`Quale il più grande dei comandamenti?`. La domanda posta dal dottore della legge è una tipica domanda che i discepoli ponevano ai propri Rabbini. Non era certo facile districarsi nei lacci e lacciuoli della legge; al tempo di Gesù il pio israelita doveva osservare la bellezza di 613 precetti di cui 365 negativi (uno per ogni giorno dell’anno) e i restanti positivi (secondo il numero delle ossa che compongono il copro dell’uomo). Delle famose dieci parole da mandare a memoria che Jahwé aveva donato al suo popolo era rimasta poca cosa, soffocata dalle miriadi di prescrizioni rituali e morali che qua e là, nel corso di quasi un millennio, erano state aggiunte (ettepareva!).
La risposta di Gesù al fariseo è semplice ed efficace: da buon conoscitore della Torah (!) il Nazareno cita l’essenziale dell’esperienza di Israele, Dio è amabile e ti rende capace di amare.

Ti ordino di amarmi
Calma, però. Non è strano parlare di `comandamento` rispetto all’amore? L’amore non ci richiama concetti come: desiderio, entusiasmo, libertà, gratuità? Posso amare per dovere? Posso ordinare di amarmi? Certo che no! Come può Gesù comandarmi di amare Dio, se l’amore è atto di pura libertà, di totale gratuità?
Esiste un comandamento prima del primo, esiste un sottointeso che chi fa esperienza di Dio conosce bene: Dio ti ama di un amore immenso, lasciati amare. Ciò che Gesù chiede è di arrenderci al corteggiamento di Dio, di lasciare il nostro intimo fiorire nella passione verso la tenerezza che Dio ci offre. Amare non è lo sforzo di chi vuole rendere onore, ma la risposta di chi ha sentito la seduzione di Dio. Gesù ci sta dicendo: `Ama perché sei immensamente amato, lasciati amare dalla tenerezza di Dio!`
La morale è risposta ad una chiamata, è un cambiamento di vita che scaturisce dal sentirsi amati.
(Quante conseguenze scaturiscono da questa prima riflessione!Non dobbiamo, allora, cercare prima di ogni altra cosa il Regno?)

Mi piace questo comandamento!
Esiste un comandamento prima del primo. Prima non nel senso di importanza, ma di tempo: `lasciati amare da Dio`. La vita è ricerca di questo amore che, una volta scoperto, diventa sorgente per amare i fratelli.
Gesù pone l’amore al centro della sua vita. Anch’io sento lo stesso desiderio, desiderio che cresce col passare degli anni, pur nella consapevolezza della fatica che faccio ad amare con libertà e pienezza, anch’io vorrei tanto imparare ad amare.
Dio mi `ordina` di fare esattamente ciò che desidero maggiormente: lasciarmi amare ed amare.
Solo che lui sa come si fa (essendo l’autore di questa genialata!) io un po’ meno.
Orientare la nostra vita verso l’amore è l’unica cosa che ci può dare felicità. Si tratta anzitutto di accogliere l’amore di Dio per poi riversarlo sul fratello e su di noi. L’amore che Cristo chiede per i fratelli (arriverà a chiederlo per i nemici) non è uno sforzo di volontà che devo attuare a malincuore, ma il desiderio di comunicare l’amore che io per primo ho ricevuto e che posso dare al fratello nel quale riconosco l’impronta di Dio.
Di più: quella sottile annotazione `come te stesso` ci spalanca orizzonti ancora più ampi.
Posso amare solo se mi amo. Posso accogliere solo se mi sono accettato.
E questo non è un atteggiamento spontaneo, molti faticano ad amarsi, o lasciano la parte oscura di sé emergere, facendo dell’amore un laccio, una trappola, una sanguisuga che morbosamente succhia l’energia degli altri. L’amore di Gesù è libero e mi rende capace di amare liberamente, senza possedere altro se non la gioia del condividere.
Posso anche considerarmi non amabile, ma Cristo mi dice che Dio ama me, con le mie fatiche, i miei limiti, le mie storie, le mie oscurità. Non mi ama perché amabile, non mi ama perché me lo merito ma, amandomi, mi rende amabile.
Da questo dipende il resto
Se ho colto l’amore che Dio mi rivolge, se da Lui ho attinto la forza per accettare i miei limiti, divento capace di amare sul serio e la vita diventa luce. Il resto non importa, è dopo, secondo, altro.
Che io realizzi i miei sogni, che io riesca nei miei progetti, che io abbia una vita più o meno felice diventa, paradossalmente, dopo.
L’essenziale è amare, lasciarsi amare. Saremo giudicati sull’amore o, forse, sul desiderio di amare.
Dico questo ora che la vita ha segnato le mie convinzioni, pensando alle troppe persone che ho incontrato e che vorrebbero amare e non riescono, che sono segnati da mille ferite sanguinanti per cui la normalità è l’utopia assoluta.
A questi fratelli, gli ultimi, gli sconfitti, i poveri di cuore, Gesù promette la pienezza del cuore.
Da questo dipende il resto: i piani pastorali, le strutture, i carismi, i ministeri, l’etica, la politica, le scelte, le norme che concretizzano l’amore (la legge), il vivere vivendo il futuro (i profeti), i ruoli, la Chiesa, la missione.
Tutto dopo.
Se prima e dentro non c’è l’amore, rendiamo assente Dio.

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