Domenica dopo Natale, festa della famiglia 1Sam 1,20-22.24-28; 1Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52
Anzitutto
Natale di guerra. Che novità. E di paura. Ma dai. E di sentimenti ed emozioni contrastanti, come sempre.
Mentre chi ci crede a questo Dio che è venuto e tornerà, ogni anno vede che la Parola viene sommersa dalle parole, e la provocazione del Natale viene annacquata, sostituita, infarcita di buoni (ed inutili) sentimenti. Siamo quasi rassegnati a vederci rubato il Natale.
Ma, nonostante questo logoramento che pare inevitabile, nonostante la frattura che pare insanabile fra realtà e Vangelo, Dio viene. Qui, ora, ancora e ancora.
Un Natale come tanti, forse, mentre ci prepariamo ad attovagliarci per salutare il nuovo anno.
Ma che, segna quest’anni, un impegno, un dono, una grazia. È iniziato l’anno santo. Un anno forte, in cui accogliere il dono di Dio, in cui chiedere perdono, in cui liberare gli schiavi, in cui riposare il cuore e far riposare la terra, in cui condonare i debiti, quelli concreti, che soffocano, e quelli spirituali, che uccidono l’anima.
E, come sempre, la domenica fra Natale e Capodanno, la Chiesa, con tempismo curioso ad essere onesti, volge lo sguardo sulla famiglia, su questa famiglia.
Un po’ irrealistica, come proposta. Con quella famiglia così strana, diversa, unica.
Con le difficoltà che tutti abbiamo nel vivere relazioni significative e costruttive nei nostri ambiti famigliari. Con l’idea dominante che gli affetti ormai sono territorio di libera interpretazione, affidati all’ambito intangibile della coscienza personale.
E il timore, sempre presente, che la Chiesa e il suo magistero (rigorosamente celibe) proponga un’idea di famiglia stereotipata, bella certo, magnifica, ma così lontana dalle nostre beghe, dalla realtà di relazioni faticose e non sempre vitali.
Insomma una domenica in cui lasciarsi scivolare addosso le tante parole che si diranno, facendo finta di non avere vissuto un Natale forzatamente sereno, con la rissa pronta a scattare in quelle riunioni famigliari obbligatorie del Natale con i tuoi.
Eppure, se abbiamo il coraggio di leggere con un cuore aperto, scopriamo qualcosa di inatteso e consolante: siamo tutti pronti a giudicare, noi per primi, i nostri fallimenti affettivi.
Commento al Vangelo del 29 Dicembre 2024
Domenica dopo Natale, festa della famiglia
1Sam 1,20-22.24-28; 1Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52
Anzitutto
Natale di guerra. Che novità. E di paura. Ma dai. E di sentimenti ed emozioni contrastanti, come sempre.
Mentre chi ci crede a questo Dio che è venuto e tornerà, ogni anno vede che la Parola viene sommersa dalle parole, e la provocazione del Natale viene annacquata, sostituita, infarcita di buoni (ed inutili) sentimenti. Siamo quasi rassegnati a vederci rubato il Natale.
Ma, nonostante questo logoramento che pare inevitabile, nonostante la frattura che pare insanabile fra realtà e Vangelo, Dio viene. Qui, ora, ancora e ancora.
Un Natale come tanti, forse, mentre ci prepariamo ad attovagliarci per salutare il nuovo anno.
Ma che, segna quest’anni, un impegno, un dono, una grazia. È iniziato l’anno santo. Un anno forte, in cui accogliere il dono di Dio, in cui chiedere perdono, in cui liberare gli schiavi, in cui riposare il cuore e far riposare la terra, in cui condonare i debiti, quelli concreti, che soffocano, e quelli spirituali, che uccidono l’anima.
E, come sempre, la domenica fra Natale e Capodanno, la Chiesa, con tempismo curioso ad essere onesti, volge lo sguardo sulla famiglia, su questa famiglia.
Un po’ irrealistica, come proposta. Con quella famiglia così strana, diversa, unica.
Con le difficoltà che tutti abbiamo nel vivere relazioni significative e costruttive nei nostri ambiti famigliari. Con l’idea dominante che gli affetti ormai sono territorio di libera interpretazione, affidati all’ambito intangibile della coscienza personale.
E il timore, sempre presente, che la Chiesa e il suo magistero (rigorosamente celibe) proponga un’idea di famiglia stereotipata, bella certo, magnifica, ma così lontana dalle nostre beghe, dalla realtà di relazioni faticose e non sempre vitali.
Insomma una domenica in cui lasciarsi scivolare addosso le tante parole che si diranno, facendo finta di non avere vissuto un Natale forzatamente sereno, con la rissa pronta a scattare in quelle riunioni famigliari obbligatorie del Natale con i tuoi.
Eppure, se abbiamo il coraggio di leggere con un cuore aperto, scopriamo qualcosa di inatteso e consolante: siamo tutti pronti a giudicare, noi per primi, i nostri fallimenti affettivi.
La Parola no.
La Parola indica una direzione. […]
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