1. Lettura del Vangelo secondo Giovanni 15, 24-27

    In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: “Mi hanno odiato senza ragione”.

    Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio»

Dio è una festa

Lo Spirito Santo vivificatore deve soffiare forte per scardinare le nostre resistenze, per aprirci alla comprensione del mistero dei misteri: il vero volto di Dio.
Pare strano dedicare una domenica alla Trinità, mistero che dovrebbe essere la sorgente di ogni domenica, stupore che dovrebbe svegliare ogni cercatore di Dio. Ma se dedichiamo tempo alla riflessione è proprio per superare il rischio molto diffuso di dirci cristiani e di essere – in realtà – dei credenti in un generico dio.
Lo ripeto alla nausea: noi non crediamo in Dio, noi crediamo nel Dio che Gesù è venuto definitivamente a svelare, un Dio che è comunione, danza, festa, Trinità: un padre/madre che ama un figlio e questo amore è lo Spirito Santo.
Un’inutile complicazione? Sì, all’apparenza. Ma, nella sostanza, una notizia inattesa, un cambiamento radicale che, da soli, non avremmo mai capito. Gesù, rivelatore del Padre, ci dice che Dio è un volto trinitario. 

Un Dio comunione, non un Dio solitario.
Israele aveva duramente lottato per non diventare come i popoli che lo circondavano: politesista. Credere che la realtà sia guidata da volontà contraddittorie, benefiche o malevole è una straordinaria intuizione, degna di attenzione. Ma riuscire a dire che Dio è uno solo, l’assoluto, ha rappresentato nel cammino della storia delle religioni un salto poderoso di qualità. Israele ha poi scoperto le caratteristiche di questo Dio unico che desidera raccontarsi all’umanità attraverso l’esperienza di un popolo: un Dio fedele, innamorato dell’uomo, paziente e misericordioso, che rispetta la crescita dell’uomo, che non usa violenza ma lascia che ogni uomo faccia esperienza di lui nella totale libertà.
Gesù, nella pienezza dei tempi, ci svela qualcosa di inaudito, inimmaginabile, inatteso: Dio è Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Dio non è il solitario perfetto, l’incommensurabile, l’onnipotente – certo – ma solitario Motore Immobile (sommo egoista bastante a se stesso?).
Dio è festa, famiglia, comunione, danza, relazione, dono. Dio è tre persone che si amano talmente, che se la intendono così bene che noi – da fuori – vediamo uno. Abbiamo una così triste opinione di Dio! La Scrittura ci annuncia che Dio è una festa ben riuscita, una comunione perfetta.
Che bello vedere realizzato in Dio ciò che noi da sempre desideriamo: tre persone che non si confondono, che non si annullano in un’indefinita energia cosmica, ma che, nella loro specificità, operano con intesa assoluta.
La teologia ci dice che, aiutati dalla Parola, riusciamo addirittura a delineare l’opera, il lavoro di ognuno, il `carattere specifico` di ogni persona: riconosciamo l’impronta del Padre nella Creazione, nello stupore della natura; riconosciamo l’agire del Figlio nella sua volontà di salvezza dell’uomo; riconosciamo l’afflato dello Spirito che accompagna, porta a compimento e santifica l’umanità pellegrina. 

Un errore di matematica
Ricordo il giovane parroco che veniva a farci catechismo a scuola: tenerissimo prete che sperava di avviarci al mistero trinitario con degli improbabili esempii: disegnava sulla lavagna un grande triangolo e, accanto, scriveva: 1+1+1=1. Sconcerto da parte di noi bambini di quarta elementare (!) e rischiosissimo seme di un futuro conflitto fra scienza e fede piantato nel cuore (tralasciando la connaturale antipatia dei bambini per la geometria!). Diventato adulto ho rivisto il mio pretino e gli ho detto che, finalmente, avevo capito.

Si trattava di un piccolo errore: 1+1+1 fa necessariamente 3. Ma 1x1x1 fa indubbiamente 1. La Trinità è un’unità assoluta perché ognuna delle persone è totalmente donata all’altro. Ecco svelato il trucco.

E a me?
Fantastico, e a me? Cosa cambia, che complicazione inutile è?
La Genesi ci dice che Dio per crearci si guardò allo specchio: siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio. Siamo fatti, quindi, ad immagine e somiglianza della comunione.
Adesso capisco perché la solitudine mi pesa tanto e mi fa paura: è contro la mia natura!
Capisco perché quando amo, quando sono in compagnia, quando riesco ad accogliere e ad essere accolto sto così bene: realizzo la mia vocazione comunionale!

Non seguite chi vi parla di `autorealizzazione`, dimenticando che è nel gioioso e adulto dono della propria vita che realizziamo la nostra natura profonda.
Se su una cosa dobbiamo investire, è proprio nella fatica dello stare insieme, nella relazione, perché tutto il resto sarebbe tempo perso. La festa della Trinità, allora, è la festa del mio destino, è lo specchio della mia attitudine profonda, è il segreto della mia felicità.
A questa comunione s’ispirano le coppie che credono nel vangelo, tese a raggiungere la pienezza nell’accoglienza reciproca (accoglienza della diversità, bellezza della diversità) che dona vita.
E a questa comunione siamo invitati come singoli e come comunità cristiana. E’ alla Trinità che dobbiamo guardare nel progetto di costruzione delle nostre comunità: la Chiesa (quella sognata da Dio, intendo, non lo sgorbio presente nelle nostre menti fatto di rigidezze e sovrastrutture) è lo spazio pubblicitario della Trinità nel mondo d’oggi. Guardando alla Chiesa l’uomo si accorge di essere capace di comunione. Uniti nella diversità, nel rispetto l’uno dell’altro, nell’amore semplice, concreto, benevolo, facciamo diventare il nostro essere Chiesa splendore di questo inatteso Dio comunione…

Paolo Curtaz