Ventisettesima domenica durante l’anno

Gn 2,18-24/ Eb 2,9-11/ Mc 10,2-16

Però 

Provo disagio, poche storie. 

Leggo questo vangelo irritante, stordente, magnifico e incomprensibile, e provo una stretta al cuore. Chiudo e riapro il portatile molte volte, perché, alla fine, la devo pur accogliere questa pagina. La devo pur commentare.

Provo disagio perché la Parola di oggi racconta il sogno di Dio quando ha creato l’umano nella sua duplice configurazione maschile e femminile e vedo che quel sogno, per molti fra noi, è chimera, desiderio mai sopito, ferita profonda, illusione, delusione.

Perché tanti non si riconoscono in questo sogno: chi non ha incontrato una persona che condividesse la vita (sono quasi nove milioni in Italia), o chi ha vissuto un fallimento affettivo o chi si è rassegnato a sopportare una situazione di convivenza senza amore o condivisione.

E, peggio, penso ai tanti che, avendo vissuto un fallimento affettivo, si trovano giudicati all’interno delle nostre sé-dicenti comunità cristiane in cui, a volte, si bada più all’apparenza che alla sostanza, più alla regola che alla persona.

E così uomini e donne segnati e feriti ricevono dai discepoli del misericordioso (!) l’oltraggio di uno sguardo inquisitorio e giudicante come di chi è “irregolare” (ma quando cambieremo questo vocabolario osceno indegno del Vangelo!).

Provo disagio perché, come hanno finalmente certificato anche i vescovi nell’Amoris Laetitia, in occidente il modello del matrimonio cristiano è drammaticamente in crisi e a difenderlo sono rimasti in pochi (molti celibi peraltro) e, soprattutto, perché ciò che difendiamo alla fine, non è la novità del Vangelo ma la reiterazione di una tradizione.

Provo disagio perché abbiamo preso il linguaggio dell’amore e lo abbiamo costretto in quello angusto della norma giuridica, mortificandolo, vanificandolo.

Però. […]

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