Dalla paura del Covid alla paura del vaccino alla paura della guerra alla paura della crisi economica (basta fare il pieno o comprare la frutta per accorgersene). Da anni, ormai, ci nutriamo di paure.
La crisi economica, culturale e di civiltà che stiamo vivendo mettono a fuoco alcune cose che forse non erano ancora così chiare.
Il momento è piuttosto delicato, i nodi vengono al pettine. Anche per la Chiesa. La nostra Chiesa.
Che diamine, viviamo in Italia, la terra dei santi, dei navigatori e dei poeti!
Respiriamo cristianesimo da quando veniamo al mondo, siamo immersi in testimonianze d’arte che rimandano continuamente al Vangelo, teniamo così tanto alle nostre feste cristiane!
Tutto vero.
Più o meno.
Ma vivere in una società in cui i riferimenti storico culturali ancora si rifanno al Vangelo non significa essere discepoli di chi quel Nazareno professa essere Maestro e Signore. E, alla fine, la cosa è diventata evidente.
Certo, ci sono ampie zone del paese in cui le parrocchie radunano molte persone e si respira una religiosità popolare forte e radicata. Ma, appena si toccano le questione vere del Vangelo, ecco il fuggi-fuggi generale.
Ci scopriamo egoisti, vittimisti, razzisti, rabbiosi.
Come scriveva tempo fa il cardinal Ravasi: è il pensiero cristiano ad essere in minoranza, non il cristianesimo. Non è il cristianesimo ad essere in crisi, ma la forma storica che ha assunto in occidente e che fatica a dire di Dio.
Ecco allora la domanda peperina: esiste ancora la Chiesa? Chi è la Chiesa? Cosa identifica l’essere discepoli?
Il grande Luca ci aiuta, in questo percorso, mettendo a fuoco le necessità del discepolo.
Commento al Vangelo del 3 Luglio 2022
Quattordicesima domenica durante l’anno
Is 66,10-14/ al 6,14-18/ Lc 10,1-12.17-20
Pochi lavorano
Dalla paura del Covid alla paura del vaccino alla paura della guerra alla paura della crisi economica (basta fare il pieno o comprare la frutta per accorgersene). Da anni, ormai, ci nutriamo di paure.
La crisi economica, culturale e di civiltà che stiamo vivendo mettono a fuoco alcune cose che forse non erano ancora così chiare.
Il momento è piuttosto delicato, i nodi vengono al pettine. Anche per la Chiesa. La nostra Chiesa.
Che diamine, viviamo in Italia, la terra dei santi, dei navigatori e dei poeti!
Respiriamo cristianesimo da quando veniamo al mondo, siamo immersi in testimonianze d’arte che rimandano continuamente al Vangelo, teniamo così tanto alle nostre feste cristiane!
Tutto vero.
Più o meno.
Ma vivere in una società in cui i riferimenti storico culturali ancora si rifanno al Vangelo non significa essere discepoli di chi quel Nazareno professa essere Maestro e Signore. E, alla fine, la cosa è diventata evidente.
Certo, ci sono ampie zone del paese in cui le parrocchie radunano molte persone e si respira una religiosità popolare forte e radicata. Ma, appena si toccano le questione vere del Vangelo, ecco il fuggi-fuggi generale.
Ci scopriamo egoisti, vittimisti, razzisti, rabbiosi.
Come scriveva tempo fa il cardinal Ravasi: è il pensiero cristiano ad essere in minoranza, non il cristianesimo. Non è il cristianesimo ad essere in crisi, ma la forma storica che ha assunto in occidente e che fatica a dire di Dio.
Ecco allora la domanda peperina: esiste ancora la Chiesa? Chi è la Chiesa? Cosa identifica l’essere discepoli?
Il grande Luca ci aiuta, in questo percorso, mettendo a fuoco le necessità del discepolo.
Dal punto di vista di Gesù, non dal nostro. […]
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