Ventiquattresima domenica per annum B

Is 50, 5-9/Gc 2,14-18/Mc 8, 27-35

Credere o cedere

Possiamo averlo incontrato, Gesù.

E riconosciuto, certo.

Avere assistito, come Pietro, Giovanni, Andrea, alle sue parole, ai suoi gesti. Possiamo averlo frequentato sin da bambini e possiamo essere cresciuti a pane e oratorio. Oppure abbiamo riscoperto la fede da adulti disincantati e distratti, non particolarmente interessati dalle cose della Chiesa.

Un cammino semplice, fatto di ascolto, di preghiera, magari sostenuti e portati da una comunità significativa, da preti e suore credibili (averne).

Allora, andando a vedere, frequentando giorno dopo giorno il Vangelo, imparando a conoscerlo, a scrutarlo, a pregarlo, il nostro cuore si è aperto alla fede.

E, alla fine, sopraffatti dalla verità, ci siamo arresi al corteggiamento di Dio.

Non ci siamo fermati al si dice intorno al Signore. Non ci siamo accodati ai tanti che distrattamente parlano di Gesù solo come di un personaggio storico, un buon uomo finito male, un sognatore schiantato dalla violenza e dall’arroganza dei potenti del tempo. Bravo, per carità, un pezzo di pane, ma niente di più.

Abbiamo lasciato che la provocazione ci raggiungesse nel profondo.

Là dove l’anima vibra. Là dove ossa e soffio vitale si saldano.

Abbiamo avvertito in noi stessi quella domanda impertinente, scomoda, lacerante.

Lascia stare il giudizio degli altri. Tu, chi dici che io sia?

Allora, anche noi, sul serio, commuovendoci, forse,, abbiamo risposto: sei il Cristo. […]

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