e lasciamo che la bruciante domanda del Rabbì ci perfori il cuore: chi è davvero Gesù di Nazareth per me? Un grande uomo del passato? Una distratta divinità cui rivolgermi? Un amico da contattare quando le cose non funzionano?
Il grande Simone
Pietro si schiera: egli è l’atteso da Israele, dalle genti, egli è il nuovo re Davide, il volto di Dio, il grande Profeta e re venuto a restaurare il Regno. Domenica prossima vedremo che questa consapevolezza, in Pietro, dovrà maturare: egli s’immagina un Messia trionfante, un Dio vittorioso, resterà scandalizzato dall’apprendere che Gesù non vuole il successo, ma l’amore e la conversione, ed è disposto a morire per questo…
Anche per noi, l’affermazione catechistica della messianicità di Cristo significa scontrarsi su come Gesù intende la regalità, occorre scavare, approfondire, avere il coraggio di chiederci se a noi un Dio come quello presentato da Gesù ci sta (sul serio) bene.
Scelte e scoperte
Domenica della scelta, scelta che continuamente siamo chiamati a compiere, dell’incontro con lo sguardo del Nazareno – vivo – che ci chiede adesione al suo progetto di vita, che non vuole un’appartenenza di abitudine o di facciata, ma una passione almeno pari a quella che lui ha per ciascuno di noi.
Fermiamoci, infine, sul dialogo che intercorre tra Pietro e Gesù. O, meglio tra Simone e Gesù. Ridotto all’osso potremmo dire che Simone dice a Gesù: “Tu sei il Cristo”, che significa: “Tu sei il Messia che aspettavamo”, una professione di fede bella e buona e, decisamente, ardita.
Ardita perché Gesù non risponde ai canoni del Messia atteso: niente patriottismo esaltato in lui, né regalità, né comportamenti aulici e strabilianti. Al contrario: Gesù usa un tono pacato, quasi dimesso, dà una interpretazione del tutto nuova al mistero di Dio.
Pietro, riconoscendo nel falegname l’inviato di Dio, fa un salto di qualità determinante nella sua storia, un riconoscimento che gli cambierà la vita. Gesù risponde: “Tu sei Pietro”.
Simone scopre il suo nuovo volto, una dimensione a lui sconosciuta, che lo porterà a garantire la saldezza della fede dei suoi fratelli. Sapeva di essere un testone, scopre di essere una roccia; sapeva di essere un irruento, un sangue caldo; il Signore gli svela che su questo difetto potrà costruire un ruolo, aiutare i fratelli.
Pietro rivela che Gesù è il Cristo, Gesù rivela a Simone che egli è Pietro.
Quando ci avviciniamo al mistero di Dio sveliamo il nostro volto; quando ci accostiamo alla Verità di Dio riceviamo in contraccambio la verità su noi stessi. Confessare l’identità di Cristo ci restituisce la nostra profonda identità
Il Dio di Gesù non è un concorrente alla mia umanità.
Alcuni sono persuasi che aprendosi alla misericordia di Dio quasi venga a mancare una parte della propria umanità. Molti hanno la comica immagine del cattolico come mezzo-uomo, animale da sacrestia (immagine talora confermata da certi nostri devoti!). Niente di più fasullo: se il Dio in cui crediamo ci fa decrescere in umanità, non è il Dio di Gesù Cristo.
Quanti, avendo seguito con più decisione la presenza del Signore Gesù, giungono a dire che hanno imparato a diventare veramente uomini! Non abbiamo paura, quindi, a fidarci di questo Dio che davvero ci può rivelare a noi stessi, con semplicità e verità.