1. Lettura del Vangelo secondo Matteo 10, 5b-15
    In quel tempo. Il Signore Gesù inviò i Dodici, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
    In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».

Continua il programma di annuncio del Vangelo che il Signore affida ai Dodici. Li ha chiamati a sé perché stessero con lui, ora li manda a costruire il Regno di cui egli è la caparra. Gesù dichiara con forza lo stile dell’essere Chiesa: non nell’organizzazione, non nei grandi mezzi, non nella struttura dimora il segreto della Chiesa, ma nella condivisione, nell’essenzialità, nell’autenticità assoluta, nel possedere un cuore pacificato che porti la pace, un cuore che sappia anche accogliere il fallimento e la disfatta come opportunità, come strumento di conversione personale. Ecco: l’invito è chiaro, univoco, forte. A noi, ora, di adeguarci, di capire, di confrontare. Sono così le nostre realtà di Chiesa? O, molto spesso, solo una minima parte di ciò che viviamo assomiglia, vagamente, a quanto detto dal Signore? Non è tutta in questa pagina la grave crisi che colpisce la Chiesa? Non una crisi di immagine, o di ostilità del mondo relativista, ma una crisi che ci colpisce perché snatura il compito essenziale del nostro essere discepoli.

Gesù, oggi, parla della Chiesa con passione e fermezza, sogna delle comunità dinamiche, che si muovono, non che aspettano i fedeli, delle comunità che portano la pace là dove arrivano, con rapporti autentici ed essenziali, delle comunità che di fidano del Maestro, più che dei propri mezzi, delle comunità che guariscono, usando la Parola del Vangelo ed esortando in nome di Dio ad accorgersi che il Regno di Dio si è avvicinato. Il sogno di Dio continua, Dio non si è stancato dell’umanità, e neppure dei suoi fedeli. A noi di vivere la Chiesa con passione e pazienza, usando misericordia, andando all’essenziale nei nostri rapporti, scuotendo le comunità che si chiudono nell’abitudine, che non hanno più nel cuore il desiderio bruciante dell’annuncio.

Siamo chiamati a predicare, durante il percorso, strada facendo. Quindi a non fermarci, come se fossimo arrivati. E senza aspettare di saperne di più, di essere dei Maestri, di essere e sentirci pronti. Quando annunciamo il vangelo siamo comunque in strada, viandanti con i viandanti, cercatori con i cercatori. A volte è proprio questa tensione verso la pienezza ciò che manca alla nostra Chiesa, che troppe volte si propone come se già sapesse, come se già avesse concluso, guardando dall’alto i poveracci che non credono o credono male.

No, amici, non è così, fra noi. Per essere testimoni credibili dobbiamo davvero essere in costante tensione ideale, desiderando anche noi crescere nella conoscenza del Signore. E quello che dobbiamo dire è ciò che abbiamo sentito ed accolto: il regno di Dio si è avvicinato, si è fatto vicino, è accanto. La conversione, allora, consiste nel girare lo sguardo e vedere ed accorgersi, e convertirsi. È gratuito l’annuncio, non è fonte di guadagno, ed è onesto. È il desiderio profondo di sanare gli altri come noi siamo stati sanati a spingerci verso chi ancora non conosce il Vangelo.

Animo, cercatori di Dio, smettetela di lamentarvi della piccola Chiesa che frulla nella vostra testa, ed alzate lo sguardo oltre l’orizzonte: noi, oggi, siamo coloro che Dio chiama a realizzare il Regno, a creare isole di pace in mezzo all’oceano tempestoso delle nostre città, ad essere segno di consolazione per ogni uomo perché, vedendo quanto ci amiamo, si apra alla speranza di un mondo diverso…

Paolo Curtaz