Quindicesima domenica durante l’anno

Is 55,10-11/ Rm 8,18-23/ Mt 13,1-23

Seminatori di querce

Insomma, dai, siamo onesti.

Dopo duemila anni di cristianesimo, dove sono i cieli nuovi e la terra nuova in cui avrà stabile dimora la giustizia? Dove la salvezza se stiamo assistendo, inorriditi e impotenti, alla guerra fra due nazioni cristiane? Dove il Regno se l’ordine mondiale mette al primo posto il guadagno (anche fra popoli evangelizzati da secoli)?

E, nelle nostre parrocchie spaesate, dove i frutti di tanta semina, della catechesi ai fanciulli, degli oratori? Dove gli sposi cristiani? Dove la profezia di un mondo diverso nelle nostre relazioni, nei nostri gruppi e movimenti?

E abbiamo l’impressione che sia tutto inutile. Solo una minima parte della semina porta frutto.

Bene: siamo in buona compagnia.

Sono le domande che si poneva la comunità di Matteo, travolta dalla repressione dell’Impero romano che era giunta a distruggere il tempio. Una catastrofe, la fine di un mondo, anche di un mondo di fede: Dio era stato apparentemente sconfitto dall’aquila romana.

Matteo, come risposta, propone alla sua comunità scoraggiata, e alla nostra, la parabola del seminatore. Propone di vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Ecco: il seminatore uscì a seminare.

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