L’acqua, domenica scorsa, la luce, oggi. Giovanni ci tiene a farci riscoprire il Battesimo, a far sì che il nostro itinerario quaresimale ci porti a rivivere lo straordinario dono ricevuto nel giorno del nostro Battesimo: l’appartenenza a Dio. Nel racconto del cieco nato Giovanni non si accontenta, come negli altri Vangeli, di raccontare un miracolo, ma di questo miracolo ne dona interpretazione e significato. Anzitutto: l’uomo è cieco, ma Dio ci vede benissimo. L’inizio del brano, che ci mostra Gesù che vede, è una provocazione alla nostra poca fede. Quante volte abbiamo l’impressione che Dio sia cieco? Che non veda la sofferenza degli uomini, che non si chini a vedere le mie difficoltà? No: Lui ci vede benissimo, noi, spesse volte, no. La nostra miopia interiore, la nostra cecità, ci fanno esprimere giudizi affrettati, ingiusti nei confronti di Dio. Gesù ci svela il volto di un Dio misericordioso, attento, delicato, rispettoso. Che conosce e guarisce le nostre miserie interiori. La cecità del personaggio di oggi è la nostra cecità, la nostra incapacità a credere, la nostra fatica a credere. Al tempo di Gesù, malgrado secoli di riflessione sulla sofferenza (Giobbe insegna) che evitava di dare soluzioni semplicistiche al mistero del dolore, olti erano convinti che la malattia fosse punizione divina. Gesù scardina questa opinione: il punito, il maledetto diventa discepolo, la cecità non è più limite ma apertura ad una dimensione più profonda, più luminosa della realtá stessa. L’uomo, così bravo a scoprire e usare delle leggi della natura e del cosmo, ancora si vive come un Mistero irrisolto, si percepisce con una profondità vertiginosa che non sa darsi risposta. Manchiamo di coscienza di noi stessi. Pur conoscendoci, non riusciamo a sondare tutti gli aspetti della nostra vita, del nostro carattere. Dio ci rivela a noi stessi. Con il dono della fede, ci illumina la vita. Tempo fa un amico che era arrivato alla fede mi diceva: "E’ come se fossi sempre vissuto in una stanza al buio. Certo: mi orientavo, mi muovevo, d’ogni tanto urtavo qualche oggetto che mi provocava dolore. Poi, d’improvviso, qualcuno ha aperto le ante e la luce è entrata". Sì: l’esperienza della fede è illuminazione interiore. A noi, solo, di non tenere gli occhi chiusi per ostinarci a dire: "è buio". Questa coscienza di chiarezza era così forte che in origine i cristiani chiamavano il Battesimo proprio "illuminazione". Riscoprire la fede diventa allora esigenza portante, fondamentale, per acquistare una prospettiva sulla vita e sulle cose completamente diversa. Davanti alla vista del cieco nato, però, bisogna aprire il cuore, fidarsi. I dotti del tempo di Gesù, davanti a questa illuminazione si irrigidiscono, non vogliono capire, non vogliono vedere. Così i genitori del cieco hanno paura del giudizio dei Farisei: anche loro vivono nelle tenebre del pensiero altrui, dell’omologazione che impedisce di essere liberi di fronte alle scelte (già allora essere cristiani era démodé!). Così il grande Giovanni, al solito, gioca sull’ambiguità: chi è cieco e chi ci vede dentro questo racconto? Chi credeva di vederci benissimo è, in realtà, inchiodato ai suoi pregiudizi (anche religiosi!) o al giudizio degli altri. Il cieco, maledetto da Dio – secondo gli uomini – è in realtà, l’unico a vederci benissimo! Attenti però: il miracolo conduce il cieco ad un’altra luce, ben più profonda. Le domande che Gesù gli rivolge, portano ad una conclusione: sì ora può vedere chiaramente che Gesù è il Messia, il Figlio dell’uomo. Paolo, nella seconda lettura; ci raccomanda di vivere come "figli della luce, perché ora siete luce nel Signore". Non chiudiamoci nei pregiudizi e nella vergogna della nostra fede: sappiamo che tutta la luce che abita nel nostro cuore è dono della tenerezza di Dio. Accogliamo la sfida, fratelli, non opponiamo resistenza alla luce, lasciamo le dita di Gesù toccare i nostri occhi e guarirli. Che la nostra vita diventi testimonianza di questa illuminazione. Anche noi, forse, intravediamo la luce che viene dalla Parola, anche noi già assaporiamo l’aurora che annuncia un giorno radioso. Non abbiamo paura ma fidiamoci di Colui che, solo, può guarire la nostra cecità. Il nostro Battesimo, ancora tutto da riscoprire, ci ha aperto gli occhi della fede. Usiamoli, ora, per rileggere la nostra vita con lo sguardo stesso di Dio.

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