Mi intenerisco pensando a Gesù che parla ai suoi discepoli, a quei discepoli, a noi discepoli, fragili, scostanti, colmi di contraddizioni, rissosi; discepoli raccogliticci, così diversi fra loro, che Gesù porta con sé per educarli, per farli diventare profezia di un mondo diverso in cui si vive senza sbranarsi vicendevolmente. Un mondo riconciliato, infine.
Mi intenerisco pensando a Matteo che quelle parole ricorda e scrive, indirizzandole ad una comunità frastornata dagli eventi storici, dalla distruzione del tempio, dal sentirsi fragile vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro.
Lo leggo e lo rileggo. Ma sul serio? Davvero Gesù crede a questa roba? Davvero è possibile realizzare quanto dice?
Mi guardo attorno. Mi guardo dentro. Luce e tenebre ci abitano, mi abitano, inestricabili, fanno parte della stessa tavolozza, necessaria alla libertà, essenziale all’amore. Vedo in me e attorno a me tanta pace, bellezza, amore e passione. Ma anche tanta rabbia e violenza, vittimismo e scoraggiamento. Luce e tenebra essenziali l’una all’altra, due facce della stessa medaglia.
Vedo gente aggressiva, scontenta, pettegola, sempre pronta ad accusare, a giudicare, a denigrare, a giustificarsi. Anche nella Chiesa.
Vedo cristiani inutilmente moralisti, intransigenti con gli altri e accondiscendenti con se stessi, arroccati, che si sentono gli avvocati di Dio, che si pensano, se non migliori, almeno non peggiori degli altri.
Ed è normale che sia così. Istintivo. Veniamo dal fango.
E pensiamo che, alla fine, non ci siano altri modi di essere, di vivere, di relazionarsi.
Gesù, al solito, fa nuove tutte le cose. Spariglia le carte.
Commento al Vangelo del 10 Settembre 2023
Ventitreesima domenica durante l’anno
Ez 33,7-9/ Rm 13,8-10/ Mt 18,15-20
Guadagni
Mi fa tenerezza leggere questo brano.
Mi intenerisco pensando a Gesù che parla ai suoi discepoli, a quei discepoli, a noi discepoli, fragili, scostanti, colmi di contraddizioni, rissosi; discepoli raccogliticci, così diversi fra loro, che Gesù porta con sé per educarli, per farli diventare profezia di un mondo diverso in cui si vive senza sbranarsi vicendevolmente. Un mondo riconciliato, infine.
Mi intenerisco pensando a Matteo che quelle parole ricorda e scrive, indirizzandole ad una comunità frastornata dagli eventi storici, dalla distruzione del tempio, dal sentirsi fragile vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro.
Lo leggo e lo rileggo. Ma sul serio? Davvero Gesù crede a questa roba? Davvero è possibile realizzare quanto dice?
Mi guardo attorno. Mi guardo dentro. Luce e tenebre ci abitano, mi abitano, inestricabili, fanno parte della stessa tavolozza, necessaria alla libertà, essenziale all’amore. Vedo in me e attorno a me tanta pace, bellezza, amore e passione. Ma anche tanta rabbia e violenza, vittimismo e scoraggiamento. Luce e tenebra essenziali l’una all’altra, due facce della stessa medaglia.
Vedo gente aggressiva, scontenta, pettegola, sempre pronta ad accusare, a giudicare, a denigrare, a giustificarsi. Anche nella Chiesa.
Vedo cristiani inutilmente moralisti, intransigenti con gli altri e accondiscendenti con se stessi, arroccati, che si sentono gli avvocati di Dio, che si pensano, se non migliori, almeno non peggiori degli altri.
Ed è normale che sia così. Istintivo. Veniamo dal fango.
E pensiamo che, alla fine, non ci siano altri modi di essere, di vivere, di relazionarsi.
Gesù, al solito, fa nuove tutte le cose. Spariglia le carte.
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